Il racconto della domenica: L’ultimo giorno di dio di Matteo Candeliere
Quando venne a sapere che degli scienziati avevano provato l’inesistenza di dio, Atalia era in ospedale a vegliare suo marito. Glielo disse un’infermiera, così, senza girarci neppure troppo attorno. Le si avvicinò mentre stava pregando e le chiese come mai perdesse ancora tempo con quelle cose. Atalia allora sgranò gli occhi, e per tutta risposta le domandò che cosa intendesse. «Oh» fece quella, «non ha saputo? Hanno scoperto che dio non esiste. Lo hanno detto al telegiornale.»
Qualche settimana prima, le condizioni di suo marito erano peggiorate tanto da far perdere ai medici ogni speranza che potesse uscire vivo da lì. Non ci furono proclami, nessuno pronunciò la parola “morte” a voce alta, ma era bloccato a letto e aveva smesso di nutrirsi e di respirare da solo: per capire che era messo male non serviva neppure una laurea in medicina.
Il dottore che andò a far visita ad Atalia doveva essere un novellino, perché é ci girò un bel po’ attorno. Si lamentò del freddo, del traffico e del fatto che non riuscisse a smettere di fumare. Le raccontò dell’infermiera antipatica di oncologia e dei ragazzi del bar. Poi, quando le parole finirono, le poggiò le mani sulle spalle e le chiese con un filo di voce: «Lei crede, signora?»
Ecco com’è che aveva cominciato a pregare. Vergognandosene quasi, all’inizio: prima di chiudere gli occhi e di rivolgere il capo al soffitto, si guardava attorno come se stesse rubando e interrompeva i Pater Noster al primo rumore. Poi migliorò. Non che sperasse di aver già ottenuto il paradiso, sia chiaro, né di aver pregato a sufficienza perché l’anima di suo marito lasciasse il purgatorio, ma sentiva di aver fatto dei progressi.
Questo prima che arrivasse l’infermiera, ovviamente. Mai in tutta la storia delle religioni si era udita una profezia tanto potente. Dio era uscito di scena dall’universo con la leggerezza di un pettegolezzo. Insomma, tanta fatica per nulla: Atalia aveva sempre e solo parlato da sola.
Il che, in effetti, le sembrò una spiegazione più che plausibile per tutti quei silenzi.
Una notte, mentre come al solito si trascinava per i sotterranei dell’ospedale, vide un giornale per terra. Lo raccolse, già sapendo quale sarebbe stata la notizia di apertura. Tre parole, pesanti e definitive come fossero state incise nella pietra, troneggiavano in prima pagina: “Dio è morto”.
Leggendo, scoprì qualche dettaglio in più rispetto a quanto le aveva detto l’infermiera – che in definitiva non le aveva poi detto un granché. Tutta la curiosità che credeva di avere scomparve però dopo qualche riga. Si rese conto che il “come” non le importava, che l’incredibile processo della scoperta non aveva per lei il minimo significato.
Riprese a camminare e, cammina cammina, finì davanti alla cappella del primo piano. Qualcuno aveva staccato il crocefisso da sopra la porta. Sul muro, laddove per tanti anni era stato appeso, adesso restava soltanto un’ombra, come quelle che i morti avevano lasciato sulle case di Hiroshima dopo la grande esplosione. Un foglietto appiccicato con un pezzo di scotch informava che il prete aveva fatto ritorno alla cattedrale.
Finalmente capì cosa doveva fare.
Di notte le grandi città hanno qualcosa di particolare. Le strade si svuotano, respirano a pieni polmoni e in silenzio ti ascoltano. Sembra che dormano e forse lo fanno davvero. Atalia percorse vie, parchi e piazze senza incontrare anima viva.
La cattedrale si ergeva tra le basse palazzine della città vecchia come un animale ferito, le guglie e le torri alte sopra i tetti rossi. Arroccate sopra il portone, schiere di angeli e di santi la fissavano con i loro occhi di pietra. Dentro, la luce che filtrava dalle vetrate era a malapena sufficiente a non farla inciampare negli scatoloni sparsi lungo la navata centrale. Si stupì di quanto velocemente le cose fossero precipitate.
Dal fondo della chiesa, un rumore la fece sobbalzare. Vide un alone di luce e pensò ai profanatori di tombe che avevano ripulito le piramidi d’Egitto.
«Padre?» si azzardò a chiamare.
Nessuna risposta.
«Padre?» ripeté.
«Chi siete?» la voce suonava impastata e tremante. «Lasciatemi in pace! Smonto tutto e me ne vado. Così sarete contenti.»
Atalia fece gli ultimi passi che la separavano dall’altare. Rispetto all’ultima volta che lo aveva incontrato, nella cappella dell’ospedale, il prete sembrava invecchiato di dieci anni. Sedeva ricurvo in avanti, con la barba da fare e con indosso dei vecchi vestiti sgualciti.
«Padre, ho bisogno di parlare con lei.»
Il volto del vecchio, alla luce di una abat-jour, era imperlato di sudore e pieno di rughe.
«Io non ho figli, ragazza.»
«Come?»
«Continui con questo “padre, padre”, ma io non ho figli. Non più, almeno.»
Atalia mantenne lo sguardo, ma non disse nulla. Allora il prete si alzò in piedi e fece per stringerle la mano. Fino a quel momento non si era reso conto di quanto fosse dimagrita, di quanto profonde fossero le sue occhiaie. Sembrava il fantasma della ragazza che aveva conosciuto soltanto il mese prima.
«Scusa. Non ti ho nemmeno chiesto come sta tuo marito.»
«Non credo gli manchi molto» disse in un sussurro. Poi si sedette su una panca e cominciò a piangere.
L’indomani mattina, Atalia sentì di un uomo che aveva ucciso un suo vicino di casa solo perché questi ancora si ostinava a pregare.
«Sì, ho saputo» le disse il prete quando gliene parlò. Stava cercando di rimuovere la moquette dalla navata centrale ma, oltre a essersi ricoperto di polvere dalla testa ai piedi, non sembrava aver raggiunto particolari risultati. «Ho saputo, e se ti dicessi che ne sono stupito sarei ridicolo. Io stesso ho ricevuto montagne di insulti da quando hanno pubblicato quel cavolo di articolo.» S’interruppe per tossire e per passarsi una mano sulla fronte. «Mi hanno dato del bugiardo, del cane. E mi fermo qui, perché siamo comunque dentro una chiesa.»
«Credevo che, ora che dio non c’è più, ci saremmo almeno risparmiati qualche morto ammazzato.»
«Non so che cosa dirti, ragazza. Forse dio continua a uccidere anche da morto.»
«Padre!»
Il prete rise. «Che c’è? Non mi sembravi il tipo che si scandalizza. Non sei mica una vecchietta.» Poi vide che il volto di Atalia era rimasto serio, e si rabbuiò a sua volta. Si stirò la schiena, si piegò in avanti, all’indietro, fece un paio di torsioni del busto.
«Se ti va ti offro un bicchiere di vino. Ce n’è finché vuoi, lì dietro il crocefisso.»
Nascosto agli occhi di tutti tranne che a quelli del prete e di dio, c’era un mobiletto con degli spray per pulire, una scopa, degli stracci e un cartoccio di vino comprato in qualche discount. Il prete riempì due bicchieri di plastica e, dopo averne dato uno ad Atalia, si sedette in silenzio.
«Posso farle una domanda?» fece lei dopo aver bevuto un primo sorso.
«Senti, lo so che fa schifo, però…»
«No, no. Non è questo. È un’altra cosa.»
Il prete sembrò sollevato. «Ah. Dimmi allora.»
«Com’è che ha deciso di farsi prete?»
Quello abbassò gli occhi sul bicchiere come vi stesse cercando le parole giuste con cui risponderle.
«Ecco» disse dopo un silenzio tanto lungo da far pensare ad Atalia che non avrebbe più detto alcunché, «è stato tanto tempo fa. È stato tanto tempo fa e ciò nonostante ricordo ancora tutto perfettamente. Abitavo con i miei in una grande casa fuori città. Non voglio dirti che in quel periodo stavo cercando la mia strada, non voglio dirti nessuna fesseria del genere. Semplicemente mi persi, quel giorno. Entrai nel bosco per fare due passi e… mi sembra di ricordare un sogno, sai? Oppure di raccontare la trama di un film. È quel tipo di ricordo. Entrai nel bosco, dicevo, e tutt’a un tratto non seppi più come venirne fuori. Camminai in lungo e in largo, ma niente. Casa mia sembrava scomparsa. A un certo punto arrivai a un piccolo stagno, una specie di laghetto. Niente di che, non devi immaginarti un lago vero. Era poco più di una pozza. Fu lì che lo vidi. Fu lì che incontrai dio. Dovrei usare parole più caute, forse. Dovrei dire “credetti di vedere”, ma non sarebbe sincero. Ne fui piuttosto sicuro, sai? Talmente sicuro da entrare in seminario giusto una settimana dopo.»
Bevve una lunga sorsata di vino e si passò una mano sugli occhi.
«Evidentemente mi sbagliavo.»
«Ma che cosa ha visto?»
«Non un vecchio con la barba, se è questo che intendi.»
Risero entrambi.
«E cosa allora?»
«Non lo so, io…» prese a gesticolare con le mani come se stesse attivando uno strano macchinario. «Una luce, un… un vento. Sai, erano gli anni degli hippie, quelli.»
«Le andrebbe di portarmici?»
«Dove?»
«Al boschetto. Voglio vedere se dio è ancora là.»
Non fu semplice convincerlo, ma alla fine ci riuscì. Forse il prete non vedeva l’ora che qualcuno glielo chiedesse. Si sarebbero visti quella domenica mattina, di fronte alla cattedrale.
Il cuore di Atalia cominciò a battere più forte dalla sera prima. Si era convinta chissà perché che quella sarebbe stata la sua ultima possibilità, anche se in realtà sapeva benissimo come sarebbero andate le cose: una volta arrivati al laghetto, si sarebbero seduti per terra tra le zanzare e non avrebbero visto un bel niente. Si sarebbero fermati lì per un paio d’ore, il prete, chissà, avrebbe portato quel vino scadente che beveva di solito e avrebbero rimpianto insieme i bei tempi andati, ma nient’altro. Nessun angelo, nessuna luce, nessun vento. Nessun dio.
Quando quella domenica Atalia arrivò davanti alla cattedrale, trovò il prete tutto intento a controllare una mappa. Gli andò incontro per salutarlo, ma si fermò non appena ne vide il volto.
«Padre!»
Quello le fece un gesto come a sminuire tutta la faccenda e si avvicinò alla portiera della macchina. Aveva un occhio nero e dei tagli su entrambi gli zigomi.
«Ragazzate», le disse. «Soltanto delle ragazzate. Lascia perdere.»
«Ma chi…»
«Oh, quanto chiasso. Sono stati dei ragazzi, va bene? Dei poveri disperati.»
«Ma è inammissibile che…»
«Stammi bene a sentire, ragazza», tagliò corto. «Sali in macchina, se ti va. Se no a trovare dio ci vado da solo.»
Il tragitto in auto durò più di un’ora.
Durante il viaggio non parlarono un granché. Il prete era concentrato sulla strada e Atalia non riusciva a non pensare a quel volto pieno di rughe imbrattato di sangue. Provò a tirar fuori il discorso un paio di volte, ma non c’era verso che la discussione andasse da qualche parte: il vecchio si rifiutava di parlarne.
Fu solo quando si furono lasciati la città alle spalle che il prete disse: «Ascoltami bene, bambina. Ci sono almeno un paio di cose che devi sapere. Cosa numero uno. La casa in cui vivevo da ragazzo non appartiene più alla mia famiglia da vent’anni almeno. Ciò significa che non possiamo andare a fare la pipì quando arriviamo e, soprattutto, che non ho idea di che cosa troveremo una volta che saremo lì. Al posto del bosco e del laghetto incantato potremmo ritrovarci in un centro commerciale, intesi? Sst. Non mi rispondere. Cosa numero due. Che è la più importante. Non so che idea tu ti sia fatta rispetto a quanto ti ho detto. Non so che cosa tu ti aspetti di vedere. Ma voglio che tu capisca bene una cosa: non sei la prima persona che perde qualcuno e non sarai l’ultima, ok? Siete due gocce nel mare, tu e tuo marito. Con una differenza: che le gocce prima di voi potevano aggrapparsi alla fede. Non so che tipo fosse tuo marito prima che chiudesse gli occhi, non so se si è addormentato sperando in qualcosa. Ma tu questo diritto l’hai perso, intesi? Tu non puoi più credere in niente. E sperare di rivedere quello che io ho creduto di vedere in quel benedetto laghetto vent’anni fa… Non sono sicuro che ti faccia bene, ragazza.»
«Padre, io…»
«Non serve che tu mi risponda. Siamo arrivati.»
Il bosco era ancora lì.
«È già qualcosa», commentò il prete con una risata. «Seguimi.»
Sembrava sicuro di sé.
«Si ricorda la strada?»
«No.»
Il sentiero scomparì dopo pochi passi soltanto, e in men che non si dica furono inghiottiti dal bosco.
Di tanto in tanto il prete la rassicurava con frasi del tipo “dovrebbe essere vicino a quegli alberi laggiù” oppure “se non sbaglio avevo girato dietro questa quercia”, ma Atalia sapeva benissimo che non era possibile che si ricordasse la strada dopo tutti quegli anni. Le piante si muovono in continuazione.
«Mi tolga una curiosità», gli domandò dopo l’ennesimo girotondo. «Dopo che vide dio, come ritrovò la strada di casa?»
Il prete rise forte. «Le vie del Signore sono misteriose, bambina.»
«Che significa?»
«E chi lo sa! Forse dio mi ha preso per mano e mi ha riportato da dov’ero venuto.»
Camminarono per ore, e forse fu questa la chiave, forse dovevano perdersi per poter trovare il laghetto dove il ragazzo, che sarebbe diventato prete, aveva visto dio.
«Eccoci! Te l’avevo detto che c’eravamo quasi.»
Atalia si sedette a terra con le gambe distese, senza più la forza di parlare. Chiuse gli occhi e per un momento vide la luce del sole illuminare lo spazio nero dietro le palpebre. Che fosse quello? Che fosse…
«Ehi, ragazza! Non mi svenire, eh?»
«No», rispose lei aprendo gli occhi. «Non svengo. Allora è questo? È questo il laghetto?»
Il prete bevve una lunga sorsata d’acqua dalla borraccia e si guardò intorno pieno di orgoglio.
«È questo, sì. Le vedi quelle montagne laggiù? Quella doppia punta? È da quella che ho capito che siamo nel posto giusto. Sai, noi campagnoli ci basiamo su cose di questo tipo. Una montagna, una radura.»
«Capisco» tagliò corto lei.
Il prete le si sedette vicino. Restarono per un po’ in silenzio ad ascoltare i grilli e gli uccelli che volavano da un albero all’altro. Sulla superficie dello stagno, minuscoli insetti entravano e uscivano dall’acqua creando piccoli cerchi concentrici.
«Allora, com’è che è andata quel giorno?»
Il prete indicò un punto del bosco di fronte a loro.
«Mi sono seduto» le rispose. «Mi sono seduto, e ho guardato tra gli alberi. I rami si muovevano piano piano. È tra quelle foglie che l’ho visto. Guardai il sole, e lui era lì.»
Guardavano entrambi lassù adesso, con le mani appoggiate sul prato e le gambe distese verso i giunchi e la riva fangosa.
Nessuno disse più una sola parola, e neppure quando il prete le tese una mano per aiutarla ad alzarsi Atalia trovò qualcosa da dire.
Quella sera, quando tornò in ospedale, scoprì che l’uomo che aveva vegliato per tutto quel tempo era morto. Prima di chiamare gli infermieri e i dottori, prima di farlo portare via, volle sedersi accanto a quel corpo e tenerne la mano per un po’.
Con gli occhi chiusi e la schiena appoggiata alla sedia, pensò a suo marito e si domandò dove fosse per l’ultima volta.
Matteo Candeliere