In I figli dei chiodi Alessandro Morbidelli racconta il destino dei nati sotto il segno della mafia pugliese
Scandito da continui salti temporali e da punti di vista diversi, il nuovo romanzo di Alessandro Morbidelli (Vallecchi, 2023) ha la durezza di una storia di mafia – ispirata all’ omicidio di Palmina Martinelli –, percorsa dalla malinconica consapevolezza di come sia l’amore, e non il potere, a muovere ogni cosa. Un po’ romanzo di formazione, un po’ racconto sulla fuga come unica salvezza, i protagonisti del romanzo di Morbidelli sono i figli dei primi, quelli che comandano, ma anche degli ultimi, quelli che subiscono e accettano. Accomunati da un chiodo, simbolo di affiliazione e violenza, portano dentro il calore del fuoco che tutto brucia e l’aridità della polvere che tutto sporca, immagini allusive di un segreto inconfessabile e di un destino ineluttabile.
I figli dei chiodi di Alessandro Morbidelli: la trama del libro
Ci sono Cosimo e Mina, figli di don Vito Campani. Don, appunto. Ci sono poi Carlino e Rosa Pelusi, pure loro fratelli ma figli degli ultimi; così come figlio degli ultimi è Sergio Piccapane, viceré in pectore vista l’amicizia stretta con Cosimo, delfino designato. I protagonisti di I figli dei chiodi sono loro, più che le ingombranti figure genitoriali, padrini o faccendieri che siano. Attraverso i racconti di Mina si dipanano le vicende dei cinque «non più bambini», incastrati in una realtà, quella della mafia pugliese degli anni Ottanta, fatta di regole insindacabili e di una diseguaglianza che trova la migliore delle rappresentazioni possibili nella dicotomia oro/merda. A fare da contraltare, i racconti del Cosimo adulto del 2018 e di Sandra, mamma di Giacomo e parte di una famiglia milanese, incredibilmente vicina ai Campani nonostante le differenze. Un modo intelligente, questa continua alternanza di epoche e punti di vista, per spiegare il presente e predire il futuro raccontando il passato.
L’onere più che l’onore
L’universo narrativo di I figli dei chiodi è governato da un forte simbolismo, nel quale avere o non avere un comunissimo chiodo arrugginito fa tutta la differenza del mondo. La scrittura è asciutta e veloce, proprio come i chiodi piantati da don Vito nella sua segheria, con descrizioni essenziali e cambi di registro che puntellano il cambiamento del punto di vista; il ritmo della narrazione è serrato e adrenalinico, in un romanzo interamente costruito sui contrasti. Maschi che si sentono uomini e femmine che, purtroppo o per fortuna, sono già donne, tutti insieme perdono la proverbiale innocenza a suon di omicidi, regole e vita già decisa, perché è così che funziona quando si viene al mondo in certa parte del mondo. Quella in cui volere una vita normale, diventare cantanti, essere liberi sono desideri irrilevanti, perché bisogna solo «fare la vita». Trent’anni dopo, nella fredda e caotica Milano, il conflitto alla base di I figli dei chiodi – libertà/sottomissione – si ripropone con la storia di Sandra, costretta a vivere soffocata in un albergo di terza scelta, intrappolata in una vita che non le appartiene, la cui unica valvola di sfogo, oltre alla danza, è Giacomo, il figlio taciturno e sensibile. E non c’è soluzione possibile al conflitto se non la fuga come unica forma di salvezza. Lo ripetono più volte i protagonisti, specialmente il boss Cosimo, pronto allo sterminio anche a Milano e vero esperto in materia; lui, che ha sempre cercato di proteggere l’adorata sorella Mina, ne sta ancora pagando le conseguenze. Da un matrimonio infelice, da una vita difficile come dopo un omicidio o un incendio doloso l’importante è scappare.
Chi è Alessandro Morbidelli, autore di I figli dei chiodi
Anconetano classe 1978, Alessandro Morbidelli è docente accademico e libero professionista. Con il suo romanzo d’esordio, Ogni cosa al posto giusto (Robin edizioni, 2010) ha ricevuto il plauso della critica per aver dato il la a una intera tendenza letteraria, quella del noir marchigiano. Dal 2020 è presidente di giuria per la sezione «Racconto breve» del concorso letterario di città di Grottammare e direttore artistico del festival Lacrima in Giallo di Morro d’Alba (AN). È autore di racconti su magazine e antologie, ha scritto per la televisione e il teatro e ha pubblicato nel 2017 il noir Storia nera di un naso rosso (Todaro editore) e nel 2019, per lo stesso editore, il racconto lungo Trenta cani e un bastardo.
A cura di Milo Salso