Illustratori italiani: Martina Filippella di Freeda. Santi, colore, e la cultura pop che arriva sino ad Achille Lauro

 Illustratori italiani: Martina Filippella di Freeda. Santi, colore, e la cultura pop che arriva sino ad Achille Lauro

Lavorare in rete, si sa, è sempre una bella esperienza: ci si ritrova, spesso, in un vortice di incontri virtuali e scambi di conoscenza che fanno nascere collaborazioni o aprono una finestra su mondi inesplorati, curiosi e che magari non conosciamo. Questo è successo con Martina Filippella che abbiamo avuto modo di conoscere grazie all’illustrazione del racconto di Sara Ruperto.

Incuriositi dal suo stile, l’abbiamo contattata e ci siamo fatti raccontare la sua storia.
Mettetevi comodi, fatevi un tè ed entrate nel mondo scintillante, pop e amorevolmente disordinato dell’illustratrice Martina Filippella.


Chi sei? Che fai? Quanti anni hai? Da dove vieni?

Martina Filippella, illustratrice, 26 anni ancora per pochi giorni. Vengo da Monza.

Chi è Martina vista da Martina?

Martina è una ragazza distratta, silenziosa, molto (troppo) emotiva. Basta farle vedere un video con i gattini ed è la fine.

Come definisci il tuo stile?

 Il mio stile è pop, colorato e disordinato. Non sono mai stata capace di tirare una linea dritta. Un tempo mi dava molto fastidio, ora invece ne ho fatto un tratto distintivo.

 Ci racconti brevemente il tuo percorso lavorativo?

 È da pochi anni che mi occupo di illustrazione seriamente, nel mentre studiavo e cercavo di capire cosa fare della mia vita. Ho iniziato a farlo nel tempo libero, iscrivendomi a contest e mandando il mio portfolio sgangherato in giro, poi sono arrivati i primi clienti (tra cui Salani e Vanity Fair). Ora ho messo un po’ in standby il percorso da freelancer e lavoro a tempo pieno per Freeda.

 Qual è stato il momento in cui hai detto: “Ok, adesso ho svoltato!”?

In un tempo ormai remoto volevo essere un architetto, studiavo per diventarlo. Poi ho avuto un’illuminazione e ho capito che la creatività sarebbe stata la mia strada. Dopo pochi mesi che facevo pratica a disegnare e cercavo di trovare un mio stile ho iniziato a ricevere già i primi responsi positivi. Quella è stata la svolta per me, scoprire che ero brava in qualcosa.

Qual è il rifiuto, se c’è stato, che ti ha fatto più male?

 Non ricordo un grande rifiuto in particolare. Mi fa sempre un po’ male ricevere dei no, sia grandi che piccoli. Però non ne ho mai fatto un dramma, non li prendo come definitivi e soprattutto ora sono dove non avrei mai immaginato di essere. Posso fare ancora tanto, ma sono già in una bella posizione.

 Mi racconti la tua fissa per i santi, le aureole e similari?

 Non sono più credente da tempo, però ho sempre trovato molto belle le icone, le chiese e i luoghi sacri. Hanno intorno un’aura di fascino e mistero che attirano a prescindere dal fatto che uno sia credente o meno. E poi io sono contro il “less is more”: più un’icona è barocca, pomposa e trash, più mi scatena curiosità e non posso fare a meno di guardarla. La creatività del cattolicesimo in questo senso è grandiosa.

 A chi ti ispiri quando disegni?

La passione per le cose scintillanti, barocche e molto ironiche penso sia iniziata con mia nonna. Il suo modo di vestire e di parlare mi ha influenzata molto e ha dato forma al mio gusto estetico. Ora inseguo tutto ciò che rispetta questi canoni e che rifugge il minimal. Per esempio amo i pattern di William Morris, la cultura pop dagli anni ‘90 a oggi (film, musica, serie tv) e l’immaginario di Gucci degli ultimi anni. Cerco di creare mix improbabili e inaspettati di tutte queste influenze.

Dall’idea al risultato: ci dici brevemente qual è il tuo iter creativo?

Il mio iter creativo è molto veloce: mi viene un’idea, butto giù uno schizzo brutto con la china e poi lo completo in digitale. Non sto a rimuginarci troppo, sono ansiosa di passare subito alla realizzazione.

Il rischio è che poi l’illustrazione non abbia il successo che mi aspettavo, ma lo prendo come un test. La prossima volta proverò qualcos’altro.

Sul tuo tavolo di lavoro cosa c’è?

 Disordine. Cibo, foglietti con appunti vari, sketchbook, agenda, telefono. Con il giusto caos lavoro meglio, ho più stimoli.

Ci sono dei riti che compi mentre lavori?

Cose molto comuni, in realtà.
Ho bisogno della giusta playlist, di sgranocchiare qualcosa e di alzarmi ogni tanto per sgranchirmi o giocare con il gatto.

Se la nostalgia fosse un disegno, come la rappresenteresti?

Penso disegnerei oggetti del mio passato, tipo giocattoli anni ‘90. Furby, troll dolls, crystal ball, le Barbie. Cose del genere.

Tu o un altro illustratore. Perché dovrebbero scegliere proprio te per illustrare la campagna di promozione del tour di Achille Lauro?

 Credo che la sua estetica e il suo linguaggio, così come quello di tante popstar e rockstar, si combinino bene con il mio. Ne uscirebbe un gran bel party di colori e cose strane.

 C’è qualcosa che non ti abbiamo chiesto che vorresti dire?

Niente in particolare. Però fatemi sapere per il tour promozionale di Achille 😉

 

Per conoscere meglio Martina Filippella, andate a curiosare sul suo profilo Instagram!

 

 

 

 

Antonella Dilorenzo

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