Ritratti di scrittori: Grazia Deledda, chi era? Scoprilo in 5 parole
È stata la prima donna italiana ad aver vinto, nel 1926, il premio Nobel per la letteratura. Grazia Deledda (Nuoro, 28 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936) è, indubbiamente, una scrittrice da riscoprire. Con i suoi libri ha dato vita a storie indimenticabili, intense, quasi ataviche. Ed è proprio grazie ai suoi romanzi che, ancora oggi, lettori di tutte le età nutrono una fascinazione irresistibile verso quella terra magica che è la Sardegna. Non è facile inquadrarla in una corrente letteraria specifica: ancora oggi, i critici sono indecisi. C’è chi pensa al verismo, per l’ambientazione delle sue storie; chi, addirittura, azzarda a una collocazione decadentista. Ma forse, in realtà, è proprio in questa incertezza che sta il punto: Grazia Deledda è stata una fuoriclasse. Per tutti questi motivi, oggi, ve la raccontiamo in 5 parole.
Grazia Deledda: chi era la scrittrice in 5 parole
Sardegna
Terra di nascita, culla di vita, la Sardegna fu un punto di riferimento costante per la scrittrice, sia in prospettiva esistenziale che letteraria. In un’intervista, una volta, disse che era proprio dalla bocca di certi pastori sardi che era riuscita ad apprendere delle verità essenziali: «le grandi verità fondamentali che i primi abitatori della terra dovettero scavare da loro stessi, maestri e scolari a un tempo, al cospetto dei grandiosi arcani della natura e del cuore umano». La Sardegna rappresenta lo scenario di quasi tutte le sue opere, che vengono rivestite di un senso atavico e primordiale. La terra che racconta la Deledda è una terra fuori dal tempo, mitica, in cui sembrano rivivere, per un attimo, i ritmi della colpa e del fato, dei raccolti e del sacrificio. È una terra selvaggia e pura allo stesso tempo, abitata da uomini e donne minimi, spesso contadini, che affrontano le asperità dell’esistenza. In questa Sardegna c’è la tradizione, il senso di religiosità, l’attaccamento ai campi – gli stessi che possono dare e togliere la vita. E c’è un senso di incanto, quasi di magia, che racchiude in se stesso tutto il cuore di una dichiarazione d’amore.
Mito
Nei romanzi di Grazia Deledda, i temi della colpa, della punizione, dell’espiazione, del fato, della vita e della morte sono al centro della narrazione, proprio come nei miti greci o nelle storie bibliche. I personaggi sono tutti, in qualche modo, macchiati da un peccato, da un’infrazione antica, a cui segue inevitabilmente la punizione. È uno scontro continuo tra bene e male, tra vita e morte, tra amore e odio. E a guidare ogni cosa, dall’alto, vi è il fato, il destino inesorabile, che investe gli uomini e li travolge. Sono storie antiche, in un certo senso, capaci di andare al nocciolo di tutte le questioni che riguardano l’uomo. E veicolano un monito: non è mai saggio infrangere i ritmi e i valori arcaici.
Pietas
Non è un caso, allora, che in fondo alle opere della Deledda si scorga il senso della pietas antica. In un mondo macchiato dal peccato, in cui gli uomini sono «fragili come canne», l’unica soluzione sembra racchiudersi nella devozione religiosa: nell’accettazione, consapevole, della fragilità umana, del destino che incombe, e nella resa a Dio, l’unico capace a riscattare l’uomo dal dolore e dalle ingiustizie. È esattamente questo che racconta, per esempio, Elias Portolu, uno dei romanzi più famosi della scrittrice. Il titolo del libro coincide con il nome del protagonista, Elias appunto, che, appena uscito dal carcere, decide di iniziare una nuova vita. Ma le cose non vanno sempre come si vorrebbe, ed Elias si trova ad innamorarsi, inaspettatamente, della cognata Maddalena. È una storia di peccato, di adulterio, che, proprio come nell’Antico Testamento, non può che concludersi con un sacrificio. E l’unico rifugio, arrivati alla fine del libro, si trova proprio in Dio: solo così Elias riesce a trovare il riscatto che aveva sempre cercato.
Lingua
Una delle caratteristiche che rendono Grazia Deledda unica è, sicuramente, la lingua con cui sono scritti i suoi romanzi. Al tempo della scrittrice, l’italiano iniziava a diffondersi da pochissimo: non era patrimonio di tutti, e anche chi lo capiva non era detto che riuscisse a impiegarlo nella scrittura. La Deledda, per di più, veniva dalla Sardegna, una delle poche regioni italiane in cui si parla una lingua considerata tale a tutti gli effetti: il sardo, appunto. I suoi libri, di conseguenza, sono una vera e propria conquista, sudata e faticata a lungo. Sono testi che nascondono un lavoro di limatura e di studio, nonostante riescano a riprodurre con facilità i ritmi della lingua orale. E sono testi bi-lingui, in cui l’italiano si affianca di continuo al sardo, per dare voce a tutti quei termini “intraducibili” che rappresentano il senso di quella cultura popolare: la stessa che, con tanta attenzione, la Deledda ha ritratto.
Donna
È tautologico dirlo: Grazia Deledda era una donna. Eppure, non lo è poi così tanto se si pensa a cosa significhi essere una donna, scrittrice, al tempo in cui lei ha vissuto. Avete mai studiato, a scuola, una scrittrice seicentesca? E una ottocentesca? Forse è ancora meglio chiedere: avete mai studiato una scrittrice, quando eravate al liceo? Ecco, è tutto qui che sta la straordinarietà di questo sostantivo: donna. Grazia Deledda è stata una delle prime a combattere quel sistema patriarcale che aveva visto la preminenza degli scrittori uomini per moltissimo tempo. Aveva studiato da autodidatta, per esempio. Aveva scritto, finché non era stata pubblicata, a tutte le riviste letterarie che conosceva. E alla fine, fu proprio lei la prima donna italiana a ricevere il Nobel. Grazia Deledda dimostrò, con la sua passione, un coraggio straordinario, che forse dai suoi romanzi traspare poco. Certo, era legata alla terra; certo, credeva nei valori tradizionali. Ma era altresì pronta a dimostrare che anche una donna può scrivere, e può farlo bene. La sua storia ci dimostra che anche una donna può avere successo. E che, per una volta, può essere un marito a fare da agente per la moglie, al contrario di quanto avviene di solito.
Grazia Deledda: i libri da leggere per approcciare a questa scrittrice
- Elias Portolu, Roux e Viarengo, 1903 (romanzo)
- Canne al vento, Treves, 1913 (romanzo)
- Marianna Sirca, Treves, 1915 (romanzo)
a cura di Rebecca Molea