Il racconto della domenica: Senti Nina, ci ho pensato su di Maria Vincenza Rinaldi

 Il racconto della domenica: Senti Nina, ci ho pensato su di Maria Vincenza Rinaldi

Illustrazione di Marián Gómez Berga

Solo quando apre gli occhi si rende conto di avere un peso sullo stomaco. Solleva di poco la testa e vede un braccio ricoperto di peli scuri abbandonato sulla sua pancia. Non credeva che un essere umano potesse avere tanti peli. Poggia di nuovo la testa sul cuscino e cerca di inspirare quanta più aria possibile. Per un po’ non pensa a nulla, solo alla sensazione di quel braccio sulla sua pelle. Ha la bocca amara e sente caldo. Non riesce a muoversi.

Dalla finestra senza tende arriva una luce fioca; deve essere ancora buio. Ricorda di essere arrivata lì con un taxi. L’auto profumava di lavanda, come quei foglietti che sua madre mette nei cassetti contro le tarme. Lui continuava a parlarle all’orecchio con il suo alito di sigaretta. Portava delle scarpe da ginnastica troppo bianche.

Qualche ora prima Nina era in un pub per il compleanno di Giulia, ha riunito alcuni amici per bere e mangiare una torta del supermercato. Ricorda di essere arrivata lì nervosa, Sara si è presentata al suo appartamento troppo presto e le ha messo fretta. Mentre a Nina piace vestirsi con calma, soprattutto se non ha una grande voglia di uscire. Ieri sera si sentiva fredda e scontrosa, proprio come Milano in quei giorni.

Ha scelto dei jeans neri con la gamba dritta. Sara ha alzato gli occhi al cielo, poi le ha prestato il suo correttore. Le sue occhiaie erano scavate. Ricorda di essersi specchiata in ascensore e di aver pensato che sta diventando sempre meno carina. Ha venticinque anni ma la sua faccia sembra voler scivolare sul pavimento. 

Il locale era affollato. Si è trovata schiacciata tra Sara e una ragazza mai vista prima. Portava addosso un profumo troppo dolce, come zucchero filato. A ripensarci adesso le sale un conato.

Hanno ordinato un primo giro di birra, poi altri due. Nina si è lasciata trascinare dall’euforia generale, e l’umore è migliorato. Si stava divertendo, ha riso davvero. Ha anche scattato qualche foto con Sara allo specchio del bagno che sembrava allungare le figure. Quei jeans le donano, dopotutto, e il correttore ha fatto il suo dovere.

Poi Sara ha insistito per cambiare locale. Da qualche settimana esce con un tipo più grande conosciuto nell’ufficio in cui è stagista. Non è chiaro chi dei due stia illudendo l’altro, probabilmente entrambi ma senza saperlo. Arrivate lì, Nina era già piuttosto ubriaca ma ancora lucida. O almeno lucida abbastanza da ricordare Sara che la presenta a quel ragazzo. La musica era troppo alta o forse lui parlava a denti stretti, fatto sta che Nina non riesce a ricordare il suo nome neppure ora che ha addosso le sue lenzuola. Però ha la faccia di chi si chiama Pietro. Ne ha la faccia, la barba di chi crede che gli hipster siano ancora di moda e l’odore di tabacco. Non come Luca.

Luca ha le guance lisce e profuma di ammorbidente. Lui scandisce molto bene le parole, come se volesse abbracciare con le lettere. Nina è caduta in quell’abbraccio e ancora non si è ripresa.

Trova finalmente il coraggio di spostare il braccio. Si gira a guardare quel corpo che non riconosce e sente una fitta di malinconia. L’ha fatto per ripicca? Per mettersi alla prova? Luca non lo saprà né probabilmente gli importerebbe.

«Senti Nina, ci ho pensato su, forse dovremmo stare lontani per un po’.»

Gira gli occhi dall’altra parte, verso il comodino. Intravede il telefono nella borsa aperta. Il messaggio è ancora lì, dopo mesi. «Senti.» Cosa dovrebbe sentire? Ha sentito rabbia, tristezza, solitudine, qualche dubbio e gelosia, ma ancora non l’ha capito. Come faccio a sentirti, Luca, se per dirmelo non riesci neppure a usare la voce?

«Sara mi ha detto che sei single da poco.»

Ora ricorda la sua voce. Lo ha detto come un dato di fatto, senza aspettare una conferma. Lo ha detto mentre le passava un cocktail rosa. Non ricorda di averlo chiesto. Lei deve aver fatto un mezzo cenno con la testa. Il cocktail sapeva di pompelmo ed era molto forte. Sul bordo del bicchiere c’era dello zucchero. Pietro le ha sistemato una ciocca di capelli dietro l’orecchio e ha lasciato la mano sulla sua guancia. Era sudata. Ha provato a cercare le sue amiche nella sala, ma i volti le sembravano tutti uguali e sconosciuti. Poi ha visto quei capelli rossi. Tutto è diventato rosso e rosa e tremolante. Zucchero che si scioglie, alito di fumo sul collo. Le è sembrato che Pietro parlasse come la voce che dà gli avvisi in metropolitana.

Anche Luca è in metropolitana. Lo ha visto lì due giorni fa, nel vagone finale, quello che sceglievano sempre perché meno affollato degli altri. È salito ridendo con lei, capelli rossi e una faccia che sa ancora sfidare la gravità. Nina si è girata verso le porte per non essere riconosciuta, aggrappata al palo di metallo. È rimasta lì finché non sono scesi, mano nella mano. La mano che prima cercava la sua, la mano che le ha scritto quella frase dopo una settimana di litigi.

«Senti.» Lo sento, Luca, lo sento tutto.

Pietro le ha offerto un passaggio pur non avendo un’auto, ha continuato a parlare senza aspettare le sue risposte, ha continuato a metterle il braccio attorno alle spalle, a toccarla con quelle dita ruvide e sudate, dicendole: «come sei bella», «ti piacciono i vinili, ho una collezione a casa».

Si alza dal letto sperando che lui non si svegli. Si riveste e senza neppure guardarsi allo specchio lascia quel posto. Sul pianerottolo cerca al buio la posizione su Google e da lì calcola il percorso per tornare nel suo appartamento. Uscita in strada respira profondamente, quasi volesse inspirare l’alba per schiarirsi le idee.

L’autobus arriva deserto, ma Nina sceglie lo stesso un posto in fondo. Ha ancora addosso la sensazione di fastidio di quel braccio abbandonato addosso a lei. Sente la pelle umida e fredda. Poggia la testa al finestrino e cerca di concentrarsi solo sul rumore del suo respiro. Su internet ha letto che funziona, ma non funziona. Allora prende il telefono. Ci sono delle chiamate perse e alcune notifiche di Instagram, dei like a una foto. Lei e Sara in uno specchio che allunga le gambe in modo innaturale, le sue occhiaie sembrano ancora più scure. Il cuore di Luca non è tra quelli nella lista sotto al post, non è lì da tempo ormai. Il suo riflesso sorride.

Mancano ancora un po’ di fermate prima di arrivare. Cancella la foto e torna a guardare le strade vuote e addormentate.

Maria Vincenza Rinaldi

Blam

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