Sulla quarta corda: rivista letteraria online. La storia fra scrittura in verticale, limiti estremi e violinisti tedeschi.
Cosa ha a che fare un violinista tedesco con una rivista letteraria? Cosa vuole dire superare i limiti estremi in letteratura e scrivere un testo fino a violentarsi? Ce lo spiega Monica Pezzella, fondatrice della rivista letteraria Sulla quarta corda.
Come nasce l’idea di Sulla quarta corda?
Tutto ha origine da un ciclo di sette seminari cui ho avuto modo di assistere due anni fa alla Libreria Teatro Tlon a Roma. In quel caso si parlava di “lettura verticale”, un’espressione formulata da Simone Barillari per indicare una modalità di approccio al testo che tenga conto dei diversi strati di cui questo si compone, dei diversi livelli della struttura, della valenza simbolica delle singole parole, dei rimandi interni, di tutti quegli strumenti e artifici letterari, insomma, di cui un autore consapevole si serve per inglobare il nucleo, il nocciolo originario in cui si nasconde l’identità o il pensiero da decodificare.
La lettura verticale, mi viene da dire, scopre e indaga i diversi strati di cui si compone l’opera, le sue diverse forme; dall’ultima, la forma in cui si presenta all’autore, risalendo (o scendendo) verso la prima, quella della sua concezione nella mente dell’autore. La scrittura in verticale, quella cioè che cerchiamo per Sulla quarta corda, è il processo speculare a questo.
Ci spieghi il suo significato?
Se l’idea di scrittura verticale che è alla base della rivista trae ispirazione dall’espressione coniata da Barillari, il nome Sulla quarta corda riprende quello con cui è erroneamente noto il Secondo movimento della Suite per orchestra di Johann Sebastian Bach. Tralasciando la particolare bellezza della melodia – che da sempre associo all’indifferente giustezza (e non giustizia) della natura –, l’aneddoto che mi ha ispirato è che non fu Bach a chiamare l’opera Aria sulla quarta corda, ma il violinista tedesco August Wilhelmj, il quale abbassò la composizione di un’ottava in modo da poterla suonare tutta sulla quarta corda del violino. In verticale lungo una sola corda, insomma.
Come mai avete scelto questo topic così forte per accomunare i racconti che pubblicate?
Perché – non per questioni di maggiore o minore valore delle diverse tipologie di scrittura – intendiamo pubblicare solo opere che superino quel “limite estremo” di cui si parlò anche in occasione dei seminari di lettura verticale in riferimento, appunto, a The End of the Tether di Joseph Conrad. Tra le varie accezioni del termine tether ce n’è una in particolare che indica il limite massimo cui può tendersi una catena: immaginiamo un uomo o un altro animale che sia stato legato a una corda e giri in tondo tracciando un cerchio nella polvere, una traccia oltre cui non può andare se non spezzando il vincolo che lo trattiene.
Cosa rappresenta il limite estremo per te in letteratura?
Il superamento della parte di noi che siamo disposti, nella vita al di fuori della letteratura, a mettere in mostra. Il compromettersi. L’addentrarsi, scrivendo, quando si è da soli davanti al foglio, in quelle parti di noi che porterebbero – e noi lo sappiamo, è questo il punto – persino coloro che ci conoscono a chiederci: questo sei tu? Tu sei anche questo? Tu sei tutto questo? È un’indagine, un disvelamento che fa paura e che richiede coraggio. Può far male.
Con quale reazione corporea e dell’anima descriveresti la violenza che scaturisce dalle parole di un racconto?
Rabbia.
Se dovessi pensare a un autore “sulla quarta corda” chi nomineresti?
Pier Vittorio Tondelli, Pier Paolo Pasolini, Michel Houellebecq.
Sul sito della rivista fra le sezioni ne compaiono tre sezioni: partiture, diesis e fuori corda. Come si legano alla “quarta corda”?
Credo poco nelle sezioni e nelle classificazioni, proprio come credo poco nelle collane nel caso del catalogo di una casa editrice. Per il sito, è solo un modo per separare i testi più lunghi (le partiture) dai componimenti brevi o brevissimi (diesis) e dai pezzi non narrativi (fuori corda), mantenendo una terminologia di ambito musicale.
Qual è l’iter di pubblicazione dei racconti?
Semplicemente, è possibile inviare qualsiasi tipo di testo senza limiti né di battute né di genere all’indirizzo sullaquartacorda.rivista@gmail.com. C’è una prima fase di catalogazione e smistamento delle opere che garantisce l’anonimato dell’autore fino a giudizio avvenuto, e una seconda fase – quella del giudizio, appunto – in cui una commissione, pure questa anonima, valuta i testi. Non amo l’editing; se un testo è stato selezionato, in genere non ha bisogno di grossi interventi. Una fase di editing e confronto con l’autore tuttavia c’è, ma si limita a suggerimenti e interventi puramente redazionali.
Perché dare vita a un’altra rivista senza scopo di lucro?
In realtà, non ce ne sarebbe motivo. Non direi che se ne senta il bisogno. Mi piaceva solo l’idea di provare a cercare e raccogliere testi con le caratteristiche che ho descritto e vedere che effetto avrebbe fatto. Credo sia ancora troppo presto per valutare effettivamente se un effetto c’è o meno.
Cosa rappresenta per un autore la pubblicazione di un racconto su una rivista?
Può essere un inizio o anche un’integrazione nell’ambito di un percorso già consolidato. Qualcuno direbbe che è un modo indispensabile per iniziare a farsi conoscere. Io non lo credo. Tra l’altro, se si prendono le riviste come semplici trampolini di lancio, c’è il rischio di veder girare sempre gli stessi nomi, in un meccanismo di “prova e riprova e riprova, forza insisti” che genera più che altro noia. Se vuoi scrivere, sai scrivere e vuoi condividere ciò che scrivi, pubblicare su una rivista dovrebbe avere la stessa valenza della pubblicazione cartacea.
Cosa, invece, rappresenta per te questa rivista?
Uno strumento per soddisfare una mia curiosità. Quanti scrivono in quel modo? Quanti di questi autori sono disposti a inviare e condividere le proprie cose? Quando parlo di superamento del limite, ci capiamo?
L’editoria vive un momento difficile, si sente spesso dire, ma qual è la causa del “momento difficile” e a cosa lo ricondurresti?
Sarò brevissima e banalissima: troppa roba, troppa accessibilità, troppo di tutto, compresi i prezzi dei libri ancora troppo alti e la competitività tra gli editori degna di un’arena in cui ci si sgozza più che di un mercato in cui si compete lealmente.
Suggerisci ai nostri lettori tre riviste letterarie indipendenti da tenere d’occhio e perché.
Verde Rivista, Nazione Indiana, TerraNullius. In tutti e tre i casi, perché c’è una selezione seria prima della pubblicazione.
Ci indichi 3 libri usciti nel 2019 da leggere assolutamente?
Purtroppo il 2019 è un anno in cui ho letto poco e non mi va di consigliare titoli che non ho letto, perciò ne ho solo due: Dan Chaon, La volontà del male; Leonardo G. Luccone, La casa mangia le parole.