L’esercizio: recensione del libro di Claudia Petrucci. Scrivere la vita degli altri

 L’esercizio: recensione del libro di Claudia Petrucci. Scrivere la vita degli altri

L’esercizio: la trama del libro di Claudia Petrucci

Giorgia e Filippo sono una coppia apparentemente normale: lei lavora in un supermercato, lui gestisce il bar di famiglia. Si destreggiano fra bollette, affitto, aspirazioni mancate. Sperano in un futuro più roseo, intimamente consapevoli che questo, forse, non arriverà mai. L’equilibrio che li regge si basa su continue omissioni e travestimenti: Giorgia nasconde un malessere che la rode interiormente; Filippo schiva volutamente l’argomento. Entrambi alimentano la finzione, giorno dopo giorno, di una realtà accettabile e soddisfacente, sperando di rimandare il momento del crollo. Ma la bolla in cui vivono scoppierà ben presto, dando voce a tutte quelle tensioni sotterranee che minacciavano la distruzione.

Avevamo costruito insieme la nostra versione di realtà e la tenevamo in piedi in due, con enorme sforzo.

Tutto accade quando Giorgia incontra casualmente Mauro, il suo vecchio insegnante di teatro. Con lui riemerge un passato fino a quel momento rimasto nascosto: gli anni passati sul palcoscenico. Mauro le propone di ricominciare; lei si mostra incerta, ma, dopo l’incoraggiamento del proprio fidanzato, decidere di accettare.

Inizia, così, una vita diversa: ora il tempo è scandito dalle prove, dagli incontri di vecchi amici, dall’entusiasmo verso ciò che potrebbe accadere. Filippo resta travolto da questa nuova Giorgia, si chiede se la conosca davvero, se non gli abbia nascosto dell’altro. Le cose iniziano a prendere un nuovo equilibrio – forse finalmente tutto andrà per il verso giusto. Ma, arrivati al giorno della prima, accade l’irreparabile: Giorgia tenta di buttarsi da una finestra, convinta di poter volare. È rimasta intrappolata nel personaggio che avrebbe dovuto interpretare e pare essersi smarrita nei meandri del proprio io.

Quando Filippo rivede Mauro sono passate delle settimane: Giorgia è stata portata in una clinica e non dà alcun segno di miglioramento; le macerie della loro vita ormai distrutta sono dappertutto. L’idea dell’esercizio nasce quasi casualmente, quando tutto ormai sembra essere perduto – come un ultimo tentativo di risanare la realtà. Si tratta, in fondo, solo di ripercorrere i propri ricordi, prendere appunti, costruire e ricostruire la Giorgia che hanno conosciuto – e così, forse, riportarla alla luce.

Il potere della rappresentazione

 Credere di conoscere qualcuno tanto a fondo da poterlo ricucire insieme, tuttavia, è un’idea assolutamente pericolosa. Quanto è reale, infatti, ciò che ci è stato mostrato? Quanto, invece, proviene dalla nostra interpretazione? Ma, soprattutto: è giusto provare a imporre la nostra versione del mondo agli altri, quando questi ultimi si trovano in una posizione di debolezza e sudditanza assoluta?

È esattamente su queste domande che indaga Claudia Petrucci, con uno sguardo lucido e disincantato. Tra le righe di questo romanzo la lezione pirandelliana viene recuperata e riplasmata nella maniera più brutale possibile: non c’è spazio per l’umorismo; tutto è piuttosto macchiato dalla consapevolezza di qualcosa di diabolico che si sta muovendo tra le pieghe dei protagonisti e delle loro vicende. È un mondo, proprio come nel teatro, popolato da ruoli e personaggi – quelli che ci siamo calati addosso per costruire una versione migliore di noi; quelli a cui ci ha ridotto lo sguardo altrui:

Ogni relazione è un gioco di interpretazione: si recita il proprio ruolo fino all’ultimo atto.

Una tragedia contemporanea

 Capitolo dopo capitolo – o, meglio ancora: atto dopo atto – si dipana così una vera e propria tragedia contemporanea che racconta il dramma della perdita della propria identità. A esserne vittima non è solo Giorgia, ormai semplice interprete della parte che le viene di volta in volta affidata, ma anche Filippo e Mauro, schiavi del proprio egoismo e di un’inarrestabile volontà di dominio.

Come in preda a una follia delirante, i personaggi di questo romanzo si aggirano pericolosamente sull’orlo del precipizio. Li seguiamo col fiato sospeso, sospinti dalla stessa furia rovinosa che alimenta il racconto, spettatori impotenti di un incubo perfettamente plausibile. Aggiriamo, insieme a loro, il confine sottile che separa la realtà dalla finzione, l’amore dall’egoismo. E, pagina dopo pagina, scopriamo quanto può essere spaventoso e terribile essere umani.

L’esercizio è una storia che ci lascia spiazzati, proprio come fanno i grandi romanzi. Ci scopre nei nostri lati più crudeli e meschini, sollevando l’abito etico che siamo soliti indossare. Ma, soprattutto, racconta magistralmente la più grande ambizione che percorre ogni essere umano: quella di riuscire a essere Dio – e giocare, così, col destino.

Rebecca Molea

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Rebecca Molea

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