Le cose di Benni di Gianmarco Perale: ossessione e amore in un esordio sperimentale riuscito. Recensione

 Le cose di Benni di Gianmarco Perale: ossessione e amore in un esordio sperimentale riuscito. Recensione

Se vi state chiedendo quale forma ha l’amore tossico, immaginatelo come una bolla di fumo, magari di sigaretta: nocivo, pungente, asfissiante, da togliere il respiro. Fumo che fa male, ma che fa stare bene. Fumo che inebria, tira su, ma ancora una volta toglie il respiro.

Immaginatela, questa bolla, aleggiare sulla vostra testa: sfiora le spalle con il rischio di scoppiare, accarezza la guancia proprio quando è lì lì per deflagrare come una bomba. Sì, perché una bolla di fumo, quando si apre, fa più rumore di un esplosivo. Dà più dolore di un petardo che si sfoga nella tua mano. Senza pensarci. Senza preoccuparsi.

Le cose di Benni di Gianmarco Perale: la trama del libro

Già autore di Rivista Blam e finalista ai premi Severino Cesari, PremioPOP 2021 e Flaiano, Gianmarco Perale esordisce per Rizzoli con Le cose di Benni, un page-turner letterario che definiremmo un trattato, interamente dialogico, di un amore maniacale velato dal filtro di un’amicizia che sfocia nell’ossessione di un rapporto a due.

Davide (Anche detto Drago o Dudi) e Benni sono due ragazzi ventenni, amici dall’infanzia. Hanno vissuto tutte le fasi della loro crescita insieme. Da amici, apparentemente, da amanti velati, forse.

In poco più di 200 pagine di dialoghi tra persone, Gianmarco Perale costruisce un quadro sociale che tocca (piano) tanti lati oscuri delle relazioni umane: amore, fiducia, malattia, amicizia.

Un’amicizia che fila sino a quando Davide non scopre che Benni sta male per qualcosa. Ed è qui che tutto si ingarbuglia: Davide vuole aiutare Benni, vuole capire il suo malessere e costruisce un mondo parallelo che getta dentro, senza il loro consenso, amici, genitori, pseudo-fidanzati, psicologi, cani. Tutti in un calderone per cercare la soluzione alle cose che assillano Benni.

Ma è qui che, la ricerca alla soluzione di un disturbo psicologico altrui diventa il pretesto per il disvelamento di un amore tossico, endogeno, che assilla Davide e che, forse, non è corrisposto.

Ossessione e malattia riflessa

La genialità di questo romanzo sta tutto nelle cose dette, ma non spiegate. Scritte e intese.

Perale non parla mai di depressione o disturbo comportamentale, ma li lascia ben intendere. Perale non parla mai di amore, ma lo lascia ben comprendere. Perale non parla mai di ossessione, ma si finisce per capire profondamente il disagio di quello che può essere anche un disturbo psico-patologico.

E la delicatezza narrativa, la discrezione sta tutta nelle parole. Si porta alla luce anche un argomento spesso bistrattato: la depressione riflessa. Non sta male solo chi è affetto da depressione, ma spesso ci si dimentica di chi è accanto a questa gente che, ingannata dal sentimento nei confronti del “disturbato”, si getta in una sfida d’aiuto che non porta a nessuna soluzione, se non all’autodistruzione. Non è Davide che può aiutare Benni, ma cerca di farlo, e quando non arriva a una soluzione si frustra, prova sensi di colpa, si strugge. Quando tutti lo distolgono dal seguire Benni, lui va controcorrente. Più lei si allontana, più il suo mondo torna prepotente nella vita di Davide. Più lui si avvicina, più la soluzione è lontana. In un gioco al massacro psicologico che non salverà nessuno.

Intenzionalmente o no, Gianmarco Perale è riuscito a ispirarsi a un’opera molto chiacchierata e discussa, Persone normali di Sally Rooney. Tant’è che la vicinanza di argomenti (amore ossessivo e amicizia velata) e tecnica narrativa (show don’t tell) le abbiamo interpretate come lo svelamento di un omaggio alla Rooney.

La tecnica narrativa di Le cose di Benni

Ciò che sorprende di questo esordio narrativo è la cura certosina e la tecnica narrativa che Perale (la scuola è quella di Walter Siti) ha utilizzato. Dialogo, puramente dialogo. Intervallato da brevi descrizioni di spazio, tempo e personaggi, ma solo se serve, nelle giuste dosi. E il merito sta proprio nella scelta narrativa effettuata: le battute sono credibili, ritmate, audaci, sorprendenti. Un testo agilmente declinabile in una trasposizione teatrale.

Il potere dei silenzi

 In questo libro, quello che colpisce – oltre alla straordinaria capacità di Perale di stendere dei dialoghi sinceri e d’impatto­ come già detto ­– sono i silenzi tra una battuta e un’altra. Spesso presenti e sottolineati con la semplice parola “silenzio” ripetuta con alta frequenza. Tant’è che all’inizio può risultare disturbante, forse pesante. Come un amore tossico, d’altronde: fa male, diventa una droga e non se ne può fare a meno. Ed è lì che il canovaccio di Le cose di Benni si stende su un un’unica traccia fiume che scorre a intermittenze, quelle pause mute e laconiche che sono lo specchio della vita. Ed è tra una parola e l’altra, tra una battuta e l’altra, che c’è la vita onesta, del cuore, quella sentita che esiste, tra un respiro e l’altro. Quella vita che non ci fa parlare, dunque, solo emettendo suoni, ma semplicemente guardandoci e facendo silenzio.

a cura di Antonella Dilorenzo

 

 

Antonella Dilorenzo

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