È possibile risorgere dagli errori del passato? “Cuore nero” è il nuovo romanzo di Silvia Avallone. Recensione
A quattro anni da Un’amicizia (Rizzoli, 2020), Silvia Avallone, autrice finalista al premio Strega con il romanzo d’esordio Acciaio (Rizzoli, 2010), torna in libreria con Cuore nero (Rizzoli, 2024). Una storia che ha come protagonisti Bruno ed Emilia. I due sono accomunati dalla voglia di risorgere dalle tragedie del passato. Entrambi hanno conosciuto il male, sono sprofondati nell’abisso e hanno scelto la solitudine, punendosi per essere ancora vivi. Silvia Avallone ci racconta la storia di due anime che, nel loro essere intrinsecamente opposte, si scoprono elementi di uno stesso insieme.
Cuore nero di Silvia Avallone
Emilia arriva a Sassaia il giorno dei morti. Ha trent’anni ma veste come un’adolescente: jeans strappati, scarponcini viola e giaccone verde fluo. Quando i suoi passi, insieme a quelli di suo padre, risuonano per le strade di Sassaia, il cuore di Bruno traballa, facendolo sentire vivo per la prima volta dopo tanto tempo. Lui lavora come insegnante in una scuola elementare, vive da solo sin dall’età di diciotto anni – presso la casa che un tempo apparteneva alla sua famiglia –, e sembra evitare attivamente qualsiasi contatto con il mondo esterno. Lei non riesce a dormire senza il rumore della televisione – che a Sassaia non c’è –, ha sempre abitato in compagnia e desidera «lasciarsi alle spalle quella stagione della vita in cui accadono le cose» e la vita, quella nuova, non vede l’ora di iniziare a viverla. Perché quello a cui Bruno assiste, materializzato nella forma di un materasso esposto al sole in una mattina di novembre, è l’inizio della libertà di Emilia, il primo respiro dopo quattordici anni di carcere, il primo battito di un cuore nero che cerca disperatamente di mimetizzarsi con la luce, per non farsi scoprire. Bruno, che un cuore non pensa di averlo nemmeno più, non ha idea di quanto questo incontro lo travolgerà. Lei cercherà di tenerlo all’oscuro del suo passato, guadagnando tempo, amore ed esperienze, ma la verità è inevitabile e quando verrà a galla lui dovrà fare i conti con la realtà dei fatti, dovrà decidere da che parte stare: se da quella del dolore o dell’amore.
Per quanto tempo dobbiamo pagare i nostri sbagli?
Emilia e Bruno sono carichi di sensi di colpe, di dolori, di condanne che non riescono a scontare, neppure quando i conti sono stati pagati. Cuore nero parla dell’assoluzione che sembra non esistere di fronte al male, e del futuro incerto di chi è isolato dal mondo, per motivi geografici, sociali o interiori. È un libro che parla di amore, di scelte e di verità. Perché non si può immaginare una redenzione senza passare dall’istruzione e dalla formazione, necessarie perché la luce entri anche nel più nero dei cuori.
«Devi perdonarti di essere viva, Emilia».
Lo stile di Silvia Avallone in Cuore nero
Il ruolo di narratore di questa storia è affidato a Bruno, è lui l’aedo di Sassaia: racconta le vicende di quel luogo lontano dal mondo con gli occhi di chi vi si è rifugiato per scappare dalla vita; ed è grazie a quegli stessi occhi se è in grado di leggere e mettere per scritto la vicenda di Emilia. Quella di Avallone non è la violenza della cronaca nera, bensì quella dell’adolescenza mancata, incistata in chi è dovuto crescere troppo presto e si porta addosso gli odori di tutte le terre che ha attraversato.
«È stato in quel momento, con la luce del giorno che filtrava a forza dai fori della tapparella, che ho deciso, appena fossimo tornati a Sassaia, di scrivere. Scrivere tutto. Era l’amore la risposta. Se ami una persona, non puoi prescindere da quello che è, ed è stata. Non puoi suddividerla in parti, scegliere solo quelle che ti fanno comodo. Devi accettarla intera. E io dovevo scrivere perché, in definitiva, le parole servono. Proprio a vivere: a ricordare, a capire. A lasciare una traccia per non morire del tutto, per non far morire chi amiamo».
A cura di Rebecca Ramacciotti