Autofiction: definizione di un genere letterario. Libri, storia e origini
«Autofiction» è un neologismo nato nel 1977 e coniato dallo scrittore francese Serge Doubrovsky per definire il suo romanzo Fils. Si tratta di un genere letterario che fonde elementi tipici dell’autobiografia alle tecniche narrative che caratterizzano la fiction. Si raccontano, quindi, avvenimenti della vita dell’autore sotto forma romanzata. L’autofiction conosce il suo massimo sviluppo in Francia, per poi subire un declino dal 2010 a favore dell’esofiction, in cui a essere romanzata è la biografia di un personaggio reale – diverso dall’autore.
Autoficion: le origini. Dalla madeleine di Proust all’analisi introspettiva di Doubrovsky
Molti autori del genere ritengono che uno dei primi e dei più abili ad aver adottato l’autofiction sia stato Marcel Proust con il suo capolavoro Alla ricerca del tempo perduto. Qui la veridicità dei fatti perde valore rispetto ai ricordi dell’autore o alle sue scelte narrative: in questo, Proust è maestro con la sua famosa madeleine. Ad aver riconosciuto l’esistenza di un genere è il già citato Serge Doubrovsky, scrittore ma anche critico, filosofo e professore di Letteratura. La sua opera, Fils, era costituita originariamente da 9000 pagine, attraverso le quali l’autore descrive la propria vita come un’avventura del linguaggio. Secondo l’autore, la fiction diventa lo strumento di ricerca della propria identità (spesso coadiuvata dalla psicoanalisi). Ad avere una profonda influenza sui suoi scritti sono le correnti dello Strutturalismo e dell’Esistenzialismo.
I libri consigliati per scoprire l’autofiction come genere letterario
Uno dei maggiori esponenti dell’autofiction degli ultimi anni è Emmanuel Carrère con il romanzo Limonov, pubblicato in Francia nel 2011 e edito da Adelphi l’anno seguente, nella traduzione di Francesco Bergamasco. La vita dello scrittore, poeta e senzatetto newyorkese Eduard Limonov è al centro della narrazione. La sua storia però si intreccia con quella di Carrère, che interviene nella narrazione sottolineando le similarità delle loro esistenze. La struttura dei capitoli del libro riflette le vicende più importanti della vita di Limonov, ma il tratto saliente è l’analisi psicologica condotta dall’autore grazie ad anni di ricerca.
Un’altra opera che merita di essere annoverata è Tempo d’estate. Scene di vita di provincia (Einaudi, 2010) dello scrittore sudafricano, premio Nobel per la Letteratura nel 2003, John Maxwell Coetzee. Nel romanzo, Coetzee racconta la propria vita e la propria morte, avvenuta per mano di un giovane accademico inglese. Quest’ultimo raccoglie informazioni, intervista coloro che conoscevano Coetzee e ricostruisce gli eventi principali della sua esistenza; nel romanzo emerge la profonda sfiducia che lo scrittore nutre verso il linguaggio e la capacità degli uomini di comunicare – e di conoscere sé stessi – attraverso le parole.
Guardando alla letteratura italiana odierna, vanno menzionati Walter Siti e il suo Scuola di Nudo, romanzo uscito nel 1994 e che insieme a Un dolore normale del 1999 e Troppi Paradisi del 2006 forma una trilogia edita da Einaudi. Protagonista delle tre opere è Walter, professore ordinario all’università, stanco di essere «un cane ammaestrato abituato a porgere la zampa della buona educazione» e con l’obiettivo di essere completamente sé stesso, libero da convenzioni sociali e culturali, e di dare spazio assoluto alla propria individualità. D’altra parte, con l’avvento del postmodernismo, l’auto introspezione acquista una nuova centralità attraverso Nouveau Roman, Neoavanguardia, Sperimentalismo, e l’autofiction, appunto, naturale conseguenza di tali tendenze letterarie.
Un’«autobiografia non autorizzata» è quella di Vacche amiche (Marsilio, 2015) di Aldo Busi. Qui il titolo allude a tre amiche di cui l’autore afferma di essersi invaghito intellettualmente. È una sorta di diario e monologo interiore dai quali emerge una visione delle cose malinconica per via di tutte le occasioni mancate.
Nel 2017 Michele Mari pubblica un’autobiografia dai tratti grotteschi e horror, Leggenda privata edito da Einaudi, in cui ripercorre la sua esistenza a partire dall’infanzia, passando per l’adolescenza quando incontra la protagonista di Cento poesie d’amore a Ladyhawke, fino all’età adulta. Si fa riferimento alla famiglia dell’autore, ma anche ai suoi interessi letterari e musicali – Dino Buzzati, Walter Bonatti, Eugenio Montale, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber –, il tutto documentato da alcune fotografie che rendono più viva la narrazione.
Finzione e realtà si intrecciano anche nel romanzo Italia De Profundis (minimum fax, 2018) di Giuseppe Genna che descrive alcuni avvenimenti della sua vita dal forte impatto emotivo: il drammatico ritrovamento del cadavere del padre, l’auto iniziazione all’eroina e l’intervento attivo e criminale in un caso di eutanasia. Andrea Di Consoli sostiene che non si sia mai letto un libro così potente come Italia De Profundis, «un libro, cioè, dove ci fosse tutta la nostra contemporaneità: la depressione, l’ipocondria, l’ansia, la morte, l’amore, il sesso, il sadomaso, la disoccupazione, la letteratura, Milano, Palermo, le periferie, il lumpenproletariat milanese, l’eroina, l’autobiografia, la finzione, il villaggio turistico siciliano, la morte del padre, un’orgia transessuale, il sapere enciclopedico, il cinema, la Mostra di Venezia, David Lynch, Mantova, Berlino, Burroughs, Kafka, il narcisismo, l’autopunizione, l’agonia, l’eutanasia, il disprezzo, la pietà, gli ospedali, la psichiatria, il corpo, la difficoltà di amare e la sperdutezza».
A cura di Giusi Chiofalo