Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa di Michela Marzano: #MeToo. Recensione

 Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa di Michela Marzano: #MeToo. Recensione

Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa di Michela Marzano (Rizzoli, 2023) è un libro che si pone a metà tra il romanzo e il reportage su uno dei temi più caldi dei nostri tempi: il consenso, la libertà nel rapporto sessuale. Il profilo della protagonista Anna, una giornalista, rende possibile incastonare la ricostruzione di vicende e processi legati all’abuso nella trama della sua vita, che si fa esile e quasi sparisce, schiacciata dalle informazioni, dai nomi, da chi l’ha preceduta o contrastata nella ricerca di una verità.

Come dice il titolo stesso, è una storia di mancate riparazioni, di abusi piccoli e grandi, fisici e mentali. Il racconto di una vittima inconsapevole che si risveglia a un tratto e prova a tracciare i confini del benessere e del rispetto di sé.

Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa di Michela Marzano: la trama del libro

Anna è una donna che insegna in un master di Giornalismo e lavora in radio. È una giornalista bilingue che ha scelto di vivere in Francia, probabilmente per allontanarsi dalla famiglia d’origine, da un passato in cui non ha saputo farsi rispettare. Per ricominciare. Ma la vita sa essere testarda e ti ripropone le stesse prove, ti rifila la stessa lezione finché non ti fermi, finché non la impari. E così Anna ripercorre la sua vita sentimentale, fatta di vergogna e poco rispetto di sé, di uomini che non l’hanno capita, che hanno preteso. Anna è tormentata una domanda: «Ma come fanno, le altre, a farsi sempre rispettare?».

Allora si ferma Anna e riflette, ripercorre con gli studenti e le studentesse della sua classe la vicenda del #metoo, pone loro delle domande scomode. E fuori dall’aula continua a interrogare sé stessa sulle zone grigie del rapporto con l’altro, sulla sessualità, sul corpo.

Dove è la ragione? Dove la colpa?

«Funziona così: puoi morirci, dentro la verità, finché non diventa una notizia».

I punti di maggior interesse del romanzo sono due: il primo è l’attenzione che l’autrice pone al mondo dei media e al racconto che questi tessono intorno a vicende che avrebbero bisogno di un’indagine continua, di un dialogo ininterrotto per ricostruire le sfumature. Non si ha tempo, ci vogliono le etichette. E le etichette non fanno un pensiero, non aiutano a costruirlo.

Il secondo aspetto interessante è la continuità che Michela Marzano traccia tra l’infanzia e l’età adulta: non è solo una continuità causale (chi ha subito abusi nell’infanzia o adolescenza, ne sarà segnato), ma anche una continuità esistenziale data dal fatto che il sesso riguarda il corpo, come tanti giochi fatti da piccoli, e può essere gioco ma un gioco che perde i confini. E allora si torna a sentimenti antichi, di inadeguatezza, anche da adulti: la vergogna, il senso di colpa, la sensazione di non potersi rifiutar per non deludere l’altro. Ogni pagina del libro ci pone, insistente, una domanda: dove finisce il consenso? Fino a quando ci si può tirare indietro? Che obblighi abbiamo una volta che abbiamo acconsentito all’intimità?

La scrittura di Michela Marzano in Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa

«Dicono: hai detto di no?

Dicono: quali prove hai?

Dicono: ti sei opposta?

Dicono: dove sono i segni?».

La prosa della Marzano è una prosa chiara, scorrevole e coerente con il taglio di un libro che prova a fare chiarezza su alcune questioni oscure e dolenti. È come se la protagonista, per placare il groviglio di sensazioni e pensieri e fragilità e sicurezze che pure ha, si mettesse a raccontare a bassa voce, per avere – innanzitutto di fronte a sé – i pezzi di un discorso che forse intero non sarà mai. Ma la scrittura, come l’analisi a cui si sottopone la protagonista, è un processo. E bisogna andare fino in fondo, non scendere prima che il viaggio finisca, non arrendersi al silenzio come può aver fatto chi ci ha preceduto.

«Allora ho raccolto tutto il coraggio che avevo dentro e le he ho fatto io una domanda: “Mamma, ma cos’è successo alla nonna quand’era bambina e viveva ancora a Parigi?”. E lei candidamente: “Ah, non lo so, non le ho mai più chiesto nulla. Ci stava male, perché avrei dovuto toccare l’argomento?”».

 

A cura di Sara Benedetti

Blam

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