Il racconto del mercoledì: Il divano di Mario Greco

 Il racconto del mercoledì: Il divano di Mario Greco

Illustrazione di Fabio Boffelli

Dovrei farmi gli affari miei, lo so, starmene zitta, ma non ci riesco, non ce la faccio più a vedere quest’uomo che se ne sta così, abbandonato come un relitto, su quel divano. Gli dico che deve provare ad alzarsi, che deve uscire un po’, vedere qualche faccia nuova, camminare. Lui dice che non ne ha voglia, che quel divano è così comodo, che ha me che mi prendo cura di lui, e non gli faccio mancare niente. «Se vuoi, ti aumento lo stipendio» mi dice. Non fa mai problemi di soldi, lui. Crede di comprarsi tutto col denaro: la morte in vita, la solitudine estrema, l’autoreclusione.

Io vengo qui soltanto la mattina, faccio le pulizie, gli sistemo il letto, gli cucino. Ho anche la mia famiglia da accudire. Ho un nipotino paraplegico, e ogni tanto, mentre pulisco i vetri, parlo ad alta voce e dico: «C’è chi vorrebbe camminare ma non può farlo, e chi potrebbe e non lo fa». Lui, spaparanzato sul suo divano, mi ascolta e dice: «Ce l’hai con me, per caso, Carolina?». Non so perché continua a chiamarmi Carolina, forse perché sono grassa e gli faccio pensare a una mucca. Io non so mai come chiamarlo. Piacerebbe anche a me prenderlo in giro, chiamarlo Furia per esempio, perché somiglia a un cavallo, con quei dentoni e quella faccia lunga lunga. Della sua vita precedente non so quasi niente, soltanto che era un uomo d’affari, ma non so quali fossero questi affari. Ha una famiglia da qualche parte, una moglie e dei figli. Non ci sono foto per casa. Ha fatto sparire tutto. Il telefono non suona mai e quando suona, lui, il più delle volte, non risponde. È un uomo di mezza età, certamente più giovane di me. Gli piacciono i film western. Sta a guardarli con un sacchettino di tarallucci al finocchio tra le mani. Dice sempre che non mi devo dimenticare di comprarli. Li vuole belli croccanti, appena usciti dal forno. Va matto anche per la pasta e fagioli. Se fosse per lui, la mangerebbe ogni giorno. Mi chiede com’è il tempo. Non ha voglia nemmeno di affacciarsi alla finestra. Eppure c’è un bel parco qui davanti: alberi, uccelli che svolazzano sui rami. A tutto questo preferisce John Wayne. Dice che è felice così, ma non gli credo. Dice che quel divano è comodo anche se è vecchio ed è stato trascinato in giro non sa nemmeno lui per quanti traslochi ed è stato cucito, ricucito, sfoderato e rifoderato da innumerevoli tappezzieri. Il rivestimento che ha adesso è stato scelto quando ancora lui e sua moglie stavano insieme. È pieno di piante esotiche e rami attorcigliati e fiori con bocche fameliche. Sembra un pezzo di giungla. A me non piace. Stona così tanto in questo soggiorno. Ci vorrebbe qualcosa di più sobrio, meno chiassoso. Ma la mia opinione non conta, devo imparare a stare zitta, a farmi gli affari miei, una buona volta.

Mario Greco

Blam

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