Il bene che ti voglio di Sandro Frizziero: 10 curiosità sul libro raccontate da Sandro Frizziero

 Il bene che ti voglio di Sandro Frizziero: 10 curiosità sul libro raccontate da Sandro Frizziero

Il bene che ti voglio è l’ultimo libro di Sandro Frizziero, uscito nel febbraio scorso per Mondadori. Lo scrittore veneto, già classificato secondo al premio Campiello 2020 con Sommersione (Fazi, 2020) e finalista al premio John Fante nel 2019 con Confessioni di un Neet (sempre edito da Fazi, 2018), questa volta porta in libreria un’opera che tocca uno dei sentimenti più comuni: il bene.

 

Il bene che ti voglio di Sandro Frizziero: la trama del libro

Alessio Gorgosalice ha trent’anni, fa l’assicuratore, è sposato con Isabella, ingegnera e ancora stabile della sua vita. I due trascorrono la loro vita senza sbavature, in una villetta dal mobilio perfetto dove tutto va come deve, fra lavoro, amore, e progetti. Tutto in equilibrio, niente scossoni. Almeno all’apparenza. A creare una crepa in questa armonia d’intenti sono gli istinti selvaggi di Alessio, che arrivano a mettere in discussione anche la sua stessa identità. Gorgosalice, infatti, ha una relazione extraconiugale con Barbara, donna formosa e sensuale. Un rapporto strano in cui si «possiede» il corpo dell’altro solo via etere, su Skype. Alessio si ritrova sballottato fra la passione trasgressiva per questa donna e il senso di colpa verso la moglie, una scissione emotiva che non riesce a governare. Come farebbe un peccatore cristiano, Alessio decide che la cosa migliore da fare è andare a confessare i propri pensieri «delittuosi» ad Armida, sua nonna, ricoverata in una struttura per anziani, affetta da demenza senile e con la memoria corta quanto quella di un pesce rosso. Si apre lì un monologo ad alta voce che guida Alessio in un viaggio di espiazione la cui rotta è il «Bene assoluto».

«Tra tanto male, tra tante cattiverie e invidie e soperchierie, dunque, sopravvive in questa Landa anche il Bene più assoluto».

Nonostante il ménage à trois su cui si regge la storia, questo non è un libro sul tradimento, è un libro su un solo sentimento: il bene. Quello nostro, quello degli altri, quello che si vuole fare, quello che siamo pronti a ricevere. Sandro Frizziero ci racconta Il bene che ti voglio (e il suo making of) in 10 punti.

 

Il bene che ti voglio di Sandro Frizziero raccontato da Sandro Frizziero in 10 punti

1. Il Bene, appunto

Definire il «Bene», o meglio il «voler bene», è difficile. La sostanza di questo sentimento sfugge, scivola dalle mani, è volatile come una sorta di gas che mal sopporta ogni costrizione. Non posso dire di aver «indagato» il tema, non faccio indagini. Mi sono fatto trascinare, piuttosto, dal Bene, fino quasi a comporne una sorta di fenomenologia. Ne è uscito un quadro distorto, non troppo rassicurante. Il Bene è vittima di un inganno prospettico: siamo sicuri si trovi in un luogo, in un comportamento, in una scelta e invece la sua posizione non coincide mai con le aspettative. Il voler bene è qualcosa di illusorio e profondamente ambiguo. Per questo i personaggi del romanzo, Alessio, Isabella, Barbara, uniti da un improbabile ménage à trois, sono distanti, vittime della loro incapacità di comunicare. Non ci si salva da chi vuole il nostro bene.

2. e poi il desiderio

Quando il voler bene si concretizza in un corpo diventa desiderio. Tuttavia, Alessio e Barbara, i due amanti, decidono di non incontrarsi fisicamente, di rimuovere il contatto, sempre traumatico, con l’altro; di conseguenza si danno appuntamento in rete, quasi che il godimento sessuale che ne deriva sia più puro e soprattutto più sicuro. Mi pare che questa loro scelta dica qualcosa sul tempo in cui viviamo, sull’inevitabilità del desiderio e sul contestuale tentativo di rimuovere ogni rischio legato a quest’ultimo.

3. triangolo

Alla base di tutto c’è un triangolo, certo. Isabella e Barbara, rispettivamente la moglie e l’amante di Alessio, non sono però come il lettore si aspetta. Lo scarto è importante e vale anche per gli altri personaggi e per i loro comportamenti.

4. tutta questione di memoria

Quanto il Bene, il voler bene, è legato alla memoria, alla capacità di ricordare e quindi di essere riconosciuti? Alessio confessa alla nonna, ormai ammutolita e privata della memoria, i suoi pensieri, le sue colpe. Ma il suo affetto non è corrisposto; le sue parole si perdono nell’oblio della malattia.

5. una nonna, infatti

Gli anziani sono depositari della memoria, è questa la loro funzione sociale universalmente riconosciuta. La nonna di Alessio, Armida, invece ha perso la memoria, la sua capacità di voler bene è venuta meno, o meglio è rivolta solo alla bambola che tiene in grembo per la doll therapy. Un oggetto, quindi, diventa ricettacolo del suo bene residuo, dei suoi affetti.

6. oggettificazione totale

Anche Barbara finisce per essere una sorta di oggetto, un oggetto digitale, non per questo meno importante. Sono oggetti anche i mobili, i complementi d’arredo a cui è dedicato un piccolo atto unico all’interno del libro e che costituiscono l’ingrediente necessario alla felicità della coppia di sposi. Isabella si chiede: come esiste un piano regolatore comunale, esiste un piano regolatore di coppia? Quali sono le tappe necessarie per costruire una felicità insieme? Quali oggetti servono per sentirsi realizzati? Le cose sono specchi attraverso cui i personaggi si guardano.

7. il passato è sempre presente

Eppure nonna Armida, con il suo silenzio, permette ad Alessio un viaggio nel proprio passato, tra ricordi d’infanzia e più recenti vicende. Il passato, però, non è rigido, immobile e quindi perfettamente conoscibile. Anzi, è in continua mutazione, molto più del futuro che invece sembra stabile, già perfettamente definito. Alessio è quindi continuamente assalito dal suo passato – dalla sua personale versione del passato s’intende – come anche gli altri personaggi, Isabella, la moglie e Barbara, l’amante. Il passato vive con loro e ne condiziona le scelte. Ma non esiste passato al di fuori di quello che si costruiscono artificialmente ogni giorno.

8. territorio e paesaggio

Territorio è parola da assessori, da promozione turistica, da prodotti tipici. Attraversare il territorio vuol dire viaggiare sulle rappresentazioni fittizie e artificiali che ne vengono offerte. Il territorio del romanzo è quello del Veneto centrale e del Polesine; un territorio liminare che, visto dall’alto, assomiglia a un plastico e non riesce mai a diventare, almeno agli occhi dei personaggi, un paesaggio da abitare.

9. moltiplicazione

Nella storia i punti di vista si moltiplicano, quasi a comporre un puzzle. Il narratore esterno cede la parola (e i pensieri) ai personaggi, si appropria del loro sguardo. E poi parlano anche animali (le farfalline del cibo) ed esseri inanimati (i colli Euganei). Non è un’operazione intellettuale, ma istintiva: la complessità è nelle cose e i romanzi non devono semplificare, ma aggiungere, complicare, mostrarci che ciò che crediamo semplice (le categorie con cui definiamo la nostra realtà), ma non lo è affatto.

10. il borghese

«Non tollera in casa sua nulla di incomprensibile» dice l’aforisma di Kraus che riporto in esergo. Non si tratta di un libro per borghesi dunque.

 

A cura di Antonella Dilorenzo e Sandro Frizziero

Antonella Dilorenzo

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