Ritratti di scrittori: Francesco Guccini, chi è? Scoprilo in 5 parole
Francesco Guccini, cantautore, scrittore, poeta e attore italiano è una tra le personalità più eclettiche dei nostri tempi. Nasce a Modena il 14 giugno del 1940 e cresce, come recita la sua celebre canzone Addio, «[…] tra i saggi ignoranti di montagna, / che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia»; quando il padre è chiamato alle armi, il giovane Francesco si trasferisce a Pàvana con la madre; a questo luogo e ai ricordi d’infanzia dedica il primo romanzo, Cròniche epafániche, pubblicato nel 1989. Per un certo periodo, è cronista per la «Gazzetta di Modena» ma ben presto si avvicina alla musica, esibendosi come cantante e chitarrista in locali da balera.
Francesco Guccini: chi è il cantautore e scrittore in 5 parole
Musica
Il vero debutto avviene nel 1967 quando la casa discografica Cdg gli propone di partecipare al festival di Sanremo, che apre le porte del successo a un cantautore capace di mettere in musica «parole poeticissime». Giorgio Gaber, negli anni Settanta, decifrando il suo talento nella scrittura, dice di lui: «Bolognesi! Ricordatevi: Sting è molto bravo, però tenetevi il vostro Guccini. Uno che è riuscito a scrivere tredici strofe su una locomotiva, può scrivere davvero di tutto». Il riferimento di Gaber è ovviamente a La locomotiva, la popolare ballata contenuta nell’album Radici, il cui testo trae ispirazione dalla storia vera del macchinista anarchico Pietro Rigosi, che nel 1893 dirottò una locomotiva, rimanendo mutilato e sfigurato nell’impatto tra la motrice e i carri merci in sosta su un binario morto. Guccini coglie i significati simbolici e le ricadute collettive del gesto, sublimandoli in una canzone che è divenuta manifesto della lotta di classe.
Bologna (e dintorni)
Il forte legame che Guccini ha con la propria terra è evidente tanto nelle canzoni quanto nei romanzi. Il successo commerciale per il cantautore arriva con Via Paolo Fabbri 43, brano in cui traccia una mappa sentimentale della città di Bologna a partire dal proprio indirizzo di casa. In Piccola città, Guccini dipinge un affresco, ancora una volta tutto emotivo, della città di Modena, dove nasce e trascorre l’adolescenza: «Piccola città, bastardo posto / Appena nato ti compresi o fu il fato che in tre mesi mi spinse via / Piccola città io ti conosco / Nebbia e fumo non so darvi il profumo del ricordo che cambia in meglio / Ma sono qui nei pensieri le strade di ieri, e tornano / Visi e dolori e stagioni, amori e mattoni che parlano». Queste radici, integralmente appenniniche, sostengono anche il romanzo Non so che viso avesse. Quasi un’autobiografia (Giunti editore, 2020), in cui l’autore prova a dar conto del proprio percorso esistenziale – tra parole, passioni, impegno civile e un instancabile «poetare» – partendo dalla storia di un suo probabile (o improbabile) antenato cinquecentesco, tale Guccino da Montagu’.
Politica
«Però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni» dice Guccini in L’avvelenata, come a voler indicare la dissoluzione di ogni possibile legame tra musica e attivismo. Ciononostante, l’autocoscienza politica dell’autore è manifesta: si definisce socialista liberale; aderisce ai valori della lotta, della libertà, e della lotta per la libertà, in un sogno anarchico mai sopito. Moltissimi sono del resto i riferimenti a fatti e persone di rilevanza politica, storica e civile contenuti nelle canzoni: in Piccola storia ignobile si condanna il bigottismo antiabortista, Canzone per il Che è una dedica a Che Guevara, Piazza Alimonda allude alla morte di Carlo Giuliani al G8 di Genova del 2001, Su in collina è dedicata ai partigiani. Oralità e scrittura sono per Guccini solo due modi di una parola unica, che vuole sempre essere invito a fare, ed essere, comunità.
Scrittura
Il semiologo e musicologo Paolo Jachia definisce con precisione i contorni della riflessione poetico-letteraria di Guccini: «Non sono libri facili, i romanzi di Guccini, anche se, naturalmente, essendo libri profondamente legati al suo modo di raccontare, al suo mondo poetico, anche di primo acchito sono pur sempre libri appassionanti non solo perché imprevedibili nelle soluzioni linguistiche e stilistiche, ma più ancora perché questi romanzi sono profondamente legati tematicamente al nostro passato prossimo di ex contadini e miserabili neo-urbani, legati dunque al tempo antico, e in qualche modo fiabesco, dei nostri genitori e più ancora dei nostri nonni…». Benché sia riduttivo racchiudere Guccini nel perimetro della nuda scrittura, già la varietà di stili e registri dei romanzi dà prova di una destrezza lessicale e linguistica che non è mai fine a sé stessa.
Cinema
Da ultimo, non è meno interessante ripercorrere le vie che intrecciano la biografia dell’autore con il mondo del cinema. Due sue canzoni colorano l’atmosfera crepuscolare del film Nenè diretto da Salvatore Samperi, mentre i brani Eskimo e Canzone di notte n. 2 vengono scelti come colonna sonora di altri film. L’amicizia con Luciano Ligabue e Leonardo Pieraccioni è determinante per la sua partecipazione ai lungometraggi del regista toscano – Ti amo in tutte le lingue del mondo, Una moglie bellissima e Io & Marylin – e al film Radiofreccia, diretto da Ligabue, con il quale firmerà anche il brano Ho ancora la forza, inno alla resilienza e alla forza delle proprie passioni e ideali.
Francesco Guccini: i primi libri da leggere per conoscere questo autore e scrittore
- Canzoni, Bompiani, 2018
- Cròniche epafániche, Mondadori, 2019
- Non so che viso avesse. Quasi un’autobiografia, Giunti editore, 2020
- Tre cene (l’ultima invero è un pranzo), Giunti editore, 2021
A cura di Giusi Chiofalo