Il racconto della domenica: Atlas di Nicola Casucci
Ispirato a “Atlas” dei Bicep
Lunedì 25 novembre 2019
“Postilakko jatkuu kolmatta viikkoa […] / Lo sciopero postale continua per la terza settimana […]”
Helsingin Sanomat, quotidiano finlandese, edizione online.
Sabato 23 novembre 2019
Se tu fossi qui, adesso, dubito che faresti caso a Giulia. Forse noteresti quel signore con indosso un completo verde smeraldo con paillettes, alto, smilzo e dal passo strascicato. Ma lei no. Firenze Peretola è un concentrato di aeroporto, ripiegato su sé stesso, remissivo e a volte fuori luogo. Le strette aree comuni e i corridoi si rincorrono su due piani e si intasano facilmente con l’andirivieni dei passeggeri. Ecco, probabilmente la tua attenzione sarebbe attratta da quel gruppo di sole donne, sette in tutto, di età differenti ma accessoriate allo stesso modo: borsetta in finta pelle, cappello di paglia e trolley con fascia arcobaleno. Ma Giulia no, non la noteresti: undici anni, due trecce morbide biondo castano a sfiorare le spalle, intabarrata in un piumino nero sdrucito sulle maniche. Cammina sola, dall’ingresso alle scale mobili; sale verso la zona check-in e poi torna indietro, di nuovo nella sala principale. Si confonde nel viavai in arrivo e in partenza. Anche se qualcuno te la indicasse, faresti fatica a metterla a fuoco, è sicuro.
Giulia percorre il circuito ingresso-check-in-ingresso almeno una decina di volte, poi torna al punto di partenza e si siede su una poltrona che dà le spalle all’entrata dell’aeroporto. Si appoggia con diffidenza allo schienale; dondola le gambe in modo nervoso. E aspetta.
Sabato 14 dicembre 2019
Un signore impreca contro Veronica in una lingua sconosciuta; lei risponde con un sorry biascicato, senza voltarsi, mentre continua a passo svelto verso il tabellone dei connecting flight. È appena scesa dall’aereo che da Helsinki l’ha portata ad Amsterdam, il suo volo per Firenze è in orario e partirà tra un’ora circa: arrivo previsto per le 12:05. L’ansia le morde la gola. Solo tre giorni prima le è stata consegnata la posta arretrata di un mese, conseguenza di uno sciopero che le è sembrato durare una vita. Tra bollette e pubblicità, c’era pure una cartolina dall’Italia della piccola Giulia. Il primo colpo al cuore è stato leggerla; il secondo colpo al cuore è stato la data del timbro postale italiano: 15 novembre. Dannate poste! Dannati scioperi! Dannata lei! Che quando è partita per la Finlandia, un anno prima, non le ha lasciato nessun recapito telefonico. «Ci scriveremo delle lettere, come faceva mamma con le zie!» Stupida, stupida, stupida! Ma Giulia era piccola, la mamma non c’era già più e un cellulare, quello stronzo, non glielo avrebbe mai fatto tenere. Cos’altro avrebbe potuto fare? Le era sembrata un’idea geniale una corrispondenza epistolare con la sorellina, un modo per restare unite anche a duemila chilometri di distanza. Veronica, venticinque anni, emigrata per un lavoro precario all’Istituto di Cultura Italiana in Finlandia; Giulia, quasi quindici anni di meno, rimasta a Firenze con uno stronzo che nessuna delle due si sarebbe mai sognata di chiamare papà. «Dammi il tempo di sistemarmi, ti manderò prestissimo un biglietto per raggiungermi a Helsinki.» Ci credeva davvero, quando lo sussurrava all’orecchio della sorellina. Che stupida!
Veronica riprende in mano la cartolina di Giulia, tenuta al sicuro nella tasca interna della borsa. Davanti, un collage di foto mal composto con Piazza Duomo, il David di Michelangelo, Ponte Vecchio. Dietro, poche righe in una calligrafia di bambina, rotonda e tremolante. Il solo contatto con quella carta lucida le fa venire da piangere, di nuovo. Aveva preso il primo volo utile per Firenze, ancora prima di provare a telefonare allo stronzo. L’aveva fatto, poi. «Come sta Giulia? Fammici parlare!» ma quello aveva buttato giù senza dire niente. Ora si trovava a dover rincorrere il tempo, in ritardo su tutto: sulle promesse, sulle lettere, sui ricongiungimenti. Sul futuro.
Mercoledì 13 novembre 2019
Un ceffone rimbomba lungo la strada. «Basta frignare! M’hai rotto le palle, dio cristo!» Una turista giapponese, immersa nella calca di Piazza della Stazione, alza la testa a quel suono sordo e osserva, da lontano, il corpo deforme di un uomo che sovrasta una bambina. «Si può sapere a chi cazzo devi scrivere? Non hai uno straccio di amico! Anche quella stronza di tua sorella s’è levata dal cazzo, e di corsa… bella sorella di merda!» La guancia della bambina si arrossa, il suo sguardo vaga alle spalle dell’uomo, sull’insegna gialla di un fast-food. «Toh, tieni, compratela ’sta cazzo di cartolina! Fai alla svelta, però, ché m’hai bell’e fatto incazzare… giuro, quanto è vero iddio, che se non sei qui tra cinque minuti ti do una fila di botte che te ne ricordi finché campi!»
Giulia prende la banconota da dieci euro dalle mani callose dell’uomo, attraversa la strada e si dirige a passi lunghi verso un’edicola-tabacchi sul lato opposto della piazza. Afferra la cartolina più vicina tra quelle sull’espositore, senza neppure guardare l’immagine stampata davanti. «Vorrei anche una penna, per favore. E un francobollo… per la Finlandia.» Paga e si ferma un momento sul bancone. Lecca il francobollo e lo appiccica in alto a destra sul retro della cartolina; poi, con le mani sudate e con il cuore gonfio di paura, scrive poche parole. Fuori, sul muro accanto alla porta d’ingresso, c’è una cassetta rossa delle Poste. Esce e ci si stringe sopra evitando lo sguardo dell’uomo, stronfiante dall’altro lato della piazza. Senza farsi notare si fa il segno della croce: gliel’ha insegnato mamma, le diceva di farlo sempre prima di un momento significativo. Imbuca la cartolina e chiude gli occhi. «Ti prego, Gesù, fa’ che mia sorella venga a prendermi all’aeroporto sabato prossimo, e che mi porti via con sé.»
Nicola Casucci