Gli affamati: l’esordio di Mattia Insolia. Un viaggio nella storia disperata di due fratelli “affamati” di vita. Recensione
“Eravamo malati di desiderio. Scintille nel buio, abbiamo illuminato la notte e siamo bruciati di incanti e meraviglie“
Gli affamati: la trama del libro
Quello di Mattia Insolia è un esordio che fa affogare il lettore in una centrifuga di violenza e di disperazione ma anche di speranza, di affetto, di voglia di riscatto. Un romanzo breve, pubblicato da Ponte alle Grazie, che si legge stando in apnea fino alla fine: il giovane scrittore (classe 1995) racconta con ritmo sincopato e incalzante lo spaccato di un paio di mesi della vita difficile di due fratelli ventenni, Paolo e Antonio. Abbandonati dalla madre, sfuggita a un marito alcolizzato e a un’esistenza segnata dalla violenza, e lasciati poi soli anche dal padre – morto in uno strano incidente in casa avvenuto in una notte ad altissimo tasso alcolico – , i due ragazzi cercano di andare avanti fra mille difficoltà. A fare da sfondo a questa storia di disperazione è l’asfissiante provincia del Centro Sud Italia, dove lo stigma di una famiglia complicata diventa marchio da portare a vita impresso sulla pelle e nella mente.
Rabbia, violenza, noia e un legame indissolubile
Fra serate annoiate passate a fumare e a bere, amori che potrebbero essere la svolta della vita e invece affogano nella consueta spirale di violenza e di rabbia, amici che ti salvano la vita e compagni senza speranze, i due fratelli cercano di rimanere a galla tenendosi per mano. Paolo, il più grande, è quello che porta a casa i pochi soldi che permettono di sbarcare il lunario, è quello che indica al fratello cosa deve e cosa non deve fare, è quello che domina il gruppetto di amici che lo segue ubbidiente in ogni assurda impresa. Antonio, di un paio d’anni più giovane, è l’ombra del fratello e conduce un’esistenza ai limiti dell’apatia, tormentata dal passato e dalla mancanza di futuro, confortata solo dalla presenza dell’amico Ivano.
“Andava sempre così. Come un fuscello, si piegava nella direzione del più forte. Non sapeva reagire alle emozioni. Viveva nella forma comandata da chi gli stava vicino. Antonio campava per gli altri, e così moriva ogni giorno”. Per buona parte del romanzo, in effetti, Antonio sembra un personaggio in balia di Paolo e degli altri. Ma la vera svolta della storia è tutta racchiusa nel momento in cui proprio il fratello minore ammette: “Sono io che sistemo i nostri macelli. Quelli veri. Quelli seri. (…) Lo sai pure tu ch’è così, anche se non lo ammetti manco a te stesso”.
Antonio e Paolo: personaggi in fieri e dalle mille angolature
Due personaggi all’apparenza schiacciati sotto il peso di un’esistenza sempre tristemente uguale a se stessa: Insolia però ha la maestria degli scrittori che sanno raccontare in maniera convincente le contraddizioni e i travagli dell’animo umano, cogliendone tutte le sfumature e le sfaccettature. Paolo è un vulcano pronto a esplodere, la sua rabbia è frutto del più profondo dolore, la sua esistenza è un grido di disperazione perenne. Bulletto di provincia, fratello maggiore iperprotettivo, omosessuale senza riuscire ad ammetterlo, vuole dare di sé l’idea di essere invincibile e ovviamente soccombe: “Il compito di Paolo era proteggerli, sé stesso e Antonio. Ma non ne era in grado e se ne rendeva conto sempre troppo tardi”. Paolo è un personaggio lacerato e lo sa. E questa malcelata fragilità lo rende estremamente umano. Ma il ritratto che Mattia Insolia ci restituisce del fratello Antonio non è da meno. Per cogliere la vera caratura di questo diciannovenne bisognerebbe rileggere il libro dopo aver ascoltato le parole finali, quelle che, sette anni dopo i fatti narrati, Antonio affida a una lettera in cui rivela alcuni punti della vicenda finora rimasti oscuri.
L’asfissiante provincia italiana
Il giovane scrittore è bravissimo nel raccontare la cappa opprimente della vita a Camporotondo, inserendosi nel solco di quanti, prima di lui, hanno saputo descrivere l’Italia più vera, quella della provincia. L’Italia dove i ragazzi si ritrovano sempre nello stesso pub dal nome improbabile, le differenze sociali sembrano distanze siderali impossibili da colmare e la famiglia è una zavorra che può trascinare a fondo.
Un libro totalmente al maschile
Gli Affamati è un libro in cui esiste quasi esclusivamente l’universo maschile. Le uniche figure femminili che fanno la loro fugace comparsa nella storia sono la mamma Giovanna e Anna, l’amore mancato di Antonio. E se una macchia possiamo trovare a questo romanzo è proprio quella di non aver indagato davvero il tormento di queste due donne, sconfitte dal peso della loro stessa esistenza. Sarebbe stato interessante conoscere il loro punto di vista.
a cura di Barbara Rossi