Andrea Donaera: lo scrittore di “Io sono la bestia” tra metal, letteratura e terre scandinave. Intervista

 Andrea Donaera: lo scrittore di “Io sono la bestia” tra metal, letteratura e terre scandinave. Intervista

Lui ha l’aria dello scrittore metal, di quelli che sembrano nati con la chitarra elettrica in spalla e la penna fra le mani, è pugliese ma vive a Bologna, e fuma tantissimo. Io sono la bestia, edito da NN Editore a settembre del 2019, è il suo primo romanzo e ha ottenuto un immediato successo di critica e di pubblico, tanto da fargli guadagnare la candidatura al Premio Opera Prima 2020. Lui è tutto questo. Ma soprattutto, è Andrea Donaera. Buona lettura.

 

Cercando informazioni in giro, sono tre gli aspetti di te che mi sono saltati all’occhio: la scrittura (oltre al tuo romanzo d’esordio, anche la poesia), la musica metal (sei contributor della rivista Metalitalia.com) e le serie televisive (hai lavorato per L’OST), dimmi un po’, traccia una linea fra questi tre aspetti e raccontaci chi è Andrea.

Sono cresciuto in un clima culturale (intendo da un punto di vista generazionale, certamente non da quello della provenienza geografica) in cui il concetto di «Opera» ha definitivamente sviluppato un cambiamento: nella maturazione di un proprio gusto estetico e nell’accrescimento del proprio immaginario le opere letterarie hanno lo stesso ruolo della serialità televisiva, così come il cinema, i videogame, e anche la musica, il teatro, e così via. I prodotti culturali hanno cessato di essere ascritti all’interno di farraginose gerarchie novecentesche: una persona nata negli anni Novanta riceve stimoli potentissimi da Breaking Bad, da Kafka, da Lynch, da Final Fantasy, dai Baustelle (nel mio caso i Baustelle no: andrebbero sostituiti con i Sentenced o i Blind Guardian, va be’)… tutto in un unico grande ventaglio di ipotesi comunicative (da qualche parte le chiamano «Narrazioni», anche se oggi è una parola che sembra assumere una fisionomia un po’ cringe, un po’ patetica, tipo «resilienza») che prendono forma su carta, su schermo, sui social, su un palco. Un passaggio epocale, ma che è avvenuto senza frastuono: anche perché la maggior parte delle persone che operano in questi settori sono ancora donne e uomini con i piedi e la testa ben piantati nel secolo precedente. Ma comunque, per quanto riguarda me: sono nato nel 1989 e sono completamente immerso in questo approccio. È per questo che spesso sostengo che i giovani che scrivono dovrebbero farlo pensando ai loro coetanei, sparigliando le carte della letterarietà, scrollandosi di dosso il Novecento, prendendo atto che il 1970 non è «contemporaneo»: è cinquant’anni fa. Personalmente sento tutto come un discorso organico: la poesia, il metal, la serialità televisiva (ho svolto il tirocinio universitario presso il “L’OST”, che è un osservatorio sulle serie tv afferente alla cattedra di Linguistica italiana dell’Università del Salento), i romanzi, il teatro… sono dimensioni che mi permettono di fare, in qualche modo, una «narrazione» (pardon) unica e al contempo frastagliata.

Sei originario della provincia di Lecce e da un po’ ti sei trasferito a Bologna, ma se avessi la possibilità di vivere in qualsiasi posto tu voglia, dove andresti e perché?

Posti freddi e con poca gente, senza dubbio. La mia dannazione più grande è l’aver vissuto in un luogo di mare, turistico. E ora, a Bologna, insomma: non è che da aprile in poi sia freschissima – per non parlare della folla costante che brulica. Mi verrebbe quindi da dirti assolutamente la Scandinavia, o qualche bel paesino sperduto del Midwest statunitense, oppure un bel villaggio nelle campagne irlandesi. Ma in realtà credo che, se proprio potessi scegliere, finirei per voler restare in Italia. In provincia, certamente, in posti pieni di case di pietra e tantissimo verde – adoro le zone dell’aretino, mi innamoro da anni dell’Umbria, trovo molta pace nelle campagne romagnole (quelle zone lontane dalla riviera ovviamente).

Ora la scelgo io la destinazione per te e ti dico che finirai su un’isola deserta, ora, subito, prendi una borsa e mettici l’essenziale; se l’aprissi cosa ci troverei dentro?

Tante – tantissime! – sigarette (e qualche accendino di riserva); quaderni e penne; un bel po’ di libri; alcune fotografie delle persone più care. Nella borsa, purtroppo, non entra la chitarra, ma la porterei con me.

Se ci vediamo a Bologna, in quale locale posso aspettarmi di trovarti (te lo chiedo, così magari ti becco pure!)?

Uno dei posti che frequento di più è “La Confraternita dell’uva”, che è una libreria/wine bar, dove si beve bene, c’è una scelta di libri eccellente, i proprietari sono ragazzi fantastici, si fanno tantissimi eventi culturali: un luogo davvero magico, tanto che oramai è una delle librerie indipendenti più famose d’Italia. Inoltre, di solito se voglio bere un bicchiere vado a “La Taberna del Re Vallot” in via San Vitale o allo “Stomp” in via Mascarella. Per mangiare, invece, all’osteria “Belfiore” o alla pizzeria “La Rustica”. Il caffè con qualcuno lo prendo al “Piccolo e Sublime” di Piazza Verdi, alla caffetteria “Al Salam” di via Centotrecento, oppure a un bar vicino casa mia che non ha nome: ha solo un’insegna rosa con la scritta Bar. Non ho una vita molto «da giovane», infatti tutti questi posti sono decisamente vicini a casa mia!

A bruciapelo, così:

  • Tarantino
  • Truffaut
  • I fratelli Vanzina

… e perché

Tarantino, perché ogni suo film è il tassello di una grande opera che sta ancora scrivendo. Poi l’estetica della violenza che ha messo in piedi è, per me, davvero molto divertente e, a suo modo, affascinante. Senza tralasciare la cosa più superficiale ma forse più importante: considero le sue storie davvero piacevoli da guardare.

La prima cosa che hai fatto lunedì 4 maggio, quando sono entrate in vigore le misure di alleggerimento?

Io e la mia compagna siamo andati ai Giardini Margherita per una lunga passeggiata. Poi siamo andati a comprare un libro e del paté di cime di rapa. È stato bello. Forse indimenticabile. Bologna non sembra avere mai un’aria greve: questo è davvero straordinario.

Io sono la bestia è il titolo del tuo primo romanzo, chi è secondo te “la bestia”, oggi?

Quelli che fino a ieri, con la scusa dell’emergenza sanitaria, si affacciavano alla finestra urlando contro le persone che camminavano. Non si stavano comportando da «cittadini responsabili» (qualcuno se la beve, ‘sta cosa?), poiché in realtà vivevano la mediocre ebbrezza di un tristissimo momento di gloria: essere finalmente migliori, restando a casa meglio degli altri, sparando addosso agli altri con l’arma del cellulare che fotografa e posta e si indigna in capslock. Ecco, la bestia si annida lì, oggi, secondo me.

a cura di Valeria Zangaro

Valeria Zangaro

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