Il racconto del mercoledì: Per una rosa di Giovanni Altavilla
Io lo so che ti ho persa per una rosa. Una rosa che, tra l’altro, era pure di plastica.
Tu invece mi dirai che ti aspettavi un bacio sotto casa, che io non ci ho nemmeno provato, che ti ho abbracciata come un’amica e ognuno per la propria strada.
In realtà, era una mossa difensiva. Di sicuro ti saresti vendicata lì, scansandoti all’ultimo, quando ormai gustavo il successo. Ora puoi anche andare a dire agli altri che non ho le palle, che sono gay, o quello che ti pare, tanto la verità la so solo io e non sarebbe compatibile con i tuoi first world problems.
I tuoi simili non escono prima per prelevare tutti i soldi rimasti della settimana, fino all’ultimo euro. E di sicuro non si fanno scrupoli a prenotare il locale in cui ti ho portata. Loro sì che lo frequentano davvero e non lo guardano dal marciapiede opposto. Poi non dire che non mi sono impegnato.
Però il menù lo conoscevo sul serio, avevo scaricato il pdf da Trip Advisor. Prima di passarti a prendere me lo sono studiato per calcolare le possibili spese (esclusi già i dieci euro di benzina) e segnarci i cibi più costosi con dei teschi. L’importante era farti divertire, ero io a dover pensare ai calcoli.
Avevamo iniziato bene, per fortuna non hai voluto l’antipasto e avevo già un extra da parte per la mancia. Ma è durato fino a quando hai avuto la brillante idea di dire al cameriere «fai tu» per il secondo. Le mani mi erano diventate fredde e le mie statistiche impazzite.
Quello stronzo ovviamente ti ha portato uno dei «teschi», il tomahawk da cinquanta euro al chilo. Te ne ho lasciato il più possibile compensando col pane gratis. Il limite l’ho raggiunto arrivati al tiramisù artigianale. Ma tu sbirciavi le bottiglie di grappa giocherellando col bicchiere vuoto. E allora ho chiesto subito il conto. Ho preferito pagare senza guardare.
Era quasi fatta, stava andando tutto secondo i piani. Se solo avessimo finito dieci minuti prima, lo avremmo evitato e tutto sarebbe andato bene. Io non lo avevo neanche sentito arrivare, avevo visto una rosa spuntare da sotto il mio braccio e sentito un odore inconfondibile di spezie misto a sudore inondarmi.
Poi quel sorriso sdentato e quegli occhi stanchi.
Il mio errore è stato abbassare lo sguardo e ignorarlo, te lo leggevo in volto. Il tuo viso radioso si era spento in delusione quando gli ho fatto «non ho spiccioli» con le dita. Anche lui mi avrà frainteso. Chi non avrebbe? In quel contesto, con quegli abiti, quel cibo. Si è ripreso la rosa probabilmente amareggiato, se non offeso, e se n’è andato assieme al tintinnio delle sue monete.
Se l’ho trattato così, era per difendermi dalla vergogna, che voi due avrete preso per taccagneria. Ma io sono convinto sia stato il destino. Qualcuno voleva che non ci mettessimo insieme. E me lo ha fatto capire nel modo più brutale possibile, facendomi per un attimo essere il più povero del mondo che non si può permettere neanche una rosa di plastica.
Giovanni Altavilla