La combattente di Stefania Nardini: un naufragio nel dolore. Recensione
“Perché una morte arriva a innescare un vortice inarrestabile di sofferenza?” si chiede Angelita, una giornalista che oltre a dover superare il lutto del marito si ritrova a dover frugare in un passato rivoltoso e sofferente. Stefania Nardini, giornalista per Il Messaggero e Il Mattino, è tornata con un nuovo e struggente libro, pubblicato da Edizioni E/O.
La combattente di Stefania Nardini: la trama del libro
Quando Fabrizio muore, Angelita è lacerata dal dolore. Da un giorno all’altro, rimane sola nella casa vuota con la gatta come unica compagnia. Nel suo mondo, dove ormai tutto è azzerato, asettico, privo di odori, voci, suoni, avviene una scoperta: c’è qualcosa che Fabrizio ha taciuto per anni, qualcosa che è riaffiorato nel presente tramite un fascio di lettere e una pistola. Angelita vuole andare a fondo, perché un amore così grande non può permettersi di lasciare delle nebulose dietro di sé. Eppure, lo sa che è rischioso: ora è lei che rischia di affondare nel torbido.
“Sono una superstite, è vero. Ma non una naufraga. E porto con me un’unica certezza. Se è vero che la felicità è una cosa semplice, l’infelicità appartiene alle storie”.
Dopo una serie di telefonate, treni presi al volo, incontri con professori anziani e amici di vecchia data, Angelita riesce a ricostruire la storia che si nascondeva nel muro della cantina. Le vicende degli anni di piombo, le colpe e le verità scomode legate ai gruppi terroristici di estrema sinistra si intrecciano ai ricordi personali. Un barlume di speranza appare alla fine, a conti fatti con il passato.
Il lutto
Anche dopo anni di malattia, nessuno è mai davvero pronto alla morte. Arriva e travolge chi trova sulla propria strada. Angelita è distrutta dopo aver perso il marito, un giornalista con il quale ha trascorso la propria vita. Ma per scoprire il segreto che si cela nel passato di Fabrizio, l’energia è necessaria.
“Viaggiare nell’autodistruzione di un altro richiede lucidità. Perché l’autodistruzione è una linea sottile, quasi impercettibile, che si annida nella zona estrema del dolore”.
Angelita è una combattente: mollare non è da lei. Avvolta in un bozzolo di fragilità, con un mondo interiore lacerato e confuso, la protagonista appare agguerrita agli occhi del lettore, che non può non provare dell’ammirazione per quella donna agguerrita che non ha paura di scavare nel passato.
Gli anni ‘70 taciuti
Sono anni rivoltosi, di fuoco, di diritti gridati nelle strade. Sono gli anni dei molotov, dei sogni e degli ideali, delle fughe per sfuggire a un mondo ormai vecchio. Fabrizio li vive sulla propria pelle, li porta con sé senza mai pronunciarli ad alta voce. I gloriosi anni ‘70 gli lasciano l’amaro in bocca: un amore consumato velocemente e poi perso all’improvviso, e una figlia scambiata in nome dell’ideologia.
“Ed eccoci qua a raccontarci gli anni ‘70 come dei reduci o in attesa di un’amnistia che chiuderà questo capitolo”.
a cura di Maria Ducoli