Morsi editore: l’officina letteraria che racconta i temi sociali con illustrazioni e fumetti. Intervista
Sono i fautori di una «gastrite» letteraria che è diventata una rivista. Hanno realizzato un poster pieghevole che racconta la vitiligine attraverso l’arte. Non osate chiamarla casa editrice, meglio usare il termine officina. Si sentiranno più a loro agio.
Oggi vi raccontiamo il mondo di Morsi editore attraverso la voce di Federica Monello.
Cos’è Morsi editore e come nasce l’idea?
Morsi è un’officina editoriale indipendente, una casa editrice che vuole lavorare insieme ad autrici e autori per realizzare progetti illustrati e fumetti che usino la narrativa e il disegno come strumenti di critica sociale, culturale e artistica.
Perché questo nome?
Morsi editore nasce alla fine del primo lockdown: dopo sette anni di autoproduzione editoriale cartacea insieme al collettivo artistico e itinerante Le Rumate, cambia forma e si rinnova a settembre 2020.
Giulia Pavani fonda Morsi a Torino e si circonda fin da subito di ottimi collaboratrici e collaboratori che ogni giorno lavorano per rendere questa realtà di micro editoria indie un’esperienza coinvolgente e sempre più allargata. Il nome voleva essere una provocazione, un gesto che non passa inosservato.
Cosa pubblicate?
Pubblichiamo fumetti e libri illustrati, ma anche progetti di design come leporelli, fanzine e picture book. Insomma, non ci poniamo limiti nella scelta.
I vostri punti di forza sono la grafica e il packaging. Ci spiegate quali formati usate e perché li avete scelti?
Ogni progetto è costruito di comune accordo con chi l’ha ideato. La progettazione e la realizzazione anche inusuale di un volume sono un vero e proprio gioco di squadra. Lo scopo è creare libri che siano diversi nell’aspetto e spesso anche nel contenuto: oggetti che portano con sé una storia.
Vi definite «officina editoriale» e non casa editrice. Come mai?
Come dicevo sopra siamo una casa editrice ma preferiamo il termine officina, perché questa rappresenta un luogo di lavoro e di passaggio nel quale chi entra può portare il proprio contributo anche senza restare per sempre. Oppure può trovare uno spazio creativo di espressione e fermarsi a lungo.
Avete pubblicato volumi come «Gastrite» (la rivista culturale), Viligism (un pieghevole illustrato con poster che raccoglie le opere a fotomontaggio di Stefano Cutrì sul tema della vitiligine) e molti altri progetti che hanno come comune denominatore i temi sociali. Ci spiegate un po’ la vostra linea editoriale?
Io sono nata disegnatrice. Durante gli anni scolastici ho subito una metamorfosi e sono diventata grafico pubblicitario, poi illustratrice e direttrice artistica. In tutti questi passaggi ho sempre comunicato assenso e dissenso attraverso il disegno, con i tribute poster dedicati alle donne che hanno fatto la storia della Resistenza nel mondo, come con gli scarabocchi ispirati agli eventi che sentivo al telegiornale.
Morsi ha raccolto in parte questa eredità e ha come scopo la diffusione di progetti artistici e sociali nati da più mani e più penne possibili.
Qual è il vostro target?
Lavoriamo molto con gli studenti e pubblichiamo le loro tesi di laurea o i loro progetti universitari. Ma non abbiamo un target specifico: penso che il pubblico esprima una preferenza quando acquista qualcosa che gli piace e capita spesso che chi legge un fumetto di inchiesta sulla deportazione in Sierra Leone si interessi poi anche a «Gastrite magazine».
Come diffondete i vostri prodotti e chi dovrebbe leggerli/sfogliarli?
Il progetto di Morsi nasce con l’idea di distribuire on line; oggi collaboriamo anche con un numero crescente di librerie (spesso indipendenti), cercando sempre di mantenere indipendente la distribuzione.
Da qui a dieci anni come si svilupperà il progetto Morsi?
Morsi è un progetto prepotentemente ambizioso, ogni anno si pone obiettivi sempre più grandi. Tra dieci anni magari nella redazione di Morsi lavoreranno tante persone e avremo centinaia di pubblicazioni alle spalle. Lo spero.
A cura di Antonella Dilorenzo