Il capo di Francesco Pacifico: la storia (vera) di un abuso nella società della performance. Recensione
Lo scrittore romano Francesco Pacifico ritorna sulla scena editoriale con Il capo (Mondadori, 2023), un libro, a tratti grottesco, che lascia profondamente inquieti per il fatto che le vicende narrate sono la rielaborazione di una storia realmente accaduta: quella di Gaia Spinola (nome fittizio) e del rapporto con il suo capo. Una storia mai raccontata, che l’autore ascolta, in una singolare notte d’estate del 2020, direttamente dalla vittima. Pacifico, fondatore della rivista online «Il Tascabile» e traduttore di autorevoli scrittori stranieri, ha spesso affrontato nei suoi romanzi (come Class e Storia della mia purezza, Mondadori) temi cruciali della contemporaneità: il mondo del lavoro e l’universo dei rapporti umani con i loro equilibri e le loro, spesso crudeli, dinamiche di gruppo.
Il capo di Francesco Pacifico: la trama del libro
Il capo è la storia di un abuso professionale, mai denunciato, ai danni di una giovane impiegata, Gaia, dipendente presso la «Fondazione», una grossa realtà no profit con sede a Roma, che si occupa di progetti pedagogici. Tutto ha inizio quando la giovane viene invitata a una misteriosa «settimana di team building» nel Sud Tirolo: l’occasione perfetta per guadagnarsi una promozione e ottenere la lead su un nuovo progetto per il quale si sente la candidata favorita. Un invito a stretto giro di cui Gaia, come le è stato raccomandato dal capo, non deve fare parola con nessuno.
Ma una volta arrivata nello sfarzoso resort di montagna arroccato sulle valli alpine, ad accoglierla non ci sono né il capo né i suoi colleghi. Lo chalet a lei destinato è peraltro occupato da un’altra persona, i cui vestiti e oggetti personali sono inconfondibilmente maschili. Gaia pensa a un malinteso, o forse a uno dei soliti «giochini mentali» del capo, per metterla alla prova al di fuori della sua zona di comfort. Nessuno in quel posto può – o vuole – darle informazioni sulla fantomatica riunione di lavoro per cui si trova lì, e neanche il capo risponde alle sue chiamate. In questa «situazione impropria» che insospettisce e angoscia Gaia, il primo volto noto a comparirle è quello di Marco, il Ragioniere della Fondazione. È lui il misterioso coinquilino dello chalet ed è lui l’amante del capo che, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe dalle prime pagine, è una donna. In poco tempo Marco e Gaia instaurano un rapporto di confidenze e di apparente complicità che, confessione dopo confessione, darà una piega inaspettata e surreale al corso degli eventi.
Gaia e la capa
«Dalla prospettiva del capo, il mondo degli umani è un caos che qualcuno deve pur organizzare. Coperti dal pretesto della giusta battaglia, anche il presidente della ong e il direttore editoriale moralista si abbandonano ai loro istinti crudeli. Quando mobbizzano una dipendente troppo brava non è per far quadrare i conti, ma perché godono a schiacciare le persone».
La storia narrata da Pacifico è, innanzitutto, una riflessione sui meccanismi del potere esercitato su luoghi di lavoro iper competitivi. Luoghi che «smaterializzano» il lavoro, i soldi e i rapporti umani, e in cui il ceto medio tenta il proprio riscatto sociale soggiacendo a manipolazione, mobbing e micro aggressioni psicologiche. Ma al centro della storia c’è anche la dinamica fra due donne, Gaia e la capa. Un rapporto caratterizzato da sentimenti ambivalenti e contrastanti che Gaia tenta di spiegare e spiegarsi, per comprendere fino in fondo quale è stato il suo ruolo nel precipitare dei fatti che hanno cambiato la sua vita e in che modo porvi rimedio.
Persone e personaggi
Fra i personaggi che, oltre alle due protagoniste, orbitano intorno alle vicende principali, ci sono: l’impiegato Lupini, il “democristiano”, subdolo doppiogiochista, disposto a tutto pur di ottenere un briciolo di gratificazione da parte del capo; Giulia, l’unica collega di cui Gaia si fida, entrata in Fondazione per raccomandazione e che per questo motivo non teme di perdere il proprio posto di lavoro; il Ragioniere, che pur di non perdere il suo ruolo di amante del capo è sceso a qualunque compromesso; Calla, la fidanzata di Gaia che gira corti post porno, emancipata e sicura di sé ma che viene tenuta all’oscuro di tutto; il manager evasivo del resort, e la vecchina che dalle finestre della struttura scruta Gaia e la guarda torva sin da quando ha messo piede in quel luogo. In ognuno di loro c’è qualcosa di noto, che abbiamo imparato a conoscere, che siamo o siamo stati, da cui siamo fuggiti.
La scrittura di Francesco Pacifico in Il capo
Una narrazione tesa che tiene sospeso il lettore fino alle ultime pagine del libro. L’autore ricostruisce, tra presente e passato, le sconcertanti vicende vissute da Gaia così come gli sono state da riferite durante quella prima passeggiata notturna per le strade di Roma Est, nei successivi incontri al tavolo di un bar e infine attraverso registrazioni e conversazioni in chat. Il capo è un romanzo la cui stesura è durata quasi due anni, durante i quali l’autore ha fatto sua la storia di Gaia tanto da voler denunciare le torture psicologiche che possono nascondersi dietro le gerarchie di potere, affinché queste condotte, spesso normalizzate, «non continuino a vagare in attesa di una punizione».
A cura di Clara Frasca