Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone: lettera d’amore alla madre adottiva. Recensione
Tra i candidati al Premio Strega 2021, Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone (pubblicato da Ponte alle Grazie) si fa notare per l’originalità espressiva. Un non-romanzo poetico, una lunga lettera d’amore che la scrittrice dedica alla madre adottiva.
Splendi come vita: la trama del libro di di Maria Grazia Calandrone
La prima pagina di Splendi come vita riporta l’articolo tratto da un quotidiano datato 10 luglio 1965 nel quale si racconta la vicenda di Maria Grazia, bambina di 8 mesi, abbandonata dalla madre nel parco di Villa Borghese. Dopo il gesto disperato, la madre decise di togliersi la vita annegandosi nel Tevere e il padre la seguì nello stesso tragico destino. Maria Grazia venne dapprima affidata alle balie del brefotrofio di Villa Pamphili, poi felicemente adottata dai coniugi Calandrone. Il racconto di Maria Grazie parte dal momento in cui, a soli quattro anni, la madre le racconta della sua adozione. La “caduta nel Disamore”, – così viene chiamata dalla protagonista – corrisponde al momento in cui tra lei e la madre adottiva si insinua una sottile distanza che, giorno dopo giorno, le allontana. Equivoci, accuse e sgarbi si sommano tra loro a definire un distacco incomprensibile, nato da una colpa mai compiuta.
“Sono figlia di Lucia, bruna Mamma biologica, suicida nelle acque del Tevere quando io avevo otto mesi e lei appariva da ventinove anni nel teatro umano.
Sono figlia di Consolazione, bionda Madre elettiva, da me fragorosamente delusa.”
Un romanzo autobiografico, intimo
Il carattere fortemente autobiografico del testo, la narrazione volutamente oscura in cui i dettagli non vengono mai del tutto resi noti al lettore, fanno spesso percepire “Splendi come vita” come un romanzo scritto per sé, ripiegato su di sé. Chi scrive osserva e rilegge il passato con il distacco dell’età adulta, che consente di percepire la madre non più solo come tale ma anche come donna, e di perdonarle le mancanze, gli errori, con quella indulgenza di cui solo i figli sono capaci. Eppure, nonostante l’intimità del testo, il lettore vi si immedesima, rivedendo le difficoltà e le incomprensioni che caratterizzano tutti i rapporti genitoriali.
“Mamma che scoppia a ridere in mezzo alla strada perché faccio la caricatura di lei che cammina tutta impettita. Mamma che ogni sera mi fa tenere il diario della giornata e io che invento il mondo per farla felice.”
La scrittura poetica e originale
Splendi come vita procede per immagini, come se la narratrice possedesse un cono di luce con il quale inquadrare, sul palco di un teatro, brevissimi frammenti di vita. I capitoli, a volte composti da poche righe, procedono rapidamente, tratteggiando il quadretto famigliare e i suoi cambiamenti nel tempo.
Narrato in prima persona, il romanzo della Calandrone sembra generarsi da una poesia dell’autrice. Gli a capo inattesi, gli spazi bianchi tra i capoversi, il linguaggio volutamente lirico, sospeso e oscuro, rendono il testo un “non” romanzo più simile a una lunga lettera poetica.
“Col tempo, la notizia scavò un solco oceanico nel mistero affettivo di Madre, tra lei e l’amore che portavo. Che non ha visto mai più. Ma io ero fatta tutta di quell’amore, non avevo altro.
Fu così che smise di vedermi.
Fu così che iniziò a perseguitarmi.
Fu così che, infine, divenne cieca.
E fu così che smisi di dipingere
quadri che non poteva più vedere
e tentai la poesia.”
a cura di Silvia Ognibene
@silviabookolica