Giulio De Vita: dalle copertine illustrate degli 883 e Tex Willer al PAFF! il passo è breve. Intervista al fumettista
Se provate a chiedergli cosa preferisce tra Batman e Spiderman vi dirà Batman. Chi tiene di più a cuore tra Topolino e Paperino? Sicuramente il secondo. Dagli esordi negli anni ’90 con le collaborazioni note tra cui Sting, Vasco Rossi, 883 (Ehi! Chi non ricorda la copertina dell’album La donna, il sogno & il grande incubo?) sino alla direzione artistica di uno dei luoghi del fumetto più conosciuti d’Italia. Di chi stiamo parlando? Di Giulio De Vita, fumettista e illustratore italiano. Se non conoscete la sua storia, mettetevi comodi e immergetevi in questo viaggio fatto di personaggi affascinanti, matite, colori e tanta, tanta fantasia.
Chi è Giulio De Vita visto da Giulio De Vita?
Un creativo, uno che ama esplorare, sperimentare, cimentarsi in cose nuove per arricchirsi facendo cose diverse per poi mischiare tutto.
Partiamo dalla fine per arrivare all’inizio. Sei ideatore e direttore artistico del PAFF! Palazzo delle Arti e del Fumetto di Pordenone. Ci parli di questo progetto? Com’è strutturato? Le prossime mostre in cantiere?
Il PAFF! È un progetto molto innovativo che mira a reinventare il concetto di spazio culturale attraverso la chiave di lettura del fumetto. L’idea mi è nata in occasione di una mia mostra in cui ho notato il livello di soddisfazione, entusiasmo e coinvolgimento dei visitatori all’uscita che era nettamente superiore a quello di mostre tradizionali anche molto più prestigiose. Ho capito che con il fumetto si possono rivitalizzare le metodologie di fruizione dei contenitori culturali per veicolare qualsiasi contenuto.
Il PAFF! È collocato in una splendida struttura composta di una villa ottocentesca e di una galleria d’arte moderna per un totale di circa 2000 mq, immerse in un parco pubblico a pochi passi dal centro storico della città di Pordenone. All’interno del PAFF! realizziamo mostre, didattica, eventi, è un posto da vivere prima che da visitare aperto a tutte le fasce di pubblico essendoci attività pensate dai bambini ai professionisti. È aperto dal settembre del 2018.
Le mostre che facciamo sono di carature diverse: internazionali, nazionali e locali che si incastrano l’una con l’altra nella programmazione, questo per dare al pubblico delle sollecitazioni sempre diverse. Tra le mostre più importanti fatte finora, Marvel&DC, Milton Caniff, Giorgio Cavazzano, Leonardo da Vinci, la storia dell’arte a fumetti di Gradimir Smudja. In cantiere abbiamo altre importanti mostre di autori celebri in tutto il mondo, tra questi c’è certamente Milo Manara.
Sei anche pubblicitario. Come si fondono l’anima della promozione con quella del disegno? E quanto si scontrano?
Sì, professionalmente nasco prima come pubblicitario che come fumettista, anche se l’aspirazione di fare il fumettista è innata. Ho realizzato il mio primo lavoro pubblicitario professionale a 16 e ho esordito nel fumetto a livello nazionale a 21.
In entrambi i casi il creativo si mette al servizio di qualcosa, nella pubblicità al servizio dell’efficacia del messaggio, nel fumetto al servizio della storia e dei personaggi. In fondo è la stessa cosa, anche se nella pubblicità l’aspetto puramente artistico viene spesso messo in secondo piano, mentre nel fumetto è fondamentale.
Parliamo di etichette socio-lavorative. Hai lavorato a progetti molto noti a livello pop (ricordiamo la copertina del disco degli 883 La donna, il sogno & il grande incubo, o ancora le collaborazioni con Sting, Vasco Rossi e altri). Quanto questi progetti sono stati “croce e delizia” nella tua carriera? C’è chi, ancora oggi, ti identifica solo con questi lavori perché ritenuti noti a livello popolare?
Sì, ne ho fatte di cose di rilievo, devo dire che l’essere etichettato non mi preoccupa perché l’etichettatura è una pratica superficiale fatta dai superficiali, mentre chi vuole approfondire scopre per esempio che anche nel mondo del fumetto internazionale ho fatto cose degne di nota. In Francia per esempio sono “etichettato” per aver realizzato fumetti di grande successo come il Decalogo, o i Mondi di Thorgal. Venduti in centinaia di migliaia di copie.
Hai iniziato la tua attività negli anni ’90. Da allora sono passati circa tre decenni. Quanto l’evoluzione digitale e tecnologica ha inciso sulla professione? E in quale maniera?
Sono stato sempre interessato alla tecnologia, diciamo che mi ritengo un early adopter ante litteram, direi che però nell’essenza la tecnologia non ha cambiato per nulla il processo creativo, si è aggiunta solo come uno strumento ulteriore nelle mani di chi crea.
Fai conto che siamo un po’ ignorati sull’argomento. Ci definisci le differenze tra illustratore, vignettista e fumettista? C’è un’anima, una propensione comune ai tre ruoli o sono solo dei sinonimi?
Tutte e tre le categorie disegnano, ma l’illustratore realizza singole immagini spesso con tecniche libere difficilmente accompagnate da testi perché l’illustrazione è usata per accompagnare e arricchire testi esistenti; il vignettista realizza immagini singole disegnate solitamente umoristiche, il fumettista realizza storie disegnate strutturate in strisce, tavole, albi, quindi è un narratore per immagini. Non c’è una gerarchia tra le tre categorie, né una separazione netta di competenze. Semplicemente sono tre applicazioni del lavoro in ambiti diversi.
Ma è vero che i creativi non hanno un ordine mentale? Sfataci questo mito, raccontandoci il tuo metodo di lavoro.
Sì, è un mito e un pregiudizio mentale che i creativi e gli artisti siano dei folli o dei naif che lavorano a caso. In realtà, per essere creativi ci sono metodi che oggi vengono anche studiati dalle aziende per sviluppare il pensiero laterale, utile per fare brainstorming in ogni settore. Innanzitutto, è necessario entrare nell’ordine mentale di liberarsi dai limiti che ci sono stati imposti dall’educazione scolastica e dalle convenzioni sociali, parlo del senso di colpa che ci opprime quando facciamo un errore. Invece, nella creatività è l’errore che ci suggerisce soluzioni inconsuete e impreviste per esplorare percorsi nuovi.
Ci sono numerosi metodi per sviluppare nuove idee, pensare in grande, pensare in piccolo, pensare all’inverso, associare cose inassociabili… Poi si passa alla fase di elaborazione delle idee, ma rimanendo sempre aperti a ritornare sui propri passi senza paura di modificare quanto già fatto, perché il processo creativo e il guizzo di genio può arrivare in qualsiasi fase della realizzazione. Per esempio, quando disegno una tavola a fumetti non faccio mai delle bozze a matita prima di finalizzare il fumetto con la china, perché questo mi vincolerebbe mentalmente a non modificare nulla nelle fasi successive e il momento del passaggio a china diventerebbe solo una fase di esecuzione meccanica. Lavorando in maniera aperta, invece, anche la finalizzazione finale rimane una parte fortemente creativa.
Il pensiero costante che ho quando lavoro è come potrei farlo in maniera diversa, più divertente, più originale?
Facciamo un gioco di preferenze. Senza pensarci molto, prova a rispondermi di getto a una delle due opzioni. Vado!
Topolino o Paperino?
Paperino
Superman o Batman?
Batman
L’Uomo Ragno o Diabolik?
Uomo Ragno
Tex Willer o Nick Raider?
Tex Willer
Bene, ora dicci il criterio delle tue scelte 😉
Per i primi tre perché sono degli eroi con forti punti di debolezza che li rendono particolarmente umani e fanno immedesimare il lettore. Per Tex è perché è senza dubbio il personaggio dei fumetti più importante del fumetto popolare italiano di sempre, nel quale ho avuto il piacere e l’onore di cimentarmi in un albo che è stato molto amato per la sua originalità.
Dopo aver fatto un salto dicotomico tipicamente maschile, mi affaccio all’universo femminile. Qual è, secondo te, la donna dei fumetti più influente del mondo? E perché?
Influente, non saprei proprio, mi viene in mente Mafalda per l’arguzia e la particolarità del suo umorismo. Tra le donne che ho disegnato io, Kriss de Valnor creata dal duo Van Hamme/Rosinski, protagonista della serie dei mondi di Thorgal che ho realizzato per il mercato franco-belga per Lombard è una delle eroine più emblematiche, emancipate e affascinanti della Bande Dessinée.
Il fumetto che ti ha fatto più ridere?
Asterix e Alan Ford, ma ricordo di aver riso molto con le storie di Edika.
Quello che ti ha fatto più piangere?
Il primo che mi ha commosso davvero
C’è uno che ti ha fatto davvero arrabbiare?
No.
Come ha lavorato un fumettista in pandemia? Tranne i lavori commissionati, cosa ha “vomitato” la sua anima e la sua mente da disegnatore?
Il lavoro del fumettista è un lavoro solitario e casalingo che quindi non è intaccato dalle limitazioni imposte dalla pandemia. Certo, come per tutti gli individui, le limitazioni e le frustrazioni portate dal lockdown hanno stimolato molte riflessioni. Per questo al PAFF! Abbiamo lanciato il progetto Lockdown Chronicles, un libro che è anche una mostra, in cui 100 fumettisti hanno realizzato un disegno su e durante la quarantena in cui ognuno a suo modo ha messo in immagini le forti emozioni provate in questo periodo.
C’è qualcosa che non ti ho chiesto e volevi dirmi?
Se sono mancino. Sì 🙂
a cura di Antonella Dilorenzo