Il racconto della domenica: La lista di Mimma Rapicano
In una stanza della clinica Sopravvivere al peccato, un uomo con camice bianco e occhiali spessi, dà a Lia un foglio e una penna. La stanza è fredda e senza finestre, al centro una scrivania e due sedie. Una per Lia, un’altra per l’uomo. Le pareti e il soffitto sono tinteggiati d’azzurro.
«Cosa devo farci con foglio e penna?» domanda la ragazza.
«Devi scriverci una lista» dice l’uomo che sembra un medico. Ma Lia, che è una ragazza sveglia, sospetta che il tipo con il camice bianco e gli occhiali spessi sia una trappola, uno mandato per confonderle le idee.
«Una lista?»
«Sì, una lista di cose per cui vale la pena vivere… ancora. Se non hai una lista, la tua vita sarà sempre una merda! Comprendi, ragazzina?». Il tipo alza il tono della voce, poi guarda la porta e arrossisce. Lui in quella stanza non vorrebbe starci. E dalle continue smorfie di disgusto sulla sua faccia, Lia è certa che quell’uomo preferisca i ragazzini.
Lia prende il foglio, nota con stupore che è bianco anche dall’altro lato. Non sa cosa scrivere, in verità non sa nemmeno come si fa una lista. “È come una lettera per Babbo Natale?” vorrebbe domandare. Ci rinuncia. Lia è una ragazza saggia, certe volte. Pensa a un albero, anzi due alberi, un’altalena e un arcobaleno. “Ecco, disegnare due alberi, un’altalena e un arcobaleno sarebbe bello e più facile”.
L’uomo è smanioso, si contorce sulla sedia, guarda spesso l’orologio. La mano destra entra ed esce dalla tasca del camice. Lia lo tiene d’occhio. “Forse teme di perdere la cosa che ha in tasca oppure verifica che quella cosa ci sia ancora”, pensa la ragazza.
In clinica ce l’ha mandata suo fratello in ansia per la pericolosa situazione dell’amata sorellina. Ma Lia, che è una ragazza intelligente, sa che il fratello s’è voluto sbarazzare di lei.
Tutto è iniziato quando Lia ha conosciuto Bea. A dieci anni non sapevano che innamorarsi era proibito. Il desiderio, alla loro età, era soltanto un gioco innocente. Ma il gioco diventò presto un’emozione travolgente e fuori controllo. Un’eccitazione senza nome che le due ragazzine immaginarono come un regalo per la loro amicizia speciale. Quando stavano lontano, anche per poche ore, avevano entrambe un male dentro, un dolore forte, simile al mal di pancia dopo un’abbuffata di gelato. Insieme, invece, ridevano tanto, qualche volta piangevano, mani tra i capelli, lingua contro lingua, gambe dentro gambe. Una cosa sola. Nel laghetto dietro la fattoria, in certi afosi pomeriggi d’estate, si tuffavano nude e i corpi lattiginosi si attorcigliavano uno nell’altro. Unico testimone dell’amore acerbo e peccaminoso tra le due ragazzine era il vecchio Karl, un vedovo devoto alla Chiesa cristiana avventista del settimo giorno. Ma Karl, prima di denunciarle alle autorità competenti, si concesse libidinose toccatine al pene, oramai floscio e rinsecchito. Poi un orgasmo lo spedì all’altro mondo.
Sul tetto del fienile, nelle notti di luna piena, Lia e Bea, due lupe in calore, urlavano al cielo: «Dio! Mostraci il tuo cazzo».
Lia deve fare una lista, dieci cose per cui vale la pena vivere. Ancora.
«Non ho nulla da scrivere», dice la ragazza al finto medico che aspetta con sempre più impazienza. Ma lui non le risponde, non si volta nemmeno a guardarla, sta lì per ritirare la lista.
Con la penna tra i denti Lia pensa a quel cazzone di suo fratello, al canarino chiuso in gabbia nella sua cameretta. Morirà, poverino. Pensa a Bea che prima le ha succhiato il cuore, il cervello e tutto, poi da sola è volata giù dal fienile. Pensa alla lama che non è andata abbastanza in profondità, al sangue che colorava l’acqua della vasca e di nuovo a Bea che non riesce a dimenticare.
Allora Lia s’inventa la sua lista, un elenco necessario di cose importanti quanto futili e banali per essere, finalmente, lasciata in pace.
- Una spazzola per capelli
- Un barattolo di marmellata
- Un tagliaunghie d’oro
- Un paio di calze blu
- Una coppa di gelato
- Un orologio da polso con diamanti
- Dieci caramelle gommose
- Cancellare per sempre mio fratello
- Cavare gli occhi a Dio
- Volare giù dal tetto del fienile.
Mimma Rapicano