Il racconto del mercoledì: Parole insignificanti di Enrico Ambrosini

 Il racconto del mercoledì: Parole insignificanti di Enrico Ambrosini

Illustrazione di Lorenzo Rossetto

A a a a. Aah. Accidenti, chiedo venia. Ci metto sempre un po’ a ingranare.

Bando alle ciance, passiamo alle presentazioni.

Come avrete forse intuito dalla mia copertina logora, sono un vecchio libro lasciato a prendere polvere in uno scaffale dimenticato.

Dovrei rassegnarmi ormai, i miei lettori avranno trovato uno strumento alternativo che svolge con maggiore efficienza la mia missione.

E con «missione» intendo il sostantivo femminile con il quale si indica un compito da svolgere fuori dalla sede abituale per incarico di un’autorità, non certo un mandato cristiano di predicazione del Vangelo! Meglio precisare, non si sa mai.

Faccio del mio meglio, devo tenere alta la reputazione dei libri.

Guardate qui: «lì-bro». Sostantivo maschile. Serie di fogli consecutivi stampati o manoscritti, di identica misura, legati tra loro e muniti di copertina.

Ho queste caratteristiche, quindi non ho dubbi sulla mia identità, eppure mi sento diverso.

Io conosco tutte le parole, grazie alle quali potrei raccontare ogni tipo di storia. Allo stesso tempo, trovo difficile focalizzarmi su singole frasi: le parole sono così tante, numerose, copiose, sarebbe un peccato selezionarne solo alcune!

Jack London, il mio vicino, per esempio, è diverso: a prima vista non è altro che uno spinotto a conduttori coassiali figlio della capitale dell’Inghilterra (io, però, preferisco il termine Londra), ma approfondendo la conoscenza, sa narrare storie affascinanti su cani da slitta e grandi pericoli.

Kaputt kayak keniota kalashnikov!

Lasciate perdere questo mio sfogo: certe volte le parole che ho dentro escono senza un perché.

Magari è proprio quello che mi rende diverso: l’incapacità di narrare storie interessanti.

Non so, è un pensiero che mi tormenta da tempo.

Ogni libro che conosco è in grado di narrare storie, io invece so solo esprimere brevi frasi circostanziate infilando con attenzione un lemma dietro l’altro.

Perché non posso essere come loro?

Quanto vorrei che dalle mie parole insignificanti potesse nascere una storia!

Romanzi più limitati dal punto di vista verbale ce l’hanno fatta, perché io no?

Se chiedo ai grandi maestri della letteratura, mi rispondono sempre allo stesso modo.

Trova un modo originale di raccontare qualcosa di condivisibile, qualcosa di… universale!

Universale: «u-ni-ver-sà-le». Dal latino universalis. Aggettivo, singolare. Relativo all’universo fisico… no, non ci siamo!

Vedete come sono? Non riesco a concentrarmi sul filo del discorso, appena scorgo un vocabolo…

Wow, aspettate un attimo: non mi ero mai soffermato su questo lemma. Vocabolario: «vo-ca-bo-là-rio»… mi piace il suono.

Xerofilo, xerofito, xeroftalmia… no! Non devo lasciarmi trascinare dal flusso!

Yes! Voglio dire… sì! Ecco qua, «Vocabolario»! Sono proprio io. Ora che me ne faccio, però? Nessuno vorrà comunque leggere i miei farfugliamenti. Meglio tornare a dormire, ci penserò domani: «Dopotutto, domani è un altro giorno». Per la precisione, è il giorno che segue a quello di oggi.

Zzz.

Enrico Ambrosini

Blam

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