La misura del tempo, un libro di Gianrico Carofiglio. Recensione
La misura del tempo di Gianrico Carofiglio edito da Einaudi, candidato al Premio Strega 2020, è un legal-thriller barese che quasi costringe tutti, dai trentenni agli over sessanta, a chiedersi: sono diventata la persona che speravo di diventare?
La misura del tempo: la trama del libro di Gianrico Carofiglio
Per l’avvocato Guido Guerrieri la giornata si preannuncia come una delle tante altre giornate di lavoro, con i suoi riti abituali e il senso di noia che ne deriva. Ma quando gli viene riferito il cognome del nuovo cliente che si presenterà in studio nel pomeriggio, Guerrieri è turbato. È vero, aveva conosciuto una certa Delle Foglie in una primavera lontana, ventisette anni prima, quando le spalline imbottite erano di moda e nelle tasche dei jeans si esibiva un’orchestra di gettoni; ma gli sembra improbabile e assurdo che la nuova cliente possa essere lei. Qualcuno potrebbe banalmente chiamarlo caso, ma sta di fatto che la donna che si presenta nello studio di Guerrieri – bisognosa di aiuto per tirar fuori dal carcere suo figlio Iacopo, accusato di omicidio – , è proprio lei, Lorenza Delle Foglie. Rivedendola, l’avvocato realizza rapidamente – tanto quanto ci mette a fare due conti e a sincerarsi di non essere il padre di Iacopo – che quel grigio e spento fantasma è ormai solo la brutta copia della magnetica donna conosciuta nel 1987, e ciò rovescia radicalmente il ricordo che aveva di lei. Idealizzata fino a divenire un personaggio quasi mitico, Lorenza si rivela agli occhi di Guido per quella che è davvero: una donna che di successi ne ha avuti pochi, che non somiglia molto a quella che, ventisette anni prima, raccontava di voler diventare. E lui, Guerrieri? Era un neolaureato quando la conobbe, non del tutto certo di voler fare l’avvocato, con altre ambizioni, forse troppo entusiaste per il mondo degli adulti.
Così, tra tiri al sacco, capatine notturne in libreria, ricordi di quella turbolenta relazione e dibattimenti nell’aula di tribunale, Guerrieri proverà a far assolvere Iacopo per quell’omicidio avvenuto in circostanze così casuali che sembrano escludere la sua innocenza.
Il Guerrieri che è in noi
Oltre a essere conquistati dalla trama coinvolgente, sono due gli elementi che rendono la lettura di questo libro piacevole dall’inizio alla fine, facendo passare per “leggeri” anche i tecnicismi da giurista.
Il primo è la narrazione limpida, fatta di immagini che coinvolgono il senso dell’udito, del gusto, dell’olfatto e del tatto: il rumore delle onde dal lungomare, della pioggerellina che “metteva quasi allegria”, delle pagine dei libri sfogliati in una libreria aperta di notte, il sapore di mare dei piatti pugliesi, l’odore acre di sigaretta, il tessuto ruvido del sacco da boxe.
Il secondo elemento è, ovviamente, il protagonista stesso. L’avvocato Guerrieri non siamo altro che noi con la toga: noi lettori e oratori che, ogni due per te, buttiamo lì una citazione o un fattarello letto, ascoltato, chissà dove, da chi. Noi che soffriamo di inquietudine notturna e ci ritroviamo svegli alle due e venti del mattino a leggere articoli dai titoli astrusi. Guerrieri parla al suo sacco da boxe come noi parliamo al nostro animale domestico, o alla nostra matita preferita, ponendole dubbi, questioni e attendendo una risposta, fino a sfociare quasi nel patologico, diremmo.
Guerrieri è, essenzialmente, un buono: pensa e ripensa a come dire di no a qualcuno e poi, alla fine, inevitabilmente dice di sì. È un personaggio ironico e autoironico, ma guai a dargli del vecchio; si perde in lunghe divagazioni pur di rimandare qualcosa che deve fare; ammette di essere banale, a volte, e di pensare troppo. Guerrieri è come noi quando riflette su questo tempo che corre, veloce eppure indolente, e che si ripete e sembra non sorprenderci più, ma sa che è ancora possibile lasciarsi stupire: “Mi piacerebbe tanto, se capitasse di nuovo. Forse potrebbe essere proprio lo stupore – se fossimo capaci di impararlo – l’antidoto al tempo che accelera in questo modo insopportabile”.
a cura di Giulia Mariottini