“O d’amarti o morire” di Francesca Guercio: la morte “ironica” in una cantafavola tra prosa e teatro. Recensione
L’esordio di Francesca Guercio può definirsi scoppiettante: tra le ultime uscite editoriali il suo “O d’amarti o morire”, pubblicato dalla casa editrice Polidoro, non passa di certo inosservato per originalità e freschezza.
O d’amarti o morire di Francesca Guercio: la trama del libro
Questo libro inizia dalle conclusioni, dall’ultimo capitolo della vita della protagonista che decide di suicidarsi teatralmente gettandosi nel vuoto del Grand Canyon, durante un viaggio organizzato. I motivi che la spingono al gesto insano verranno svelati nel corso del racconto successivo perché, proprio dalla sua morte, inizia la vera vita. Incredibilmente la protagonista si risveglia dallo schianto ritrovandosi seduta in auto a fianco del suo amante, personaggio alquanto bizzarro e sopra le righe. Lui, di cui non conosceremo mai il nome, è affetto da una forma pericolosa di narcisismo che lo rende incurante delle proprie azioni a discapito delle sue numerose amanti. Va e viene dalle loro vite baldanzoso e sicuro del proprio legame con la moglie e il figlio. Il genere di uomo da cui si dovrebbe scappare a gambe levate e che invece tiene agganciato a sé, perfino dopo la morte, la fragile protagonista.
“A sentirlo parlare mi sale la stizza per non essere riuscita a liberarmi di questo impiastro nemmeno con un salto nel Grand Canyon e d’improvviso tutto mi pare soltanto un’enorme fregatura: ho deciso di suicidarmi per sottrarmi alla pena di essere innamorata di lui e cosa mi tocca? Il monopolio oltre tempo massimo!”
Una moderna cantafavola, tra poesia e monologo interiore
Il romanzo si sviluppa come una moderna cantafavola, alternando la poesia al monologo interiore della protagonista che, con pungente ironia, fa esperienza di ciò di cui desiderava liberarsi tramite il suicidio. Osservando la vita di lui dalla giusta distanza, la protagonista sarà in grado di risolvere i problemi che da viva non aveva mai affrontato. Ben presto si accorgerà che, nonostante il suo stato immateriale, è in grado di intervenire con gesti reali nella vita dell’amante, in una serie di sketch divertentissimi che rappresentano una sorta di piccola rivalsa verso quell’uomo insopportabile. “Non sono mai stata tanto viva come da quando sono morta” giunge a pensare, perché il viaggio nell’aldilà le consente finalmente una riflessione matura e adulta sulle relazioni disfunzionali e nocive.
“La morte dunque, così come la vita, s’attraversa un po’ come l’amore, la politica, le spiegazioni in coreano dei telefoni cellulari acquistati on-line che ti ritrovi a usare come fermacarte o le arringhe degli avvocati: senza capirci niente.”
Il tono irriverente e sarcastico di Francesca Guercio
Nelle note finali, Francesca Guercio ringrazia la madre per averle insegnato a “raccontare la sfiga usando il sarcasmo” ed è proprio vero. Lo stile della scrittrice, a dispetto della tematica affrontata, non è mai angosciante e opprimente, anzi irriverente e spesso sarcastico. Il lettore aggiunge, allo sguardo via via più consapevole e maturo della protagonista, le proprie riflessioni amare e quella nota di tristezza che riguarda l’epilogo della vicenda. Ne emerge un romanzo brillante e surreale, di certo costruito con originalità.
“Anche il suicidio non è stato un atto sincero. Altrimenti sarebbe riuscito. La mia ricerca non riguardava la morte e perciò non l’ho trovata.”
a cura si Silvia Ognibene
@silviabookolica