Ritratti di scrittori: Ugo Foscolo. Chi era? Scoprilo in 5 parole
L’eredità foscoliana ha inciso in modo decisivo sulla nostra tradizione culturale, consegnando alla letteratura una visione profondamente pessimistica della condizione umana derivante da una concezione materialistica della realtà. Secondo lo scrittore, sono due i principi regolatori della vita: il primo, il principio generativo di Venere – racchiuso nel carattere mite e accogliente della madre del poeta, Diamantina – trova riscontro nel valore civilizzatore della poesia; il secondo, il principio guerriero di Marte, rappresentato dall’impulsività e dal carattere passionale del padre Andrea, trova invece manifestazione nell’attività politica di Foscolo che lo renderà esule per tutta la vita.
Ugo Foscolo: chi era lo scrittore in 5 parole
Mito
Le radici che legano Foscolo al mondo classico vanno scovate non tanto nelle correnti estetiche del tempo, come il Neoclassicismo, quanto piuttosto nel fatto che lo scrittore sentiva ancora scorrere nelle proprie vene il sangue di quelle civiltà passate. Greco per parte di madre, Foscolo nacque a Zacinto (oggi Zante), terra dal carattere profondamente mitologico, poiché appartenente alle isole Ionie, dalle cui acque sarebbe nata Venere: la dea, consegnando al mondo le proprie figlie, le tre Grazie, educò con le arti la rudezza degli uomini, dando inizio alla civiltà. Per parte di padre, invece, Foscolo si sentiva erede del mondo romano: secondo alcune notizie non documentabili (ma che lui dava per certe), il capostipite della sua stirpe sarebbe stato un certo Ugo, della nobile gens Aurelia, console romano del V secolo d.C., da cui lo scrittore decise di prendere il nome sostituendolo a quello anagrafico di Niccolò.
Materialismo
Una concezione fortemente materialistica della realtà fa di Foscolo uno tra i primi autori non cristiani in Italia. Per lo scrittore il mondo è regolamentato unicamente da forze fisiche, che obbediscono a precise leggi naturali e che poggiano il loro fondamento sul principio ciclico che alterna vita e morte. Ogni cosa è destinata a perire, e di essa non può che mantenersi vivo nella mente dell’uomo esclusivamente il ricordo. Un ricordo però effimero, perché Foscolo non concepisce alcuna forma di eternità, se non nella fantasia. Da ciò deriva una viscerale sfiducia verso l’esistenza, che si mostra vana nella sua inaccettabile angustia. Una sfiducia, questa, che può trovare sollievo solo nell’illusione di far perpetuare, per qualche tempo, il ricordo di sé tramite l’azione politica, la commemorazione sepolcrale e, prima fra tutte, l’invenzione artistica: «Le nate a vaneggiar menti mortali» scriveva Foscolo nella sua seconda ode, All’amica risanata.
Poesia
Per Foscolo la poesia non può esistere se slegata dall’etica. All’arte viene affidato, infatti, il ruolo di educare alle giuste azioni, secondo il modello degli antichi poeti civilizzatori come Orfeo, che un tempo smosse i sassi con il proprio canto. Ma a spingere l’uomo all’azione morale non è tanto il contenuto della poesia, quanto i valori estetici che essa ispira e grazie ai quali lo spirito tempera i propri impulsi estremi. Bellezza e armonia forniscono l’accesso alla pacificazione dell’animo, bilanciando fra loro le passioni umane. Ma oltre a questa funzione universale di civilizzazione, la poesia assume un importante ruolo di carattere puramente personale: è uno di quegli strumenti, infatti, con i quali Foscolo si ribella alla caducità umana sperando di vincere l’oblio del tempo verso cui tutti sono diretti. Come emerge dal suo capolavoro, il carme Dei sepolcri, è merito dei poeti se le gesta degli antichi eroi sono sopravvissute al tempo.
Azione
Ma c’è qualcosa che agisce in maniera ancor più diretta e concreta sulla realtà: l’azione politica e militare, che deve essere rivolta contro ogni forma di dispotismo. Foscolo si impegnò politicamente a partire dal 1797, a sostegno delle campagne napoleoniche che avevano lo scopo di fondare le cosiddette «Repubbliche sorelle». Ma l’illusione di un’Italia democratica libera da ogni forma di cesarismo crollò miseramente quando Venezia venne ceduta all’Austria come una pedina, a seguito del trattato di Campoformio. Il tragico evento ispirò il celebre incipit delle Ultime lettere di Jacopo Ortis («Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto») e diede origine alla leggenda secondo cui Foscolo avrebbe voluto prendere parte all’incendio di Venezia e darsi poi alla morte, su imitazione del cesaricida Bruto, per non lasciare nulla agli invasori francesi e per affermare con questo gesto estremo la propria libertà.
Gloria
Così come il sepolcro realizza quella che Foscolo chiama «corrispondenza d’amorosi sensi» tra il defunto e i suoi affetti, e così come la poesia può garantire il ricordo dell’autore, anche il risultato dell’azione politica permette una parziale sopravvivenza alla morte. Con le proprie gesta si può raggiungere infatti la gloria, al pari degli eroi antichi. In questo però lo scrittore si discosta drasticamente dalla mentalità classica, in particolare da quella ciceroniana, secondo cui la gloria è automaticamente riflesso di virtù. In un passo dell’Ortis si dice infatti: «La fama degli eroi spetta un quarto alla loro audacia; due quarti alla sorte; e l’altro quarto a’ loro delitti». Chi raggiunge la gloria si è macchiato, quindi, almeno in parte, anche di tremendi delitti, tradendo così ogni principio di virtù. Foscolo demistifica in questo modo il concetto classico di gloria, per riformularlo all’interno di una concezione pessimistica del mondo in cui la ciclica sopraffazione dei più forti sui più deboli rischia di passare sotto le spoglie di atto glorioso.
Ugo Foscolo: i primi libri da leggere per conoscere questo scrittore
- Poesie, Rizzoli, 2010
- Ultime lettere di Jacopo Ortis, Carocci, 2012
- I sepolcri, illustrazioni di Marco Cazzato, il Saggiatore, 2021
- Andrea Pellegrini, Piccole indecenze. Un amore pericoloso di Ugo Foscolo, Castelvecchi, 2022
A cura di Alessandro Pasini