Quagliare di Biagio Bagini: il mondo visto da un punto di osservazione inedito. Recensione
“Un libro di voli bassi e di uccelli che camminano, di pensieri che sfuggono agli spari dei cacciatori. Becchettando tra ricordi, gabbie di canarini e boscaglie” così recita il sottotitolo di Quagliare, piccolo volume che Biagio Bagini dedica ai “volatili secondo lui”, recentemente pubblicato dalla casa editrice Digressioni.
Una narrazione che cambia direzione, come il pensiero dei volatili
Quagliare è una narrazione che cambia continuamente direzione proprio come farebbe il pensiero di una quaglia, incapace di fissarsi su un singolo concetto. Bagini parte da un presupposto semplice quanto illuminante: i volatili sono in moto continuo, spesso frenetico, uno sbattere di ali che non si sa bene dove porti. Probabilmente, dice lo scrittore, se potessero scrivere un diario della loro giornata non sarebbe dissimile a questa forma di narrazione. Ed è così che Bagini proietta lo sguardo del lettore su un punto di vista inedito e inesplorato: quello dei canarini, allevati dal padre nella grande voliera in garage, o delle quaglie, vittime della foga di un cacciatore.
Quagliare di Biagio Bagini: di cosa parla il libro
Il testo è suddiviso in capitoli segnalati con titoli in grassetto, maiuscolo o italico per distinguere tre linee narrative che a volte si intersecano: la storia del grottesco cacciatore volutamente denigrato, i riferimenti autobiografici all’infanzia dell’autore e alla passione per i canarini, e una serie di excursus sulle abitudini degli uccelli che si conclude in un breve racconto sulle quaglie Q1 e Q2. Ponendosi al livello dei simpatici volatili ritratti da Bagini, inferiore come statura ma non certo come capacità di adattamento, il lettore non può che riconoscere la meschinità dell’uomo, ribattezzato “Sapiens sapiens“, che sembra invece arrancare tristemente nella strada dell’evoluzione. Mentre il Sapiens crede di innalzarsi a razza dominatrice e sterminatrice, viene beffato dalla vivacità arguta del mondo animale, in una sorta di ultima rivincita.
“Saranno pure uccelli che volano tanto per volare, ma quando si tratta di cantare sanno sempre il perché e il per come. E allora l’uomo, che è testone almeno quanto il mulo, quelli che stavano muti li ha messi ad arrostire; altri li ha trasformati in produttori di uova per frittate, ma quelli che se ne fregavano di tutto e hanno continuato a cantare li ha tenuti in gabbia per almeno un miliardo di generazioni. […]. Pur di sentirli cantare si è messo in ogni posizione, ed è ancora lì che cerca di imparare”.
L’ironia con cui si affrontano tematiche importanti
La scrittura di Bagini, caratterizzata da una sottile ed elegante ironia, consente all’autore di affrontare, con solo apparente leggerezza, tematiche importanti come la caccia e gli allevamenti intensivi. Le riflessioni, riportate come in un diario personale, nascono dall’osservare con tenerezza il mondo degli animali, ritratti nelle loro abitudini istintive, così apparentemente semplici ma invariate nei millenni. Tutti gli animali si muovono disordinatamente nel libro con direzioni varie, eppure non possiamo che immaginare che questo moto frenetico abbia sempre avuto, e sempre avrà, una sua logica innata.
“Invece quello che non riesce proprio a scacciare è la malattia di sparare. È un morbo che ha preso l’uomo quando era già grande, e sembrava immune. Probabilmente covava dentro, da ere. Forse era l’invidia per i vulcani, capaci con pochi botti di far rumore, fumo e tanta distruzione.”
a cura di Silvia Ognibene
@silviabookolica