Il racconto della domenica: La nonna di Stefano Besi

 Il racconto della domenica: La nonna di Stefano Besi

Illustrazione di Silvia Rossini

Come ogni estate Fabio guarda il panorama dal finestrino dell’auto e come ogni estate il suo sguardo è pieno di timore. Non parla da quando sono partiti, non riesce nemmeno a leggere il fumetto che tiene poggiato sulle gambe. Vorrebbe urlare per far capire ai genitori la sua frustrazione, ma non lo fa perché lui non è uno che disubbidisce. Purtroppo.

Intanto il mare è comparso in lontananza, oltre i campi e le colline. Sarebbe bello andare a fare il bagno, pensa Fabio.

Quando la macchina arriva nel paesino la mamma si lascia andare al solito commento: «Che meraviglia. Sembra di tornare indietro nel tempo».

A Fabio non piacciono quei vicoli: riducono il panorama a una fila di mattoni. Sta quasi per dirlo, ma poi capisce che è inutile, ormai non ha scampo: dovrà passare un mese dai nonni.

 

«Portatelo al mare ogni tanto» si raccomanda il papà prima di salutare i suoi genitori, i nonni di Fabio. Poi dà un bacio al figlio e sale in macchina.

«Fai il bravo» aggiunge la mamma. «Ricordati i compiti per le vacanze.»

«Farà il bravo di sicuro» sentenzia la nonna.

Fabio non dice nulla. Quella voce non lascia scampo.

Sorridenti, il papà e la mamma partono. Una mano fuori dal finestrino per salutare, gli sguardi fissi verso la strada di fronte a loro.

 

Durante le vacanze degli anni passati Fabio ha scoperto che al mare i nonni non vanno mai. Loro sono i proprietari del bar-trattoria della piazza del paese e passano mattina, pomeriggio e sera a lavorare come muli. Il nonno è il re della cucina e la mattina all’alba fa la spesa, poi comincia a cucinare e smette solo dopo cena. Fabio non lo vede mai: nessun altro può entrare in cucina, a eccezione dei camerieri. Questa è la regola. La nonna invece lavora in sala e si occupa di tutto il resto. È una specie di gigante e non si ferma mai. A volte Fabio la guarda stupito – e anche un po’ spaventato – portare pile di piatti che piegherebbero le braccia di un supereroe. Durante le ore del servizio Fabio deve stare sempre dove lei può vederlo e per questo si sistema, come tutti gli anni, su uno sgabello dietro al bancone del bar, davanti alla centrifuga che non usano quasi mai. Sul ripiano c’è un piccolo spazio dove poggiare un fumetto o il quaderno per i compiti. Fabio passa la giornata lì. Questa è la regola. La sala si riempie, poi si svuota. Mangiano di corsa in orari assurdi e a volte Fabio prepara i caffè. Se un cliente chiede una spremuta, la nonna grida: «Arance!» Allora Fabio mette via il libro e prende cinque arance dal cesto per infilarle una dopo l’altra nella centrifuga. Se la nonna grida: «Frullato!» Fabio sbuccia una banana e aggiunge qualche fragola.

Prima di andare a letto, se si è comportato bene, Fabio può vedere un po’ di televisione. L’inutile televisione dell’estate, fatta di film in bianco e nero e pubblicità riciclate. Se invece si è comportato male – evento rarissimo e che in genere non dipende dalla condotta di Fabio ma dalla stanchezza della nonna – lei lo guarda seria e dice: «Stasera aspetti con me che chiudo il registro» e Fabio finisce per gironzolare per la sala ormai vuota, mentre lei fa i conti e li commenta dicendo: «Ecco la bella stagione», oppure: «Meno male che gli altri vanno in vacanza».

 

Per Fabio non c’è speranza: troppo piccolo per girare in paese da solo o per camminare fino alla spiaggia, e troppo pauroso per lagnarsi e pretendere la vacanza che avrebbe voluto. Tutte le sue aspettative sono riposte nel giorno di chiusura. Infatti la nonna lo porta al mare la mattina del mercoledì, un paio d’ore in tutto, non di più. Poi tornano di corsa in paese perché bisogna pulire il locale. Questa è la regola. Quando è di buon umore la nonna fa addirittura una sosta dal giornalaio per comprargli un fumetto nuovo.

 

Dopo tre settimane di vacanza, Fabio è stanco di quel regime militare, ma si tranquillizza pensando che domani arriverà finalmente un bellissimo mercoledì. La mattina del giorno dopo, però, la nonna gli spiega che la festa del santo patrono – che cade tutti gli anni il 20 luglio – si è messa di traverso. Il bar-trattoria rimane aperto e i tavoli sono tutti prenotati. Fabio diventa paonazzo. Sente ribollire lo stomaco e vuole gridare che non è giusto, che a lui della trattoria non interessa nulla. Ma la nonna lo guarda con la faccia seria. Sembra fatta di roccia. Cosa accadrebbe se le dicesse quello che pensa di lei e delle sue regole? Fabio inghiotte saliva e parole. Ha troppo timore.

La nonna tira fuori un fumetto: «Te lo ha preso nonno andando a fare la spesa».

Fabio lo prende tra le mani e lo guarda sconsolato. Non basta un fumetto per farsi perdonare.

«Come si dice?» chiede la nonna.

Fabio non risponde.

«Guarda che te lo levo» insiste lei.

Fabio lotta con sé stesso. Sa che deve ringraziare – questa è la regola – ma non vuole e si impone di restare zitto.

«Allora oggi continuerai i compiti delle vacanze» dice la nonna prima di strappargli il fumetto di mano con un movimento rapido. «Vediamo se oggi fai il bravo, così potrai leggerlo stasera.»

Fabio è sconsolato: lo aspetta un’altra giornata allo sgabello.

 

All’ora di pranzo il locale è pieno di clienti fino a scoppiare. La nonna, in difficoltà con le comande, grida: «Vino!» ma Fabio, che non ha mai ricevuto un comando simile, non stacca gli occhi dal libro dove sta rileggendo per l’ennesima volta un problema di matematica. Lei allora grida di nuovo nella sua direzione: «Vino rosso!».

Fabio capisce che sta parlando con lui: «Dov’è?» chiede.

«In cantina. Ce n’è un tipo solo, non puoi sbagliare.»

Fabio non è mai stato in cantina. Non ci vado là sotto, vorrebbe dire. Ma ha paura della reazione della nonna e senza dire nulla torna a guardare il libro e si finge morto. La nonna si avvicina: «Ehi? Tutto bene?».

Fabio alza lo sguardo, la domanda è stranamente premurosa. Scuote la testa come fosse la centrifuga in funzione e dalla bocca esce un sussurro: «Non ci voglio andare in cantina. È buio».

La nonna sorride. Fabio è sollevato: ha capito.

«Chiamalo seminterrato, fa meno paura. E porta la bottiglia al tavolo tre che sta aspettando. Poi passo io a stapparla.»

Fabio si alza dallo sgabello e raggiunge l’ingresso della cantina. Si sente in trappola e sa che nessun supereroe verrà a salvarlo. Scende le scale e schiaccia l’interruttore. Una piccola lampadina pende dal soffitto e la luce tremolante rende ancora più spaventoso quel luogo pieno di oggetti ammucchiati e ragnatele. Fabio si fa forza e un passetto dopo l’altro raggiunge la rastrelliera dei vini rossi. Ne afferra uno. Quando ormai pensa di essere salvo, con la coda dell’occhio vede qualcosa muoversi. Lancia un grido e la bottiglia gli sfugge, cade a terra e si spacca in tanti piccoli pezzi di vetro. Il liquido rosso si sparge sul pavimento.

 

La nonna passa davanti al tavolo tre e si accorge che manca ancora il vino. Dà un’occhiata al bancone ma Fabio non c’è. Allora si avvicina alla cantina e proprio in quel momento il bambino sale le scale di corsa. Ha il volto bianco e gli occhi spalancati.

«Be’? Il vino?»

Fabio si ricorda di aver rotto una bottiglia. L’attimo dopo si rende conto che la nonna sta parlando del vino e non è preoccupata per lui. Allora la rabbia torna a bollire e con lo sguardo serio, identico a quello che sa fare lei, dice: «Lì sotto c’è un mostro crudele!» e subito scappa via.

La nonna scende le scale della cantina. Ha bisogno del vino, lo sgriderà più tardi. Altro che fumetto. Appena entrata nota subito la chiazza rossa e i vetri sul pavimento. Ora è furiosa. Afferra un’altra bottiglia, ma prima di tornare in sala vede un movimento al suo fianco. Si volta e per un attimo resta sorpresa. Poi ripensa alle parole del nipote e capisce. Davanti a lei, nell’antico specchio rimasto laggiù dall’ultimo trasloco, vede sé stessa.

Stefano Besi

Blam

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