Il racconto del mercoledì: Smashed down di Simona Castanotto

 Il racconto del mercoledì: Smashed down di Simona Castanotto

Illustrazione di Goldfinch

Cose da pazzi, questa mattina mi sono svegliato ed ero morto.

Ma tu già lo sai, cara, ti ho vista trafficare nell’armadio e scegliere uno dei miei completi buoni.

Fra l’altro, ti avevo detto che, se fossi schiattato, tutto mi dovevi mettere, meno la cravatta che mi ha regalato tua madre per il Natale dell’Ottantasei.

Non mi ha mai sopportato, quella. Mi ricordo, sai, quando sono venuto a chiederti la mano, la faccia che aveva. Certo, lei avrebbe preferito quell’altro lì, l’illustre notaio Bezzi. Quanto era brutto, il Bezzi. Chissà che fine ha fatto…

Ma dico, cosa mi è saltato in mente, stamattina, di andare a comprare lo Smash. Non ce l’avevano al Conad, e chi ti sentiva, se tornavo a casa senza. Ti saresti arrabbiata, perciò sono corso all’Iper.

Ero quasi arrivato, quando mi è parso di riconoscere qualcuno dall’altro lato della strada. Poi ho sentito un botto e, non ci crederai mai, ho visto arrivare una locomotiva a vapore. Sì, in pieno centro. Si è fermata davanti a me, era come quelle dei western che non mi permettevi mai di guardare. Sei sempre stata una rompipalle! E non fumare, e non bere, non fare questo e non fare quello. Pure il piacere di mangiare mi hai tolto.

È ora che qualcuno te lo dica, cara: non sai cucinare. Il tacchino all’ananas con cicoria fa schifo proprio. Mi pare di sentirti. Certo, che non eri obbligata a spignattare in quanto donna ma, se ci provavo io, friggevo troppo, le porzioni erano grandi, l’insalata non era sciacquata con l’amuchina.

Insomma, ho fatto per salire in carrozza e la locomotiva è partita, ma andava al contrario. La prima stazione aveva un nome insolito: era un numero. Quindi mi sono sporto dal finestrino e ho chiesto al controllore dove fossimo, e lui ha risposto che non era un posto, era un tempo. E allora ho capito: tutte le fermate avevano una data, e così ogni tanto scendevo a guardare.

Ti ho vista partorire Sabrina; eri spettinata, e sembravi un mantice che soffia sul camino. Ho visto noi due il giorno del rogito: ci siamo abbracciati e abbiamo brindato col crodino. Sono sceso anche alla fermata del nostro matrimonio, in quel pomeriggio di luglio che pure da morto ho sentito caldo. Che bella che eri, però. Hai alzato il velo e per un istante hai guardato a sinistra. Chi c’era su quella panca, lì a sinistra? Non lo so, non si è visto, perché il controllore ha fischiato e io sono risalito a bordo. All’ultima stazione c’eravamo noi due al parco, con i gelati alla nocciola, il giorno in cui ti ho conosciuta.

E alla fine sono tornato dov’ero, per strada, con due sacchi della spesa deformati dai cespi di lattuga, e le baguette imbustate nella plastica.

Ora ricordo, ti ho vista, eri lì anche tu, sottobraccio al Bezzi. Dopo quarant’anni, quaranta!

Ho attraversato per dargli un pugno sul naso, e il ventisette mi ha centrato in pieno, altro che locomotiva. A me non mi ha ammazzato l’alcool, e nemmeno le sigarette. Mi hai ammazzato tu, cara, e non provare a pulirti la coscienza, ché tanto non funziona nemmeno lo Smash!

Simona Castanotto

Blam

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