Il racconto del mercoledì: Il nuovo impiegato di Luca G. Manenti
Andò a sedersi al solito posto, dietro la solita scrivania, alla solita ora. Come sempre. Fantoni bofonchiava, Bianchi si grattava, Landini sbadigliava. La stessa, identica solfa di ieri, dell’altro ieri, dei mesi e degli anni scorsi. Ma quel giorno, appollaiato sullo sgabello di fronte, c’era – evento! – il neoassunto. Per la prima volta da quando era entrato in ufficio, osservò il nuovo impiegato. Rimase allibito.
Appollaiato era il termine giusto: si trattava, infatti, di un pollo. Nessuno faceva mostra d’accorgersene, ma era, inequivocabilmente, un pollo: con gli stringinaso sul becco, la cresta rossa e i bargigli fiammeggianti che ondeggiavano avanti e indietro seguendo gli scatti della testa. Batteva furiosamente a macchina, circondato da fiocchi di lanugine e piume sottili che si staccavano dalle ali in continua agitazione, formando un turbinio confuso di batuffoli sfarfallanti. Di colpo, infastidito dalla prolungata attenzione di cui era oggetto, il gallinaceo si bloccò, gonfiò il petto, protese il collo e contraccambiò lo sguardo, serio serio. Dopo una pausa che parve lunghissima, emise un verso secco e stizzito:
«Coccodé!»
«Ehm… buongiorno»
«Cococco coccodé»
«Una pratica… dovrei lavorare a una pratica…»
«Coco coccodé, decocco»
«Sì ha ragione, scusi, è vero… è maleducazione fissare le… le… le…»
«Cocco?»
«… le persone»
All’istante, calò il gelo nella stanza. I colleghi, perfidi, sogghignavano sommessamente. Imbarazzato, cominciò a sudare, non sapendo se muoversi o star fermo. L’uccello, immobile, lo dardeggiava con occhiate minacciose. Torturato dal disagio, compì uno sforzo enorme per alzarsi. Andò alla finestra, l’aprì e spiccò un volo, lasciandosi alle spalle quel mondo meschino e bizzarro.
Luca G. Manenti