La memoria e la paura di perderla sono al centro di “La donna dal cappotto verde” di Edith Bruck, appena ripubblicato da La nave di Teseo

Appena ripubblicato da La nave di Teseo, La donna dal cappotto verde di Edith Bruck è un racconto di memoria e dolore, sullo sfondo della Shoah. Nel 2021, l’autrice italo-ungherese ha vinto il premio Strega giovani e il premio Viareggio per il libro autobiografico Il pane perduto, incentrato sulla sua esperienza nel campo di concentramento di Auschwitz.
La donna dal cappotto verde di Edith Bruck: la trama del libro
Protagonista del racconto è Lea, alter ego dell’autrice, che vive nella sua casa romana insieme al marito Dario. I due, ormai anziani, conducono una vita ordinaria, fatta di piccoli rituali e abitudini. Un giorno, mentre è in panetteria a comprare il pane, Lea viene fermata da una donna che indossa un cappotto verde di tweed. Questa la chiama per nome, la riconosce, e poi fugge via; per Lea, quello sarà l’inizio di un’ossessione che l’accompagnerà per diverso tempo. Chi è la donna dal cappotto verde? Lea non ha dubbi: è qualcuno che ha conosciuto ad Auschwitz, da bambina. Forse la kapò che la derideva, dopo averla separata da sua madre, o la polacca spia dei nazisti? Nonostante le resistenze di Dario, Lea non riesce a dimenticare quella donna. Recupera il suo indirizzo, si reca a casa sua, ma ad accoglierla c’è un’anziana, una donna molto diversa da quella che Lea s’aspettava. La donna col cappotto verde le propone di acquistare la sua casa, al centro di Roma, a un prezzo che diventa sempre più basso di minuto in minuto, fino a scendere allo zero.
Dopo quello strano incontro, mentre lei e Dario aspettano l’inizio di Annozero di Michele Santoro, Lea ha un malore, forse un infarto, o un ictus; viene portata di corsa in ospedale, in cui trascorre una settimana d’oblio. Basta il suo accento straniero, l’età avanzata, a far sì che il personale sanitario la tratti con sufficienza. A deriderla c’è anche un’infermiera che «le risponde un po’ sillabando anche lei le parole come per imitarla o farsi capire dalla straniera malata, o anche un po’ suonata?».
La paura di dimenticare
Ciò che Lea teme di più, durante il suo ricovero in ospedale, è che le venga strappata via la memoria. Non riuscire più a ricordare è il suo grande cruccio, fin dalle prime pagine del romanzo. È per questo che Lea ha deciso di scrivere un libro con protagonista una donna smemorata. Un’idea «che la perseguita», perché «per una volta, almeno sulla carta, nella finzione, potrà vivere libera dalla memoria inventando un incidente, una malattia, qualsiasi cosa».
La memoria e la sua perdita è una costante di questo romanzo: c’è Dario, che ormai non ne ha più molta; c’è quella della donna col cappotto verde, che la ricorda benissimo, come fa a ricordarla così bene? E come fa lei, d’altro canto, a non ricordarsi assolutamente di lei? L’affastellarsi di ricordi, di avvenimenti reali, o immaginati, avvolge completamente, accompagna, tende la mano. La capacità narrativa di Edith Bruck è così grande, che ci ritroviamo ad avere paura insieme a Lea: che si dimentichi tutto, che non riesca a scoprire la verità – quale verità? –, che la donna col cappotto verde non si riveli mai.
La scrittura di Edith Bruck in La donna dal cappotto verde
La prosa di Edith Bruck è poetica ed evocativa. Ci si trova, inevitabilmente, a sentire tutto ciò che sente Lea, e forse anche di più: a differenza sua, avvertiamo il dispiacere, il disagio, di qualcosa che non capiamo – che probabilmente non capiremo mai –, ma che Edith Bruck riesce a far riemergere con nitidezza dalla sua memoria.
A cura di Martina Renna