Giovanissimi, il libro di Alessio Forgione. Dalla periferia di Napoli a quella dell’anima. Recensione
Ci sono racconti che nascono lenti come la vita in periferia, come i lunghi pomeriggi dell’adolescenza passati a non far nulla. E poi, come nella vita, il ritmo a mano a mano cresce, la tensione sale, le prospettive cambiano, i caratteri si evolvono.
Giovanissimi, l’ultimo romanzo di Alessio Forgione, pubblicato da NN Editore e inserito nella dozzina candidata al Premio Strega 2020, è un crescendo di sensazioni, un climax narrativo e stilistico che descrive alcuni mesi della vita di Marocco, il “giovanissimo” protagonista.
Giovanissimi di Alessio Forgione: la trama del libro
Un quattordicenne vive – negli anni Novanta – a Soccavo, periferia della periferia di Napoli: non la Scampia resa celebre dalle serie tv, quanto piuttosto una terra di mezzo che non fa notizia, dove la violenza c’è ma non è soverchiante e nessuno vive per fare il verso a Scarface. Una Napoli quasi anonima, dove persino andare al mare sembra un miraggio, un viaggio della speranza verso un posto lontano. Marocco trascorre così le sue giornate, fra le lezioni al liceo scientifico, affrontate senza alcun interesse e con pessimi risultati, gli allenamenti al campo da calcio e le cene a casa con il padre, unico baluardo della famiglia, dopo che la madre se n’è andata via.
Chi davvero muove i fili della storia sono Lunno, il miglior amico di Marocco, e poi Serena, il primo approccio con l’amore e con l’universo femminile. Le azioni del protagonista sembrano dettate più dalla necessità di rispondere alle loro mosse che a una sua effettiva intenzionalità..
Il calcio come deterrente di un’esistenza giovane da curare
Quella di Marocco appare all’inizio come un’esistenza anonima, svogliata e senza ambizioni. È uno dei talenti della squadra di calcio giovanile per cui gioca, il regista, ma vorrebbe diventare un calciatore professionista solo per essere famoso e attirare l’attenzione della madre di cui non ha più notizie: “Come si fa a spiegare quanto l’ami se quella persona non ti ama più o non ti ha mai amato? Mi sarebbe piaciuto essere importante per lei. Mi sarebbe piaciuto essere il motivo delle sue tristezze e delle sue gioie”. Il calcio non è né la vera passione di Marocco né il tema principale del libro. Tuttavia a esso sono legati alcuni dei personaggi che contribuiscono allo sviluppo della trama di questo romanzo di formazione: il mister, unico adulto, insieme al padre, ad avere un peso – positivo – nella storia e, all’opposto, i compagni perduti, vittime di una vita condotta fra violenza e criminalità, famiglie sfasciate e voglia di riscatto.
Dallo stile di scrittura alla psicologia dei personaggi
Marocco, e come lui gli altri personaggi del libro, non è un tipo da manifestazioni d’affetto o esternazioni pubbliche, eppure la sua caratterizzazione psicologica è perfettamente delineata, descritta dall’autore con la sicurezza di chi sa di cosa parla e per questo non cede mai il passo al sentimentalismo. Forgione riduce al minimo indispensabile i dialoghi: sono poche le parole che Marocco scambia con il padre, ancora meno quelle che condivide con Lunno. Ne emerge una prosa sintetica, asciutta, paratattica, precisa, che si fa sempre più sincopata seguendo il dipanarsi della storia, e lo fa soprattutto grazie alle riflessioni dell’io narrante, a quei pensieri che l’adolescente tiene per sé (e per il lettore) e solo alla fine prova parzialmente a condividere con chi ha accanto.
Le ancore di salvezza
È l’arrivo di Serena, unica donna in un universo prettamente maschile, a compiere il miracolo di aprire una breccia nel silenzio e nell’apparente immobilismo di Marocco. È lei, seppure a fatica, a tirar fuori le parole e a portare a galla le emozioni. La presenza fisica e vitale di Serena e la sua spinta a voler creare un legame sempre più forte con il ragazzo fanno da contraltare al dolore per la mancanza della madre e alla sfuggevolezza del miglior amico. Il sottile filo rosso dell’assenza, totale o parziale, caratterizza questi due personaggi e li lega indissolubilmente a Marocco che, nonostante tutto, non riesce a fare a meno di voler bene a entrambi. Criptico, misterioso, carismatico quasi suo malgrado, violento e protettivo allo stesso tempo, Lunno è il più riuscito dei personaggi del romanzo. Tocca a lui il compito di imprimere la svolta finale e di incarnare, fino all’ultima riga, l’ambigua e realissima drammaticità della vita che “non è altro che un’inconsapevole attesa. Poi arriva, e fa male”.
a cura di Barbara Rossi