I punti in cui scavare: una raccolta di racconti di Flavio Ignelzi. Recensione

 I punti in cui scavare: una raccolta di racconti di Flavio Ignelzi. Recensione

I punti in cui scavare è una raccolta di diciassette racconti dell’autore partenopeo Flavio Ignelzi edito da Alessandro Polidoro Editore a novembre del 2019. Questo libro racchiude il meglio della sua produzione letteraria breve apparsa su riviste come Verde, L’Indiscreto, Squadernauti, Spaghetti Writers, Cadillac e Crapula Club, oltre ad alcuni inediti. Lo scorso 11 luglio è stato anche vincitore della seconda edizione del Premio Wojtek.

I punti in cui scavare: tre racconti per darvi un assaggio

Di seguito abbiamo scelto di parlarvi di tre storie che, a nostro avviso, descrivono al meglio questa raccolta.

Tot Erras Via

In Tot Erras Via una donna è in una stanza d’albergo, con i lacrimoni agli occhi. Quello avrebbe dovuto rappresentare il weekend romantico, a lungo atteso, da trascorrere con il suo amante che, neppure arrivato, è dovuto subito ripartire dopo aver ricevuto la chiamata di sua moglie: emergenza famigliare. La donna potrebbe starsene per il resto del fine settimana in quell’hotel. Del resto, è tutto spesato, anche la cena romantica che i due avevano previsto di trascorrere insieme. E invece no, decide che non vuole stare lì, che è meglio tornare a casa prima possibile, continuare a crogiolarsi nel pianto e nella frustrazione, nel suo letto, fra le sue mura. È sull’autostrada, se si sbriga ce la fa ad arrivare prima che faccia buio, e invece poi il bisogno fisiologico ha la meglio. Eppure, lì non pare esserci un’uscita, una piazzola; poi un cartello dall’altra parte della strada la avvisa della presenza di una tavola calda. Dovrebbe solo trovare il modo di fare inversione. Vorrebbe non dover fare quella manovra, e non perché sia da ritiro della patente, è che così le sembra di tornare indietro, verso un weekend e una storia che invece vuole lasciarsi alle spalle. Alla fine fa inversione e si immette nel parcheggio del locale. Va in bagno, esce, va al bancone, ordina a una signora col grembiule un caffè, così, per educazione. Fa quello che deve e poi esce. Fuori è già buio e quando va per ripercorrere la strada che ha fatto poco prima, si accorge che c’è un guardrail nuovo di zecca a separare le due corsie per chilometri. Com’è potuto accadere?

Vona/Falla/Lifa

Vona/Falla/ Lifa è stato uno di quei racconti che più di altri ci ha impressionati. Probabilmente per il momento storico che stiamo vivendo. Soprattutto nelle prime pagine abbiamo avuto l’impressione che Flavio Ignelzi abbia anticipato la realtà. La vicenda si apre con un gesto banale: un padre che porta in garage il tavolino che usava sua figlia da bambina, un tavolino che ha anche un’importanza emotiva, poiché la famiglia lo usava per giocarci a burraco, ma è anche su quello stesso tavolino che la defunta moglie si è sentita male. E poi l’uomo la vede, lì fuori, accanto al lampione: è una piantina cresciuta dal cemento. L’avvenimento è ricco di commozione perché siamo in una realtà post-apocalittica – e nemmeno tanto post – in cui non è permesso uscire se non coperti e con la maschera, una realtà in cui si lavora in home-office, in cui la spesa la si fa solo in certi giorni prestabiliti della giornata, perché l’aria è tossica; qui niente sopravvive, figurarsi un fiore. Eppure…

Manuale pratico di apocalisse

Manuale pratico di apocalisse gioca sul punto di vista di tre personaggi che d’improvviso si trovano a fare i conti con un messaggio apparso sul loro cellulare che dice tre cose: c’è un allarme missilistico, bisogna trovare un riparo, non è uno scherzo. La reazione dei tre personaggi è sorprendente, molto di più il finale.

Alla ricerca di un fil rouge

Benché il criterio alla base di questa raccolta sia di tipo qualitativo – nel senso che è il meglio della produzione letteraria di Flavio Ignelzi – noi ci siamo messi alla ricerca di un tema, un elemento che accomunasse tutti i testi, poiché siamo del parere che, anche se inconsapevolmente, un autore ripercorre sempre certe tematiche, certe tecniche, in un modo o nell’altro. Innanzitutto, seppure i racconti si presentino molto diversi tra loro nel genere e nel registro, non lo sono invece nel ritmo. Quasi tutte le storie iniziano con qualcosa che è a latere, che ha un valore secondario, un pretesto come può essere un fiore, una lite, una faccenda che proprio non ci voleva. Il lettore finisce per scivolare lentamente nella narrazione senza nemmeno accorgersene fino a ritrovarsi in un ritmo narrativo sempre più incalzante, in un moto circolatorio sempre più veloce per arrivare poi a un finale che, il più delle volte, ha un risvolto non necessariamente conclusivo. E al lettore non resta che l’effetto della sospensione, affamato di curiosità per personaggi che in pochissime pagine sono così ben tratteggiati, reali.

Inoltre, ed è probabilmente questo l’aspetto che in qualche modo lega tutti i racconti, quella narrata da Flavio Ignelzi è un’umanità sola. A nostro avviso, il fil rouge è la solitudine che marchia la psiche dei personaggi, la struttura della storia. Che sia una pornostar in pensione o una badante che si prepara all’apocalisse, poco importa, la solitudine è lì a mostrare i punti aperti in cui è necessario si scavi durante e dopo la lettura, tarli mentali che ci si porta dietro anche dopo aver chiuso il libro. Ci piace pensare che sia questa l’interpretazione che sottende all’intera raccolta. Ma forse il gioco è tutto qui: questa raccolta è una chiamata al lettore a ricercare il proprio personale punto di scavo psicologico.

a cura di Valeria Zangaro

Valeria Zangaro

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