Hans Christian Andersen: chi era lo scrittore di fiabe per bambini per eccellenza? Scoprilo in 5 parole
Il 2 aprile 1805 a Odense, sull’isola di Fyn in Danimarca, in una piccola casa gialla dai tetti spioventi, nasce, su di un letto ricavato da un catafalco che aveva sorretto la bara di un conte, Hans Christian Andersen. Fino all’adolescenza vive in un contesto, fatto di povertà e rinunce. Il giovane Hans viene continuamente stimolato alla creatività e all’immaginazione sia dalla famiglia e sia dagli abitanti del luogo, che gli narrano leggende e antiche storie appartenenti alla cultura popolare. È così che si rifugia in un mondo fantastico e non smette di pensare che è destinato a qualcosa di grande, proprio come aveva predetto a sua madre una vecchia fattucchiera: «Un giorno Odense si illuminerà a festa per ricevere tuo figlio». Chi cammina ancora oggi per le strade di Odense e ha la fortuna di visitare la minuscola casa gialla alla quale si accede attraverso un percorso segnalato dalle impronte dei suoi lunghi piedi numero 47, avverte ancora qualcosa di magico: non solo il calore del vivere quotidiano, ma anche lo splendore di una luce creativa che ancora ha da spegnersi.
Hans Christian Andersen: chi era lo scrittore in 5 parole
Ago
Andersen ama l’insolito e l’imperfetto: un salvadanaio, un fiammifero, un ago: da ogni cosa può nascere una storia. La fiaba L’ago da rammendo del 1845 rappresenta la metafora della sua infanzia. Come l’ago anche lui vive in un contesto di povertà e sacrificio. Sa però che è destinato a creare virtuosi ricami con cui incanterà il mondo. Grazie al padre, un umile ciabattino, gode di mille stimoli: costruisce con lui sagome e marionette e lo ascolta ogni sera leggere le fiabe di Lafontaine, le commedie di Holberg e i brani tratti da Le mille e una notte. Attraverso questi momenti di calore familiare, gli unici in cui vede suo padre sorridente e sereno (come rivela nella sua autobiografia, La favola della mia vita), Andersen sviluppa la sua creatività. Con questo racconto vuole dimostrare che ogni persona, se stimolata con l’amore, può sviluppare i suoi talenti e superare amarezze e difficoltà. La storia porta con sé un messaggio universale: ecco perché Andersen non voleva essere considerato uno scrittore solo per ragazzi. Infatti quando viene progettata una statua in suo onore suggerisce che non vengano aggiunte ai suoi piedi figure di bambini.
Sirenetta
La sirenetta non è solo una statua grigia che si erge sinuosa su un masso battuto dalle onde del mar Baltico: è la protagonista di una fiaba scritta nel 1837 e poi divenuta il simbolo di Copenaghen. Questa creatura del mare è bella, ha una voce incantevole ed è la più giovane figlia del re degli Abissi. Nonostante abbia una vita felice, coltiva un desiderio: conoscere gli essere umani. Per inseguire il sogno accetta di lasciare la famiglia e cede la sua voce in cambio delle gambe per poter camminare sulla terra. Paga tuttavia un prezzo altissimo per non essere riuscita a farsi amare da un giovane principe di cui si era innamorata. Con questa storia, Andersen sembra gridare al mondo non solo che vale la pena morire per amore, ma anche che è necessario dare un senso alla propria vita inseguendo un sogno. Lui stesso nutre fin da piccolo un desiderio: affermarsi come artista. Lascia la famiglia a 14 anni e viene introdotto dal tenore italiano Siboni alla Reale scuola di canto e ballo di Copenaghen; qui conosce Jonas Collin, direttore del teatro, che diventa suo mecenate. In questo percorso viene ingiustamente bullizzato per la sua carente formazione scolastica, per la sua sensibilità e fisicità. Come la sirenetta però, Andersen si mette in gioco per realizzare il suo sogno nonostante la sofferenza subita.
Anatroccolo
«Troppo magro» per fare il soprano, «troppo ottuso» per la scuola di Slagelse di grammatica e latino, «troppo alto, il naso troppo lungo, troppo allampanato» per essere semplicemente un uomo. Persino Dickens, per il quale Andersen prova una forte ammirazione e con il quale mantiene un’appassionata corrispondenza, non rinuncia a sottolinearne i suoi limiti e i suoi difetti. L’autore inglese lo ospita nel 1857 nel tempo in cui Andersen con una rendita annuale assegnatagli dal re di Danimarca inizia a viaggiare. Dickens, stanco dei suoi modi stravaganti (piange sconsolato se qualcosa lo ferisce, oppure lascia ovunque ritagli di carta per realizzare sagome e vestiti di personaggi immaginari), appunta nella sua casa del Kent: «H.C. Andersen ha dormito qui per cinque settimane, che alla famiglia Dickens sono sembrate anni!» Come la celeberrima favola di Il brutto anatroccolo (1843), Andersen riesce a comprendere, alla fine della sua vita, di essere addirittura felice perché ha capito che i travagli e i dispiaceri patiti lo hanno reso capace di godere di inaspettate gioie quotidiane: «Ora i grandi cigni nuotavano intorno al nuovo venuto, e gli carezzavano il collo con i loro becchi, porgendogli il benvenuto».
Usignolo
Nel museo di Odense dedicato all’artista si trova una stanza in cui sono esposte lettere e orpelli appartenuti alle persone per cui Andersen aveva provato straordinario affetto. Benché non venisse ricambiato da questi nei sentimenti, conservava comunque tutto. Tra gli oggetti esposti si trova per esempio il calice da cui la donna che tanto aveva amato, la cantante d’opera Jenny Lind detta «l’usignolo svedese», aveva brindato al suo successo, confidandogli allo stesso tempo di considerarlo solo un caro fratello. A lei è dedicata una delle favole più note: L’usignolo, appunto del 1843. L’amore che Hans Christian nutre per Jenny viene raccontato nella fiaba attraverso il canto magico dell’uccello, capace di toccare il cuore degli uomini e curare gli animi affranti salvandoli persino dalla morte. Ma è anche un elogio alla natura che non delude mai e rimane fedele e generosa nel tempo.
Candela
Appena una decina di anni fa a Odense, lo storico Esben Brage fa una scoperta sensazionale: in fondo a una vecchia scatola tra gli archivi nazionali ritrova un piccolo pezzo di carta ingiallita. Si tratta di La candela di sego, una favola inedita di Andersen scritta quando era solo un giovane studente. È la storia di una candela che avverte in cuor suo tanta solitudine perché sa di non appartenere a nessuno. Dall’incontro con una scatola di fiammiferi nasce però una nuova consapevolezza che le permette di capire l’enorme valore che in sé possiede. Benché Andersen non abbia avuto figli e non sia mai riuscito a realizzare il desiderio di un amore duraturo e corrisposto, come la candela ha saputo illuminare il mondo attraverso la sapienza dei suoi racconti. In cambio ha ricevuto una riconoscenza e un amore che durano da secoli. Il 4 agosto del 1875 in una casa chiamata Rolighed («calma», in danese), a seguito di un incidente domestico, Hans Christian Andersen muore. Prima di spegnersi, consapevole dell’enorme affetto dei suoi piccoli lettori, contatta un compositore per impartire queste istruzioni: «La maggior parte delle persone che cammineranno dietro al mio feretro saranno bambini, serve un ritmo adatto ai loro piccoli passi».
Hans Christian Andersen: i primi libri da leggere per conoscere questo scrittore
- La fiaba della mia vita, Donzelli, 2015
- Tutte le fiabe, Newton Compton, 2018
- Le più belle favole di Andersen, Libri di Gulliver, 1984
A cura di Oriana Rodella