Un lago errante e l’incontro con la ragazza sconosciuta che lo abita: «La bagnante» è il racconto di Alessandro Guaita

 Un lago errante e l’incontro con la ragazza sconosciuta che lo abita: «La bagnante» è il racconto di Alessandro Guaita

Illustrazione di Luca Moretti, disegnatore AI

«Ma era proprio un lago?»
«Già.»
«Che si spostava.»
«Che si spostava. Cioè, non è che lo vedevi muoversi. Però si trovava sempre in posti diversi.»
«Del tipo?»
«Chessò, una volta stava dentro a un parco, altre volte ai bordi di un centro abitato, altre in periferia. La cosa bella era che era impossibile prevedere dove trovarlo. A volte, siccome magari era verso le colline o nel bel mezzo dei campi, la gente nemmeno sapeva che c’era.»
«E nessuno diceva nulla?»
«La gente ha iniziato a parlarne solo quando si trovava in pieno centro, perché ostacolava la circolazione. I giornali ne hanno anche parlato, in un paio di occasioni. Una volta è apparso proprio davanti alla posta. Ci sono stati ritardi e la gente ha piantato un bel casino, con tanto di striscioni. Sai come sono le persone, notano le cose solo quando danno noia alla loro quotidianità.»
«Davanti alle poste, dici? Io abito lì vicino. Non c’è spazio per un lago.»
«Senti, non era un lago enorme. Un lago per essere lago non deve essere mica navigabile. Andava più o meno dall’entrata della posta fino a un po’ dopo il corso. Dove c’è il supermercato, per dirti.»
«Una pozzanghera, insomma.»
«No, una pozzanghera non direi. Ci si poteva fare il bagno. I ragazzini almeno ci facevano il bagno, quando lo trovavano. L’acqua era pulita. Io mi ci sono bagnato i piedi una volta, ma l’acqua era troppo fredda per me, anche se era estate. Sono sempre stato freddoloso.»
«Vai sempre in giro con quelle tue sciarpe, in effetti. Che se mi posso permettere non ti stanno molto bene.»
«È che ho problemi di cervicale, te l’ho detto. Una folata di vento e ho il collo bloccato per giorni. Per te sono brutte? Sono di lana vergine, sai.»
«Ma era fondo, ’sto lago?»
«Non so. Era scuro, per cui non si vedeva il fondale, ma dava l’idea di essere piuttosto profondo. Insomma, te ne accorgevi che andava giù dritto, quasi fosse una buca, o un pozzo. E poi non era tondo, era più o meno a forma di fagiolo. Con una panchina.»
«Una panchina?»
«C’era sempre una panchina. Dove c’era la rientranza. La gente occasionalmente ci si sedeva, stava davanti al lago per un po’, poi se ne andava via. Per lo più vecchi soli, ma anche coppie di adolescenti o qualche lettore solitario.»
«Tu ti ci sedevi?»
«Preferivo camminarci attorno. Oltre al lago c’erano anche degli alberelli e un piccolo canneto, che però era pieno d’insetti. Poi al centro si potevano vedere un sacco di quelle piante acquatiche. Come si chiamano, tipo ninfee.»
«Belle le ninfee. Ho una riproduzione a casa di coso, lì.»
«Non sono ninfee. Sono quelle altre, tipo alghe ma non alghe. Come si chiamano.»
«Capito. Quelle dei laghi. È per quello che non vado in vacanza al lago. Mi fa senso camminare su quella roba. Senti, ma perché non ne parli mai di questa cosa agli incontri?»
«Non saprei. Mi sembra una cosa da svitati. Magari non mi credono o credono che ho ricominciato col bere. Poi con te va bene, andiamo d’accordo, ma con gli altri non so. La maestrina, per esempio, la prenderei a sberle. Giudica tutti e fa finta di nulla. Una passivo-aggressiva del cazzo. E l’avvocato peggio ancora.»
«Hai ricominciato a bere?»
«Assolutamente no. Te lo direi.»
«Sicuro?»
«Te lo direi. Tu invece me lo diresti?»
«Guarda, sono nel programma da molto più di te. Non è tanto il dirlo o meno agli altri. L’importante è dirlo a sé stessi. Se inizi a mentire a te stesso è lì che inizi a ricaderci. È lì che ti fai male. Però è importante confrontarci, parlarne tra di noi, altrimenti serve a poco.»
«Comunque non ho ricominciato. È che alle volte è dura.»
«Lo so.»
«Lei mi manca tanto e alle volte penso di non farcela.»
«Devi tenere duro. Trovare un appiglio.»
«Non lo sai com’è. Non sai com’è perdere una figlia.»
«Non sei il solo ad aver perso qualcosa.»
«Non voglio offenderti, ma tu non hai perso nessuno. Hai perso il lavoro e hai perso il matrimonio perché ti piaceva bere. Non è la stessa cosa.»
«La sofferenza ha varie sfaccettature. Ti suggerisco di non giudicare gli altri alla leggera. È già difficile conoscere sé stessi, figurarsi le altre persone.»
«Scusami. Mi dispiace. È solo che delle volte…»
«Tranquillo, non mi devi dire niente. Comunque secondo me potremmo parlarne tutti assieme. Farebbe bene a tutti.»
«C’era sempre una ragazza, sul lago.»
«Sul lago?»
«D’accordo, non sul lago. Nel lago. Insomma, c’era sempre una ragazza. Stava a riva, o vicino alla riva. È per quello che ho iniziato a girare per la città in cerca del lago. Non lo trovavo sempre, ma quando finalmente lo vedevo mi ci precipitavo. E lei era sempre lì.»
«Adesso sì che mi incuriosisci.»
«Era giovane.»
«Bella?»
«Direi di sì. Anzi, non lo so. Aveva degli occhi tristi e dei capelli strani, verdognoli. E bagnati, come se fosse appena uscita dall’acqua. Adesso che lo dico ad alta voce mi rendo conto che suona strano, ma a vederla lì per lì non avresti detto che c’era qualcosa di strano.»
«E lei stava lì in centro al lago? Avevi detto che era fondo.»
«Era fondo per tutti, ma non per lei, evidentemente. Lei ci camminava tranquillamente. Più o meno passeggiandoci. Ma guardava sempre verso il basso, come a controllare dove metteva i piedi. Per non inciampare, mi sa. O cercava qualcosa. O perché aveva paura di quello che stava sotto.»
«Cosa c’era, sotto?»
«Non lo so. Non me lo sono nemmeno mai chiesto. Pesci non ne ho mai visti.»
«Ci hai mai parlato?»
«Non dava l’aria di voler parlare.»
«Le hai chiesto almeno il nome?»
«Non serviva. Ogni volta che ci vedevamo ci salutavamo. Giusto un cenno di mano. Bastava questo. C’era una specie di intesa tra di noi. Poi io mi facevo la mia passeggiata attorno al lago mentre lei faceva le sue cose al centro. Ogni tanto ci guardavamo di sfuggita e ci sorridevamo.»
«A volte le relazioni migliori sono così…»
«Mi ricordo di una volta. Il lago era dalle parti della zona commerciale. Dietro all’interporto, per intenderci. Era una giornata fredda e avevo trovato il lago giusto in tempo prima di andare a lavoro. C’era nebbia e non c’era nessuno, nonostante il traffico lì attorno fosse intenso. Chi lavora in quella zona non è certo tipo da fermarsi a un lago, per quanto errante. Troppo occupati. Così ero solo. Ho fatto il mio classico giro attorno al lago, ma non sono riuscito a vedere la ragazza. C’era nebbia, ti dicevo. Ho fatto più volte il giro, ma la ragazza non la vedevo. Così ho provato a chiamarla. Non sapevo il suo nome così mi sono messo a urlare dove sei, ragazza? Dove sei? Non rispondeva nessuno. E c’era il rumore del traffico dietro la nebbia e io mi sono sentito sprofondare e allora mi sono seduto sulla panca e ho iniziato a piangere, senza dignità proprio, come un bambino che si è perso al supermercato, e mi sono coperto la faccia con le mani e in quel momento ho pensato veramente di non farcela, ma poi ho sentito una mano dietro la nuca, che mi carezzava, e lei era lì, seduta sulla panca. Stai tranquillo, mi ha detto, sono qui. Era la prima volta che la vedevo fuori dall’acqua e non sapevo che aveva i piedi palmati e le alghe che le crescevano come peli sulle gambe. Ho smesso di piangere e siamo rimasti seduti lì un po’. Poi dovevo andare in ufficio e lei immagino dovesse tornare al lago, così ci siamo alzati e siamo andati ognuno per la sua strada.»
«Non vi siete detti altro?»
«No, andava bene così.»
«Secondo me dovresti parlarne agli incontri.»
«Non so se mi va.»
«Sai che non è colpa tua. Per tua figlia, dico. Se non lo fai apposta non può essere colpa tua.»
«Il lago non l’ho più trovato. Ogni tanto lo cerco, mentre sono in autobus o in macchina. Mi pare alle volte di vedere qualche luccichio strano. Mi ci fiondo, ma mi rendo conto che magari era lo scintillio di una lamiera di metallo, o se aveva piovuto un riflesso sull’asfalto di un parcheggio.»
«Difficile dirlo.»
«Altre volte vedo un lago e mi domando se ci sia sempre stato, quel lago lì, oppure se non sia nuovo anche quello, magari è di qualcun altro e anche quello si muove. Chi lo sa.»
«L’acqua fa strani scherzi.»

Alessandro Guaita

Blam

Articoli Correlati

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *