Il racconto della domenica: L’appartamento di Laura Ramieri
Lo ricordo come un luogo magico di stanze incantate. Appartiene alla mia famiglia, ma nessuno ha più voluto abitarci, dalla mia infanzia. Sì, ci sono state chiacchiere cattive, ma non è colpa dell’appartamento. Nessuno vuole abitarci, e nessuno vuole venderlo. Resta così, da sempre. Perché io sono qui, adesso? Devo scrivere una storia, e questo posto mi è sembrato adatto. Non credo alle chiacchiere, sono realista.
L’appartamento occupa tutto un piano di un condominio ingrigito e anonimo. L’ingresso si apre in un Corridoio azzurro pallido che termina in un luminoso soggiorno, un lato del Corridoio è perfettamente opposto all’altro, ribaltato con precisione. L’occhio si confonde, all’inizio. Un po’ di vertigine, un po’ di capogiro. La prima stanza a sinistra, un Salottino, è arredata con una poltrona damascata e un mobiletto che vanta antiche bottiglie di liquori. Sul lato opposto del corridoio la stessa identica metratura è solo muro. Dal Salottino si entra nella Biblioteca, la cui parete destra è una libreria colma di volumi ordinati. Nell’opposto del Corridoio la stessa parete si trasforma in una stanza aperta, la Camera Uno, dove dormo io. Da questa camera, da una parte si accede al Guardaroba, stretto, senza finestre, un lato di armadi in legno scuro con uno specchio annerito come anta centrale. Dall’altra parte, opposto all’accesso al Guardaroba, si entra nel Bagno Privato, un bagnetto a uso della Camera Uno. Dal Guardaroba si accede alla Prima Cucina, una stanzina che si affaccia sia nella Via Laterale, sia sulla Strada Principale, e dalla Prima Cucina si può andare alla Sala, la stanza con una finestra sulla Strada Principale in cui sbuca la fine del Corridoio. Dalla Sala si entra nella Seconda Cucina, opposta alla Prima ma identica, dalla Seconda Cucina si arriva al Bagno Piccolo, che collega la Seconda Cucina alla Camera Ospiti, una stanza da letto che si affaccia sia sul Corridoio, sia sulla Biblioteca. Opposta alla Camera Ospiti è la parete chiusa del Corridoio che nasconde il Guardaroba. Una divertente difficoltà labirintica di incastri, un gioco ipnotico. Le finestre non sono in tutte le stanze, e capita di dovere attraversare l’appartamento al buio, ma lo so, lo conosco, è un luogo dove il tempo si è fermato, sicuro, protetto. Mi sono organizzata per scrivere nel Salottino, vicino alla Biblioteca, ma dotato di finestra, e vicino all’ingresso, se suonasse qualcuno.
Questa notte, nella Camera Uno, ho sentito una voce che rideva. Mi sono affacciata lenta nel Corridoio, ho cercato l’interruttore. Luce accesa. Silenzio. Luce spenta. Risata. Mi sono avvicinata al Guardaroba. La voce gridava. Luce accesa. Guardaroba immobile. Silenzio. Luce spenta. Silenzio. Un sogno.
Sera piovosa, non sento rumori dai vicini di casa, solo gli spifferi urlano. È una costruzione vecchia, con tutti i suoi cigolii, i suoi fischi. Respiro tranquillo.
La lampadina del Bagno Piccolo si è frantumata nel lavandino. Era avvitata male. Il campanello non funziona, avviso di bussare. Battito normale.
Tutta la notte le due Cucine in litigio, le sedie graffiavano le mattonelle, prima la Prima, poi la Seconda, i vetri delle finestre, quelle che guardano le Vie e quelle sulla Strada, sbattevano in un continuo aprirsi e chiudersi con forza. Respiro accelerato. Succedeva qualcosa fuori.
Chiudo qualche stanza per comodità, non le uso. Posso concentrarmi sulla scrittura.
Solo i rumori della notte. Ma quale notte è così arrabbiata?
Alzando un attimo lo sguardo dai miei fogli mi accorgo che nelle bottiglie di liquore resta solo un fondo vischioso e scuro. Quelle bottiglie sono di bellezza, e mai, le avevo viste vuote. Mi sbaglio, sono vuote da secoli. Cuore rumoroso.
Era forse un’ombra? Solo un gioco di luci. Battito profondo. Devo continuare a scrivere. Il telefono non funziona, un guasto momentaneo. Ci sono istanti in cui mi sembra di non essere sola. In cui mi volto all’improvviso certa di avere qualcuno alle spalle. Il conforto e l’emozione della scrittura, sono euforica. Deglutizione faticosa.
Nel dormiveglia sento la morbidezza della moquette che attutisce dei passi nel Guardaroba. Battito velocissimo. Mi infilo senza pensarci sotto al letto, strisciando. Attesa. Nessun rumore. Stavo sognando. Stavo sognando? In Guardaroba, alla luce del giorno, il tappo del mio profumo è accanto alla bottiglietta. L’ho dimenticato io. L’ho dimenticato io? Respiro affannoso.
Ho chiuso tutte le stanze, tranne il Salottino, la Camera Uno, e il Bagno Privato. Respiro difficile. Le ho chiuse a chiave, a ogni chiave ho legato un nastrino blu con un piccolo fiocco. Se i fiocchetti si sciogliessero. Se qualcosa si spostasse di un solo millimetro.
Una chiave gira arrugginita nella sua serratura, il rumore mi sveglia come un incubo, respiro senza nessuna aria, cuore nella gola. Ancora, striscio sotto al letto e resto immobile. Silenzio.
Scrivo dalla Camera Uno, guardo in lunghezza tutto il Guardaroba, tremante, l’anta a specchio dell’armadio si sta aprendo, lenta, cigolante, il riflesso si muove nella luce, non ho voce, non ho respiro, e il cuore è pronto a scoppiare. Qualcuno. Qualcuno sta uscendo dall’armadio.
Laura Ramieri