Il racconto della domenica: Siamo alla frutta! (Di stereotipi e frasi fatte) di Veronica Nucci
Stanotte ho contato le pecore, una cinquantina all’incirca, e poi mi sono addormentata come un angioletto.
Mi sono svegliata con il piede giusto perché so che il mattino ha l’oro in bocca.
Tutte le mattine faccio sempre una bella colazione a base di frutta: una mela al giorno, è risaputo, toglie il medico di torno; e poi mi bevo una bella spremuta fatta in casa, ché si sa, l’arancia la mattina è oro, a pranzo è argento e la sera è piombo.
Non perdo tempo un minuto di più, perché chi si ferma è perduto e quindi prendo il tram per andare a lavorare. Me ne sto tranquilla al pc un paio d’ore; a un certo punto chiamo un collega, ho bisogno di una mano per un nuovo progetto ma lui si rifiuta di aiutarmi. Mi ripeto che se hai bisogno di una mano la trovi alla fine del tuo braccio e proseguo la mia giornata. Vivi e lascia vivere.
È quasi l’una e non ho molta fame. Chiaro, l’appetito vien mangiando e così mi dirigo in sala mensa per gustarmi una bella insalatona fresca. La mia collega preferita si avvicina per pranzare con me, è buona come il pane, lei, non la cambierei con nessun altro al mondo anche se forse a volte è un tantino pignola, infatti quando parliamo cerca sempre il pelo nell’uovo.
Finito di pranzare prendo un bel caffè d’orzo assieme ai miei colleghi più giovani. Sono tutti molto preparati ma devo ammettere che io, nonostante l’età, mi sento ancora sul pezzo, gallina vecchia fa buon brodo, del resto.
Quando torno a casa, verso le 17:30, mio figlio non è ancora rientrato, anzi mi ha scritto che resterà fuori tutta la sera con gli amici. La mela non cade mai troppo lontano dall’albero, penso sorridendo, anch’io da ragazza uscivo sempre a divertirmi e facevo tardi.
Mi preparo quindi un bel bagno caldo per rilassarmi e godermi la serata che mi aspetta in solitudine, quando mi rendo conto di aver terminato lo shampoo. Niente di grave, ho un vecchio doccia–shampoo di riserva da qualche parte, se non è zuppa è pan bagnato.
Mi assopisco un po’ e tutt’a un tratto il brontolio del mio stomaco mi sveglia. Ho fame e sono già le 19:30. La fame fa uscire il lupo dal bosco e i sacchi vuoti non stanno certo in piedi!
Esco dalla vasca e mi asciugo davanti allo specchio. Per avere 50 anni non sono niente male, un po’ bassina forse, ma tutti dicono che nella botte piccola ci sta il vino buono. E basta con lo stereotipo che poi diventa aceto, e su!
Chi dorme non piglia pesci e la fame aumenta di minuto in minuto. Mi vesto velocemente e, ancora mezza bagnata, mi dirigo in cucina. Suonano alla porta, è il mio ex marito, sono settimane che mi cerca, vuole che torniamo insieme. Gliel’ho già detto che la minestra riscaldata non va bene e che le sue osservazioni sulla nostra relazione, in questo momento, c’entrano come i cavoli a merenda, ma niente, lui insiste.
Vado ad aprirgli e, quando mi vede ancora mezza bagnata, inizia a ridere. Ridi, ridi ché la mamma ha fatto gli gnocchi!
Gli propongo comunque di restare a cena, ho intenzione di preparare una bella minestra di verdure. Come ai vecchi tempi, esclama, sempre i soliti piatti schifosi! Senti, gli comunico fredda, o mangi la minestra o salti dalla finestra, vedi tu.
Pancia mia fatti capanna, ride lui prendendomi in giro. Poi però confessa ancora una volta il suo amore per me, e io sono combattuta. In vino veritas, com’è che dicono, e quindi anch’io gli parlo apertamente. Gli spiego che non tutte le ciambelle escono col buco, che il nostro amore era destinato a finire, e che, almeno in quel momento, non era pane per i nostri denti. Che lui non doveva tradirmi e che gli ho solo reso pan per focaccia. Che mi ha fatto spesso scendere il latte alle ginocchia ma che tutto sommato non si piange sul latte versato e che forse ero pronta a perdonarlo. Camminavo sulle uova, non ero mica sicura di potermi fidare al cento per cento, però ero in un brodo di giuggiole da quando era arrivato, quindi sì, in quel momento, riconsiderai il fatto di rimettermi insieme alla mia metà della mela.
Veronica Nucci