Aldo e Fido: un racconto di Fiorella Malchiodi Albedi
Quel giorno, passando davanti alla finestra, avevo visto Aldo fermo sul marciapiede davanti casa. Era con Fido, naturalmente. Stavo per aprire i vetri e chiamarlo, ma poi mi ero fermato. Se ne stava immobile a fissare il mio ingresso, il solito impermeabile spiegazzato buttato sulle spalle. Eravamo rimasti così per un po’, lui che guardava la mia porta e io che guardavo lui.
Io e Aldo siamo sempre stati amici. Anche se un po’ d’invidia, inutile girarci intorno, per lui l’ho sempre provata: bello, intelligente, pure i genitori aveva simpatici, e non se n’è mai dovuto vergognare. Da adolescente era diventato silenzioso, con uno sguardo perso nel nulla in cui le ragazze coglievano una punta di tragedia. E tutte a cercare di consolarlo. Noi ci ingegnavamo a divertirle con le nostre le battute, a volte insulse, a volte sguaiate, e non abbiamo mai capito che farle ridere non era la strategia giusta: per conquistarle dovevi farle piangere. Ma nessuna sembrava riuscisse a confortare Aldo. Finché non ha incontrato Angela, la bella di un paese vicino, e allora all’improvviso basta con la malinconia e l’umore tetro, e quanto era stato radioso, il giorno delle nozze. Ecco che ha gettato la maschera del bel tenebroso, ho pensato. Nel frattempo io avevo sposato Rosanna, la compagna delle elementari, e meglio non fare paragoni. Lui continuava a essermi amico, e io mi sentivo in colpa e ricacciavo in fondo i miei pensieri maligni. Ma si sa, le azioni puoi controllarle, i sentimenti meschini no, con quelli ci nasci e non puoi farci niente.
Non abbiamo avuto figli, Rosanna e io, e già mi aspettavo che la coppia perfetta avrebbe invece prolificato senza problemi. Mi sbagliavo, neanche Aldo e Angela ci riuscirono. Un po’ di equità esisteva a questo mondo, pensai, e anche ad Aldo le cose qualche volta potevano andare storte, mica solo a me. Poi arrivò Fido, uno spinone rossiccio e allampanato; era stato il cane del garagista in fondo al paese, difficile immaginare un padrone peggiore. Di giorno il delinquente lo teneva legato alla catena, mai una passeggiata, una carezza, anzi, quando pensava che nessuno lo vedesse, gli allungava volentieri un calcio. La notte veniva sciolto per la guardia e la bestiola andava avanti e indietro lungo le sbarre del cancello, con la coda tra le gambe, come fanno gli animali nelle gabbie allo zoo. E si metteva d’impegno, a fare il suo mestiere: se qualcuno capitava lì davanti, lui si avvicinava quatto quatto per poi sganasciarsi in un abbaio furibondo che faceva trasalire il passante, con i vicini che si sgolavano in maledizioni dalle finestre aperte. Quel cane a tutti noi faceva una gran pena e in particolare ad Aldo. Un giorno aveva deciso che non ce la faceva più ed era andato a parlarci, con il delinquente.
«Ma Angela che dirà?»
«Lo sa, è d’accordo.»
A noi era sembrato un capriccio ed eravamo rimasti ad aspettare fuori, scettici. Invece lui era tornato con Fido al guinzaglio. Al padrone non era sembrato vero di liberarsi del cane e alla proposta di trenta euro in cambio aveva accettato senza ripensamenti. Fido era rinato, con i nuovi padroni. Aveva subito ripreso peso ed era diventato un cane molto affettuoso, amico di tutti, e mio in particolare: quando lo incontravo non la finivamo più di farci le feste. Anche se la coda non l’ha più rialzata. Li vedevamo passeggiare, Aldo, Angela e Fido, che ora sembravano una famiglia come quelle con i marmocchi. Anzi, a me sembrava più famiglia delle altre. E la vecchia ferita aveva ripreso a sanguinare.
Quando Rosanna mi ha lasciato, gli amici per un po’ hanno continuato a invitarmi. Certo, li vedevo parecchio in imbarazzo: difficile trovare qualcosa da dire a uno che ha scoperto che la moglie lo tradisce da anni. I maschi mi squadravano con sguardi silenziosi, le mogli con occhiate sdolcinate, a volte sussurrandomi paroline nell’orecchio. Una cosa vomitevole. Ma poi si sa come vanno queste cose: le coppie amano frequentarsi tra coppie e uno da solo, specie se maschio e perennemente depresso, è pesante portarselo dietro. Così hanno smesso di cercarmi. Una vera liberazione. Solo Aldo continuava a venirmi a trovare; se ne stava lì senza inventarsi chiacchiere inutili e gli volevo bene per questo. Ha smesso solo quando Angela si è ammalata, un cancraccio che se l’è portata via in due mesi. Gli amici con lui non ci hanno neanche provato e lo hanno mollato subito; io per un po’ ho cercato di stargli accanto, ma si vedeva che non gli ero di nessun conforto. Così ho smesso anch’io. Vedevo lui e Fido, la mattina presto e la sera, andarsene in giro per infinite passeggiate, sempre da soli. Ho creduto che la piaga della mia invidia si fosse rimarginata.
Continuavo a rimuginare, guardandolo da dietro la tenda, finché lui si è scosso, ha fatto gli ultimi tre passi e ha bussato alla porta.
Dopo i convenevoli si è azzittito, continuando a fissare il moscone che ronzava davanti alla finestra e che ogni tanto sbatteva sul vetro con un colpo secco. Era chiaro che doveva dirmi qualcosa.
«Volevo chiederti,» mi ha detto alla fine, «se posso lasciarti Fido. Devo stare fuori per un paio di giorni.»
Mi sono stupito. «Cosa devi fare?»
Lui sfuggiva il mio sguardo. «Questioni notarili.»
Era tanto che non lo vedevo così da vicino. Mi sembrava sempre lo stesso quando lo incontravo, ma ora scoprivo tante piccole rughe che non conoscevo. Però era sempre un bell’uomo. Due giorni per questioni notarili? Non reggeva. Che avesse trovato un’altra? Non c’era da stupirsi, lui lavorava in città e aveva tante occasioni di incontrare coetanee. Io che sono rimasto in paese, ho pensato, con chi potrei rifarmi una vita? L’antica sottile staffilata mi ha colpito a tradimento.
«Nessun problema, te lo tengo.»
«Sei sicuro?»
«Certo!»
«Lo sai che non potrei lasciarlo a nessun altro.»
«Ma sì, non ti preoccupare.»
Quante storie, mi sono detto, per due giorni con Fido. Poi è andato verso la porta. Fido l’ha seguito, pronto a uscire con lui, ma io l’ho richiamato.
«Vieni qui, Fido bello, guarda che ti do.»
Lui è arrivato, fiducioso e scodinzolante, mentre Aldo si chiudeva la porta alle spalle.
Alla fine ho scoperto che Aldo era andato davvero dal notaio, quel giorno. Nel testamento mi ha lasciato una cospicua somma per il mantenimento di Fido. Ora siamo io e lui che ce ne andiamo in giro per passeggiate infinite. Mi sembra si sia adattato a me e tutto sommato è sereno. Anche se quando passiamo davanti alla casa che era stata di Aldo e Angela comincia a tirare, con un uggiolare sommesso che mi spezza il cuore. Ma poi lo coccolo un po’, si calma e piano piano si fa portare via. E riprendiamo a girare, lui, io e la mia cattiva coscienza.
Fiorella Malchiodi Albedi