Stradario aggiornato di tutti i miei baci di Daniela Ranieri: una mappa sentimentale tragicomica. Recensione
Tra i dodici romanzi selezionati per il premio Strega 2022, particolare attenzione merita l’ultimo romanzo di Daniela Ranieri, Stradario aggiornato di tutti i miei baci (Ponte alle Grazie, 2021), che non a caso ritroviamo nella cinquina del premio Campiello. Un ironico e dissacrante lungo catalogo – nelle sue quasi settecento pagine – di amori mal riusciti e disguidi assortiti raccontato in maniera magistrale.
Stradario aggiornato di tutti i miei baci: la trama del libro
Costruito come un lungo dialogo interiore in cui la voce narrante guida il lettore attraverso le relazioni amorose della sua vita, Stradario traccia una mappa geografica e mentale che racchiude desideri, paure e traumi infantili di una donna alle prese con l’amore. La protagonista colleziona amanti di ogni età ed estrazione sociale, caratterizzando meticolosamente le loro abitudini, i loro mestieri, con l’intento di dimostrarne, grazie anche alla distanza temporale con cui rilegge il passato, la vanità, l’inconsistenza. Gli uomini incontrati, con l’unica eccezione di A., si rivelano immancabilmente egocentrici, narcisisti, fatui. Il catalogo di vizi e (poche) virtù che Ranieri tratteggia accuratamente, non senza una buona dose di ironia, definisce le caratteristiche comportamentali e psicologiche di ognuno di loro. Così ci si imbatte nell’amante dottore, saccente e incompetente, nell’architetto tirchio, nel filosofo-scrittore che desidera l’adulazione della sua partner come fosse una delle tante fan.
Come una Madama Giovanni, termine con cui Ranieri si riferisce a una Don Giovanni al femminile, la protagonista migra senza sosta da un amore all’altro, spinta dalla fame, dal bisogno di sentirsi amata o concupita, dalla necessità di colmare un vuoto emotivo di cui è lucidamente consapevole.
«Semplicemente, la persona che era mio padre a un certo punto è sparita, e la mia vita è cresciuta attorno a quel buco, come fanno certi alberi che hanno i tronchi scavati da catastrofe, fulmine, fungo o parassita; come certe ali d’uccello che mostrano linee di crescita attorno a una spezzatura. Ci sono cresciuta intorno, a quel buco (ancora: come una casa attorno a un cratere), a quel non tornarmi a casa di qualcuno che prima c’era ed era importante».
Incompatibilità con il mondo
Il termine incompatibilità, non a caso titolo di uno dei primi capitoli più indicativi del romanzo, racchiude e sintetizza un concetto chiave di Stradario. La protagonista sperimenta un’incompatibilità perpetua, intima, con il mondo che la circonda, i suoi rumori, alcuni odori e molti dei suoi abitanti. Le nevrosi della protagonista si concretizzano nella mancanza, fisica ma anche emotiva, di presa sul mondo: «Mi cadono gli oggetti dalle mani. Se tento di infilare una spina nella presa elettrica, non entra».
Si delinea da subito una corrispondenza continua tra il corpo, la fisicità ostile espressa nell’ipocondria, nell’ansia, nel controllo della salute – a tal proposito sono sublimi le arringhe verso la classe medica, descritta come incompetente, sbrigativa, inefficace – e la psicologia. L’incompatibilità con il mondo si esprime nelle relazioni amorose, che si avviano con entusiasmo a volte eccessivo, quasi forzato, ma che si arenano rapidamente davanti all’inconciliabilità caratteriale, di modi, con l’altro sesso.
«Sono incompatibile col funzionamento delle cose, ecco tutto, come un sistema operativo che non gira su un computer troppo vecchio o troppo nuovo».
Una mappa geografica, sentimentale e mentale
La mappa di Daniela Ranieri è tridimensionale: geografica (Roma e i quartieri in cui gli amori sbocciano e si sviluppano), mentale (il rapporto con le cose, con il corpo) e sentimentale. Roma – «una città post-nucleare», «una spugna imbevuta del sangue di migliaia di cristi, soldati, combattenti» – è descritta come città inefficiente, rumorosa, caotica e degradata, ulteriore fonte di frustrazioni e ansie per la protagonista. Per contrasto emerge la Sicilia e l’Etna, il silenzio e la staticità, i ritmi lenti della terra in cui si rifugia con A. La corrispondenza tra i luoghi fisici e l’anima si rende chiara nel capitolo intitolato proprio Stradario o in Il sangue di Roma.
«Cado in una specie di frustrazione penosa a mostrare ad A. la radice, la matrice topografica della mia ansia. Gli indico le pensiline sotto cui ho aspettato bus che mi sembrano essere passati solo pochi minuti prima: come li avessi attesi anni, invecchiando con lo zaino di scuola sulle spalle».
I capitoli in cui Ranieri racconta le proprie disavventure amorose, con piglio ironico, dissacrante, talvolta feroce, si alternano a passaggi lirici, dissertazioni intime e autentiche.
Gli amori si dispiegano attraverso i baci dati per strada, ma rappresentano essi stessi strade, sentieri di vita e di possibilità. Proprio come i profumi sono in grado di svelare l’uomo e creare corrispondenze inedite tra le cose, così i baci sono portali per la conoscenza dell’animo umano.
«L’anima ce la teniamo stretta: i corpi combaciano, tutt’al più si penetrano, ma le anime restano sigillate, e così ce ne andiamo dal mondo: come barattoli che non si sono mai aperti. L’anima è nei baci, in certi baci: si travasa coi baci; i nostri baci sono profondi: l’anima è oro che l’altro, minatore di laringe, suscita nella bocca: con la lingua ci imbocchiamo della nostra anima».
La scrittura di Daniela Ranieri in Stradario
Le quasi settecento pagine di Stradario non deluderanno i lettori incuriositi dalla scrittura complessa, labirintica, tragica e al contempo comica di Ranieri. La scrittrice impiega tempo e si prende il tempo necessario per dischiudere il mondo interiore della protagonista al lettore, che ne è così lentamente avvinto e travolto, come se si immergesse in un mondo psichico estraneo, in cui alla fine ritrovare sé stesso. Non si contano le citazioni al mondo classico – la mitologia greca, i rimandi all’Iliade, a Sofocle, Erodoto, sono il background culturale della scrittrice e fonte di partenza per le molte riflessioni filosofiche – ma l’ancoraggio alla modernità è saldo e non mancano disquisizioni sui tempi moderni, sul Covid, insaporite da una buona dose di cinismo.
Ranieri realizza l’autobiografia di una donna sconosciuta che non per forza le corrisponde, e in effetti nei ringraziamenti finali la stessa autrice gioca con questa ambiguità citando Italo Svevo che in merito a La coscienza di Zeno scrisse: «È un’autobiografia, ma non la mia».
a cura di Silvia Ognibene
(@silviabookolica)