La ricamatrice di Winchester: recensione del libro di Tracy Chevalier

 La ricamatrice di Winchester: recensione del libro di Tracy Chevalier

Sono trascorsi vent’anni dalla pubblicazione del suo più grande successo La ragazza con l’orecchino di Perla e Tracy Chevalier, maestra del romanzo storico, ancora una volta ci delizia con una storia ambientata nell’Inghilterra degli anni ‘30.

La ricamatrice di Winchester: la trama

Winchester, 1932. Violet Speedwell ha 38 anni, vive con la madre rimasta vedova e si definisce con amarezza una zitella. D’altronde, dopo le ingenti perdite umane determinate dalla Grande Guerra, la popolazione femminile inglese in età da marito supera di gran lunga quella maschile, e le donne rimaste nubili e con scarse probabilità di convolare a nozze vengono definite Donne in eccedenza, scartate dalla società e poco considerate. Il loro destino è quello di prendersi cura dei genitori anziani privandosi di ogni libertà o di pesare sulla famiglia di fratelli e sorelle sposate. Ma Violet non accetta le convenzioni sociali e decide, inizialmente con timore e ingenuità, di raggiungere la propria indipendenza. Dalle scelte di vita che nascono grazie alla caparbietà e al coraggio di Violet, si dipana un sapiente intreccio che coinvolge altre donne molto diverse: Gilda, Doroty e Maureen, appartenenti alla storica congregazione delle ricamatrici di Winchester e impegnate nella realizzazione dei preziosi cuscini per la preghiera, ancora oggi in uso nella Cattedrale durante le funzioni religiose. Tutto è destinato a cambiare repentinamente e in modo inaspettato per Violet come se, una volta imboccata la strada della libertà, i pregiudizi e le chiusure mentali di un’epoca possono abbattersi in un solo gesto perché “a volte basta un filo per cambiare la trama.”

Il femminismo: un libro che ci ricorda le libertà ottenuta dalle donne

Alle vicende di Violet fa da sfondo un affresco interessante riguardante i rapporti sociali e la condizione femminile nell’Europa degli anni ’30. Le donne che non erano in grado di trovare protezione nel matrimonio venivano più o meno apertamente disprezzate; ogni loro gesto di autonomia giudicato come inopportuno; le loro relazioni amicali o sentimentali valutate aspramente. Sebbene in Inghilterra già dal 1918 le donne avessero conquistato il diritto di voto, l’interesse verso la politica, la propensione a esprimere un’opinione e a schierarsi non venivano visti di buon occhio. Attraverso l’imbarazzo, la vergogna e i pericoli in cui incorre Violet – sfidando i pregiudizi del sistema sociale -, ci ricordiamo di tutto ciò che le donne moderne hanno e di cui possono liberamente disporre, delle lotte che le hanno precedute e che adesso permettono loro di esprimere un voto, un’opinione, di vivere un amore. In una parola: essere libere.

“Ma è questo che ci si aspetta da noi donne, no? Dobbiamo dare, dare, e aiutare gli altri, qualunque sia il nostro stato d’animo. È stancante e ingrato, a volte. Vorrei poter fare come te, salire sulla torre e per un’ora non pensare ad altro che il suono delle campane che vibra dentro di me.”

La scrittura e i rimandi storici

Su tutto il racconto aleggia l’ombra della guerra, di quella finita da poco e che si vuole dimenticare a tutti i costi, e di quella che verrà attraverso la minaccia non ancora compresa di Hitler. I riferimenti storici e geografici, sapientemente distribuiti dalla scrittrice lungo il romanzo, rendono la lettura interessante ma al contempo sempre leggera e piacevole. Il lettore non avverte mai di trovarsi fuori dalla storia e ne segue l’intreccio con un ritmo incalzante e costante, senza bruschi cambi di direzione o tempi morti. Manca forse un’introspezione più complessa nei personaggi, ma risulta ben delineato il percorso di cambiamento che Violet compirà nel corso della storia, da ingenua e timorosa a donna lucida e pragmatica, inaspettatamente coraggiosa e padrona di sé.
Tracy Chevalier ci consegna una lettura piacevole, capace di intrattenere senza eccessivi turbamenti, con un tempo di narrazione uniforme e leggero.

Silvia Ognibene

Silvia Ognibene

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