Baby Blue di Bim Eriksson: un graphic novel distopico sulla dittatura della felicità
Baby Blue è un graphic novel della fumettista svedese Bim Eriksson, pubblicato in Italia a gennaio scorso da add editore e tradotto da Alessandro Storti. La giovane autrice, classe 1991, ha esordito in patria con Det kändes lugnt när mina känslor dog (pubblicato nel 2016 da Kartago, uno dei più importanti editori svedesi), lavora come artista indipendente nel campo dell’illustrazione, del fumetto e delle arti visive ed è attualmente in giro per l’Europa per il tour promozionale di Baby Blue, che è stato tradotto anche in tedesco, francese, cinese e spagnolo.
Baby Blue: di cosa parla il graphic novel?
Nella Svezia di un futuro non troppo lontano, un governo dispotico mira a rendere perfetti i propri cittadini attraverso la soppressione medica di ansie, preoccupazioni, tristezze e sentimenti negativi. I cosiddetti «socioguardiani» hanno il compito di individuare ogni persona che mostri segni di debolezza o che si dimostri incline a sviluppare disturbi psichici. Viene inoltre introdotta una censura musicale con la messa al bando di tutti i brani che potrebbero sollecitare emozioni devianti. È in questo clima di terrore che va avanti la vita monotona di Betty, la protagonista, che in una delle sue «giornate no» viene convocata all’Istituto di psichiatria e di salute popolare per la somministrazione forzata del trattamento per la felicità. Qui Betty conosce Berina, una ragazza che fa parte della cosiddetta «resistenza», un gruppo segreto nato con l’obiettivo di smascherare i crimini compiuti dal governo ai danni dei cittadini e smantellarne la propaganda ideologica. Tra le due nascerà un legame profondo e salvifico che le porterà a raccontarsi l’una all’altra, e darà loro la forza di riconoscersi il diritto di essere sé stesse.
Il messaggio di Baby Blue
Non sarà difficile ai lettori riconoscere nella società distopica descritta nel graphic novel la deriva – autoritaria e grottesca – dell’idea di felicità permanente che i social network ci propongono quotidianamente, attraverso le migliaia di immagini e video di vite patinate, in cui ansie, paure e tristezze sembrano non aver spazio. Quella di Baby Blue è una storia acuta e tagliente, che vivifica l’incubo verso il quale potremmo essere diretti, come individui e come collettività, e invita a una riflessione sulla necessità delle emozioni, del fallimento e della fragilità nell’età della performance.
La storia illustrata
L’autrice disegna, con tratto lineare e originale, figure dal corpo abnorme e la testa piccola, nei cui occhi, privi di pupille – semplici fessure su volti esanimi – si legge l’atrofizzazione emotiva della società narrata. L’uso del colore è dichiaratamente connotativo: il blu che campeggia sulle pagine, con il suo richiamo al Blue Monday, sembra voler urlare il diritto alla tristezza. Lo stile del fumetto aderisce al clima dell’ambientazione e alla natura dei temi trattati, e anche l’interiorità delle protagoniste trova una sua dimensione visiva.
Consigliamo di leggerlo tutto d’un fiato, sdraiati sul divano quando il cielo fuori è grigio, con Where is my mind? dei Pixies di sottofondo: una delle canzoni proibite nella dittatura della felicità.
A cura di Giusi Chiofalo