Il ritratto di una generazione alle prese con un mondo nuovo in arrivo: «La nonna ha un nuovo amico» è il racconto di Camilla Azzoni

 Il ritratto di una generazione alle prese con un mondo nuovo in arrivo: «La nonna ha un nuovo amico» è il racconto di Camilla Azzoni

Illustrazione di Vanessa Latartara

Mia nonna mi fissa dalla porta socchiusa con un sorriso insolito: come ogni giorno, aspetta che io sia nella sua visuale prima di far scattare il chiavistello e aprire la porta.

E come ogni giorno mi aiuta a sfilare zaino, giacca e sciarpa, e mi porge le pattine. La seguo attraverso il corridoio costellato da vecchi quadri e mobili d’antiquariato cosparsi di suppellettili e argenteria avvolte nel cellophane – così fa prima a spolverare: alcuni soprammobili si sono rotti negli anni e li ha riaggiustati con il Super Attack. Io e mia cugina ridiamo sempre per le statuine ricomposte male, su un tavolino senza uno scopo c’è una contadina con il gomito piegato al contrario che ci fa proprio pisciare addosso.

Seguo mia nonna per il corridoio strisciando i piedi sul marmo del pavimento così glielo lucido, proprio come mi ha insegnato: fin da quando ero piccola, invece di ordinarmi di stare ferma e buona, mi diceva di camminare il più possibile per casa.

Mi dice che con i capelli sciolti sono molto in disordine, che mia mamma non usciva mai di casa se non era perfetta e tutti la fermavano per farle i complimenti. Me lo dice come se non fosse stata lei stessa a vestirmi per anni con i vecchi indumenti di mia mamma, a farmi una tiratissima e dolorosissima coda alta fermata con gli elastici da cancelleria, a bagnarsi le dita con la saliva e a farmi il ricciolino ai ciuffi lasciati liberi davanti alle orecchie. Il ricciolino non veniva mai e avevo solo dei capelli umidi di bava attaccati alla faccia. Ha smesso da qualche anno, per fortuna, ma ci tiene comunque a farmi sapere che trova i capelli sciolti inappropriati.

Lo stesso copione che si ripete ogni giorno, ma nel suo ciabattare oggi mia nonna sembra diversa, meno malinconica del solito.

Non mi sono mai fatta domande sulle fisse di mia nonna: è così e basta, sono cresciuta con lei e le sue stranezze sono la mia normalità. Mi andava bene dare un bacio alla foto di un nonno che non avevo mai conosciuto tutte le sere che dormivo da lei, essere vestita esattamente come mia mamma da bambina con abiti che un tempo erano stati di marca e quando li mettevo io erano solo rovinati e fuori moda da almeno trent’anni. L’arredamento decadente di casa di mia nonna è semplicemente lo stile di mia nonna – perché quando mio nonno aveva il Salumificio erano ricchi e poi gli altri fratelli l’hanno cacciato e non sono più stati ricchi.

Mia nonna usa gli orologi come portafoto e le sue ore sono scandite dal palinsesto Mediaset. Quando vado a pranzo da lei mi becco: finale di Forum, Tg5 e Beautiful – quando parte la sigla di Beautiful è il momento in cui mi fa capire con tutta la dolcezza del mondo che devo sloggiare.

Attaccata con lo scotch all’orologio appeso in cucina c’è la Chica, il chihuahua che mia nonna e mio nonno avevano regalato a mia mamma quand’era ragazzina, ma che lei non ha mai portato a spasso perché i suoi amici le dicevano che sembrava un topo al guinzaglio. Mia nonna mi dice sempre che dopo la Chica non ha più voluto cani perché quando l’hanno dovuta sopprimere ha sofferto tantissimo. Mia nonna appende solo foto di morti, che siano cani o esseri umani.

La cucina sa del riso in bianco stracotto con quintali di burro e badilate di Parmigiano con cui mi nutre almeno per due pranzi a settimana perché anni fa ho commesso l’errore di dire che mi piaceva molto come lo faceva lei, così sbidollo.

Mi fa sedere al mio solito posto ma non mi serve subito il piattone di riso: prende invece un foglio con ancora i due segni delle pieghe dal cassetto del mobile sotto la tv. Mia nonna fuma MS Mild in scatola, ma dato che il dottore le ha detto di smettere di fumare un paio di settimane fa, fuma la sigaretta spenta. Non mi sembra vero di pranzare in una cucina che non è impestata di fumo.

Mi chiede se la posso aiutare a fare una cosa perché lei ha fatto solo la seconda elementare e poi è dovuta andare a lavorare perché è rimasta orfana. Anche questo lo so, me lo ripete da sempre, insieme al fatto che si chiama Carmen perché a suo padre piaceva tantissimo Bizet, che quando passavano gli aerei tedeschi in cielo ci si doveva nascondere dai bombardamenti, che era andata a vivere da sua zia che aveva un pollaio in soffitta e capiva quando stavano per deporre le uova toccando con un bastone dentro al culo delle galline.

Mia nonna mi ha sempre parlato in dialetto anche se mia mamma le diceva di non farlo, quindi capisco tutto. Ma quando vuole darsi un tono, mia nonna parla in italiano – o almeno ci si mette d’impegno.

«Silvio mi ha scritto una lettera» mi dice, inorgoglita.

«Silvio chi?»

«Berlusconi.»

So della passione di mia nonna per Berlusconi perché – e cito testualmente: «Emilio Fede spiega bene nel telegiornale». Ma questo mi sembra improbabile. Prendo il foglio: Cara amica, caro amico. Guardo mia nonna e sotto le sue sopracciglia disegnate ci sono due occhi lucidi. È contenta perché ha paura di non riuscire a fare i calcoli con l’euro e invece Silvio le ha regalato un aggeggio apposta. Proprio a lei, che ha l’incubo di rimanere senza soldi e da un giorno all’altro glieli cambiano e non capisce più quanto valgono. Metti che cercano di fregarla – oppure si sbaglia e non le dicono niente. E invece no. Grazie a Silvio, il futuro è meno spaventoso.

Allo stesso modo in cui non me la sento di dirle che a Forum sono solo attori, non le svelo che quella stessa lettera è arrivata a tutti gli italiani. Mi porge una biro e un foglio a righe strappato dalla rubrica che tiene di fianco al telefono, quello con i buchi sui numeri e la rotella che bisogna far girare.

«Gli devo rispondere per ringraziarlo. Mi aiuti a scrivere bene?»

 

Camilla Azzoni

Blam

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