Il colibrì di Sandro Veronesi: un libro sull’imprevedibilità della vita e la potenza del tempo. Recensione

 Il colibrì di Sandro Veronesi: un libro sull’imprevedibilità della vita e la potenza del tempo. Recensione

Quello che state per leggere non è un panegirico a questo romanzo (anche se in fondo avremmo voluto farlo), ma un’analisi ragionata di un libro che concorre a essere uno dei libri migliori della letteratura italiana. Tant’è che Il colibrì di Sandro Veronesi edito da La Nave di Teseo è in lizza per il Premio Strega 2020 fra i dodici candidati prescelti.

 Il colibrì: la trama del libro di Sandro Veronesi

Marco Carrera è un uomo comune, un medico oculista con una figlia, Adele, e una moglie, Marina. La sua è una vita tormentata, dove il tormento può essere eluso restando fermo e facendo sì che gli eventi sfiorino la vita piano senza mai toccarla. Soprannominato “colibrì” da sua madre per via della sua bellezza infantile in contrapposizione alla piccolezza del corpo – Marco è di bassa statura, non cresce –, si porterà questa etichetta morale per tutta la vita. E proprio come un colibrì batte le ali forsennatamente restando fermo e facendo una fatica immane per vivere. Nella sua vita ci sono molti dolori: una separazione matrimoniale, un amore mai raggiunto, perdite familiari molto forti; ma anche tanta vita che si concretizza in Mirajin, una bambina definita “l’uomo del futuro” e il divertimento nel gioco d’azzardo mai diventato patologico e condiviso con Duccio, uno dei suoi migliori amici della giovinezza.

Il colibrì: il puzzle della nostra vita

Il colibrì è un viaggio dell’anima doloroso che tocca tutti i fili scoperti della nostra coscienza, della nostra vita, di tutte le nostre età: anagrafiche o intime che siano.
Se dovessimo restituirvi con un’immagine questo romanzo, lo faremmo con un puzzle da mille pezzi, uno di quelli che cerchi di mettere in ordine con meticolosità incastrando ogni pezzo, e dove la ricerca di ognuno può essere faticosa e anche sbagliata, per certi versi. E rimani lì, a cercare l’incastro perfetto a confrontare l’immagine completa della scatola con quella che tu stai costruendo, come se la rappresentazione stampata fosse la vita ideale e quella reale fosse qualcosa da costruire in una modalità ragionata, ma a tratti istintiva. La ricerca di un pezzo del puzzle non è sempre razionale, a volte ci si può far prendere dall’uggia di un qualcosa che non potrà mai finire. E quando è concluso? Lo vediamo dall’alto con soddisfazione, ma il gioco è già finito.

La struttura narrativa de Il colibrì: al di là del solito romanzo

Il colibrì è un romanzo sperimentale. Non è la prima volta che uno scrittore destruttura una trama sorpassando il concetto della narrazione cronologica. Certo, non è la prima volta, ma questo libro è capace di farlo passando da un tempo all’altro, da un’età all’altra mantenendo sempre vivo e ordinato lo scorrere degli eventi. E lo fa senza annoiare con una metodica sperimentale che passa attraverso l’utilizzo di tutti i mezzi di comunicazione possibili e applicabili all’evoluzione storica in corso. Ed è così che una volta leggeremo delle lettere, altre volte delle mail, altre volte ci sarà uno scambio di sms e altre volte lunghe o brevi telefonate.

Marco Carrera è il burattinaio della sua vita: muove personaggi, fatti, emozioni a seconda della verità che vuole restituire. E se l’impressione è quella di un attore fermo in balia degli eventi, come un William Stoner che si lascia sopraffare quasi dalla storia della sua vita, qui Carrera ce lo fa credere per tutto il romanzo in modo furbo, ma poi c’è un coup de théâtre che nel giro di qualche secondo, ci fa ricredere su tutto. Forse.

La psicologia dei personaggi

Veronesi scopre, velo dopo velo, la psicologia dei personaggi. Ogni accortezza gestuale, ogni parola detta e anche non detta, traccia un identikit psicologico di ogni attore di questa storia.
E nonostante Giacomo non proferisca parola nel rispondere alle mail di suo fratello Marco, il lettore riesce a creare un costrutto mentale che scava nell’intimo della sua personalità cercando di giustificare o no il suo comportamento. Questo lo si fa anche con Luisa (amore storico del protagonista), ragionando sul perché di un atteggiamento distante e illusorio. Difficile capire la psicologia di Marco Carrera che si lascia investire, ogni volta, dal mondo fuori la sua testa non chiedendosi forse cosa vuole davvero lui. Ma non è vittimismo questo, è semplicemente uno degli infiniti modi di vivere la vita. L’unico aspetto certo è che spesso, casualmente, ci si ritrova a ripercorrere il destino dei genitori e a segnare e a chiudere il cerchio della vita come tutti, prima di noi, hanno fatto.

Il concetto di amore

Interessante il concetto d’amore affrontato da Veronesi. Nessuno si strugge di quell’amore ideale di cui si incensano le coppie. Qui è tutto diverso, estremamente normale. Come la fotografia di una vita reale, quella che non vogliamo vedere perché è più facile credere al sentimento alla Romeo e Giulietta e sognare. La storia d’amore che ci porteremo dalla prima all’ultima pagina di questo libro è quella di Marco e Luisa. Il racconto di un’attrazione folle, dove la follia non si concretizza nelle uscite di testa, qui si va oltre: ci si innamora di parole scritte e di missive scambiate, di smarrimento e riscoperta di un’emozione, di un voto di castità che li terrà uniti più che mai.

“Trentanove anni lui, trentadue lei, furono capaci di dormire nello stesso letto senza abbandonarsi a ciò che entrambi desideravano da anni, senza baciarsi, senza accarezzarsi, senza nemmeno toccarsi, senza fare proprio nulla. Due deficienti.”

E poi c’è quell’amore che ha come mantra il “nonostante tutto”. Quello tra Letizia e Probo, i genitori di Marco, ad esempio. Possono passare tempeste, lutti, suicidi, malattie, tradimenti, ma nonostante tutto si è presenti. Se parliamo di spettro amoroso e non di amore in sé, diremmo che Letizia e Probo sono lì, non al centro del cerchio, ma comunque nei margini di un attaccamento che non sembra, eppure sa di amore.

“Ma niente: loro due restavano insieme, la famiglia non si smembrava, e il nodo sempre più lento non si scioglieva”.

 Il colibrì: tutto e niente

Potremmo scrivere pagine e pagine su questo libro che, in un concentrato di parole, è tutto. È la storia dell’uomo, della sorprendente intimità maschile e del suo lato femminile; è il senso dei legami emotivi, è la storia della nostra Nazione che scorre dietro gli eventi di un solo uomo: Marco Carrera; è la vita passata, presente e quella che verrà; è l’essenza della vita in sé e del motivo della morte; è la concretezza e l’effimerità dell’amore; la banalità di tutto e l’importanza del niente. E se c’è una cosa da cui non si può prescindere, quello è il tempo. Fa di noi quello che vuole: ci mangia, ci rincorre, ci aspetta, ci dilania. A volte è contro di noi, a volte ci accompagna. Ma lui è lì: più grande di Marco Carrera, più grande di ogni uomo.

a cura di Antonella Dilorenzo

 

 

 

Antonella Dilorenzo

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