Fubbàll, il nuovo libro di Remo Rapino racconta 12 storie di calciatori senza lustrini e paillettes. Recensione
Vincitore del premio Campiello 2020 con il romanzo Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (minimum fax, 2019), dopo aver pubblicato nel 2021 Cronache dalle terre di Scarciafratta (minimum fax), Remo Rapino torna in libreria con Fubbàll (minimum fax, 2023), una raccolta di 12 biografie che raccontano le storie di anonimi calciatori di provincia, ruolo per ruolo, allenatore incluso.
Fubbàll è un album di figurine che ritrae una squadra di calcio di altri tempi, tra campi di provincia in terra battuta e magliette numerate dall’1 all’11, quando correre dietro a un pallone significava inseguire un sogno e «cacciar fuori, insieme al sudore, tutti i cattivi pensieri e le incazzature della settimana intera».
Fubbàll di Remo Rapino: la trama del libro
Le carriere degli undici calciatori e dell’allenatore protagonisti di Fubbàll iniziano nei quartieri popolari, sui campetti polverosi della scuola e dell’oratorio, o nei cortili delle case di ringhiera «spesso avvolte da una nebbia che toglieva prospettive ai profili del mondo».
Per loro il gioco del calcio è un’opportunità per sognare un mestiere diverso da quello dei genitori, senza però dimenticare le loro origini. Glauco impara a rincorrere il pallone perché non vuole fare il macellaio come il padre, ma «mettendo l’ombrello» e marcando gli avversari diventa un macellaio sul campo. Nadir, con la maglia numero 11 sulla schiena, ripensa al passo stanco del padre ferroviere mentre esulta per il gol segnato alla «Vecchia signora». Pablo, figlio e nipote di operai, smette di indossare la tuta blu, ma quando segna alza il pugno in aria per dare un po’ di felicità a tutti quei lavoratori che la domenica cercano, anche solo per due ore, di dimenticare le fatiche della fabbrica.
Tutti sono consapevoli di non poter ambire a vestire la maglia della nazionale, ma le loro piccole imprese calcistiche li portano a sfiorare fugaci attimi di celebrità; come il rigore parato da Milo allo scadere dei 90 minuti, la memorabile doppietta di Berto Dylan con una rete segnata direttamente dalla bandierina del calcio d’angolo o il discorso nello spogliatoio tenuto dal capitano Treccani ai compagni di squadra nell’intervallo di una partita decisiva.
I loro nomi, acclamati a volte dalle curve, sono però destinati a essere dimenticati in un lento declino che li riporterà a calciare il pallone o allenare piccole squadre proprio sui campetti di provincia dove tutto era iniziato.
Il calcio degli umili tra speranze e occasioni di riscatto
«Prima d’ogni altra cosa intorno a un pallone si arrotolano matasse di sentimenti, di emozioni nuove, di divertimento, ovunque allo stesso modo: sui campi di calcio, negli slarghi tra le case, nelle piazzette, nei quartieri popolari. Il calcio, se qualcosa è, deve essere un boato di speranza per i poveri cristi».
Come già nel racconto Valdés (Tetra-, 2023), dedicato alla storia di riscatto del calciatore cileno Francisco Valdés, anche in Fubbàll Remo Rapino dà voce ad anonimi calciatori di provincia che inseguono il sogno di vivere giocando a pallone. I personaggi di questi racconti non mirano alla fama o alla ricchezza perché sanno che non potranno mai raggiungere la notorietà delle grandi bandiere dei loro tempi, ma attraverso il calcio cercano di riscattare una vita di provincia e di emanciparsi da un destino da classe operaia che li vedrebbe costretti a svolgere gli umili lavori dei loro genitori.
In Fubbàll emerge il racconto di un calcio all’antica, lontano dalle copertine patinate delle riviste e fatto di strette di mano a fine partita nel rispetto dell’avversario; un calcio in cui si correva per dare ai propri tifosi uno spettacolo degno di applausi, a prescindere dal risultato sportivo. I calciatori narrati da Rapino giocano infatti per creare emozioni e divertimento, per regalare ai loro tifosi un «boato di speranza», consapevoli, però, che «il calcio è solo una gran bella cazzata, che, se uno si ferma un attimo a pensare, la vita gira intorno a cose molto più importanti».
La scrittura di Remo Rapino in Fubbàll
Remo Rapino adatta stile e uso della lingua a ognuna delle dodici biografie narrate in prima persona, spesso facendo ricorso a espressioni dialettali che riflettono le origini geografiche dei diversi calciatori. Questa scelta narrativa dà vita a una scrittura mimetica in cui emerge la voce vivida e distinta di ogni personaggio.
Inoltre, le citazioni poste in esergo a ogni racconto trasformano le storie di questi anonimi calciatori di provincia in altrettante epopee calcistiche, e ribadiscono che per Rapino il calcio non è solo gioco, ma visione poetica.
A cura di Francesca Cocchi