La voce di Pietro di Agnese Fioretti, la storia commovente di un bambino autistico raccontata da sua madre
Parlare di autismo non è mai abbastanza. Nel 2007 è stata istituita la Giornata Mondiale per la consapevolezza sull’autismo che si celebra il 2 aprile, una data significativa per chi combatte questa oscura entità che si insinua nelle famiglie contro ogni volere personale.
La letteratura e il cinema (per fortuna!) si sono prodigati negli ultimi anni a farsi mezzo per la divulgazione e la conoscenza del disturbo. Basti ricordare il film Tutto il mio amore folle di Gabriele Salvatores (2019); o i libri di Gianluca Nicoletti, fra i tanti Una notte ho sognato che parlavi (Mondadori, 2013), il suo docufilm Tommy e gli altri (2017) e il suo impegno con il progetto Per noi autistici; non ultimo il libro Fame d’aria di Daniele Mencarelli (Mondadori, 2023).
A questo grande lavoro di diffusione si aggiunge La voce di Pietro, esordio letterario della giornalista Agnese Fioretti edito da Giunti (marzo, 2023), che abbiamo avuto modo di ospitare su Rivista Blam! proprio con un suo racconto.
La voce di Pietro: la trama del libro
Agnese è la mamma di Pietro, un bambino di otto anni affetto da un disturbo dello spettro autistico. Da qualche anno sul suo profilo Instagram – e ora con un libro – ha deciso di raccontare il difficile percorso quotidiano di una famiglia che cresce un figlio con un disturbo diagnosticato nel 2017.
Parte proprio da lì il racconto di Agnese che espone senza reticenze la verità sulla vita di Pietro e quella del suo forte entourage familiare: marito (Tommaso), secondogenito (Elia), nonni, terapisti, amici e tutti quelli che la supportano nella complessa battaglia che ogni giorno riserva sorprese.
Pietro non parla, ma comunica (a modo suo). Pietro non sa dire se vuole fare pipì o si sente poco bene. Pietro ti sorprende quando meno te l’aspetti: può stendersi dal nulla per strada sulle strisce pedonali; può scappare all’improvviso da un bar mentre è seduto con la mamma; può cominciare a piangere e smettere senza sosta e tu, adulto, non riuscire a calmarlo e chiedere scusa, magari durante una festa di compleanno, e andare via per non disturbare. Rinunce su rinunce, lotta e fatica tutti i giorni per far conquistare a Pietro la consapevolezza dell’inclusione di un budino al cioccolato nel suo regime alimentare o una parolina cantata in coro con la nonna.
Come l’autismo non è un aspetto singolare – tant’è che si parla di spettro autistico – così il disturbo non coinvolge solo il soggetto affetto, ma tutte le persone intorno che si prendono cura di lui.
Agnese, infatti, tra le righe è in grado di raccontare anche il rapporto a due con suo marito Tommaso, ma anche quello che c’è tra padre e figlio; tra lei ed Elia, secondogenito, e quello di Elia con suo fratello.
«Proprio in quel periodo, ho avuto sempre più occasioni per essere semplicemente uno spettatore. […] Lo sono stata quando sul passeggino ci sono saliti insieme, oppure quando ci stava solo Pietro ed eravamo in un prato, Elia raccolse una margherita e gliela diede. E ancora quando Petro era seduto a terra, a casa, e sfogliava un libro con le immagini di vari mezzi di trasporto, uno dei suoi preferito in quei mesi, ed Elia tentava di abbracciarlo».
Il senso di La voce di Pietro
Nonostante tutto, questa storia vuole essere portavoce di un senso più grande: le battaglie si combattono ma si vincono pure. Agnese si è posta tanti traguardi e li ha raggiunti e pure superati.
Si gioisce in famiglia se Pietro riesce a mangiare tutto il cornetto integrale al miele; si esulta se Pietro canticchia mugugnando qualcosa; si ride se Pietro ride davanti alle candeline della torta, anche se non riesce a soffiare e lo fa Elia, suo fratello di tre anni, ma chi se ne importa? Tanto, siamo tutti una squadra.
Questa storia ti mette di fronte alla bellezza delle piccole cose, e all’inutilità di certe grandi incazzature; alla straordinarietà delle azioni quotidiane e all’effimerità di desideri superflui a cui aneliamo per combattere una vita che crediamo noiosa.
La scrittura di Agnese Fioretti in La voce di Pietro
Significativa la tecnica di narrazione scelta per raccontare questa storia. Agnese è madre, ma anche lavoratrice. Agnese è madre di Pietro, ma anche di Elia. Agnese è moglie, ma anche persona con la sua individualità, i suoi bisogni, i suoi sogni. Questa ambivalenza con cui ha a che fare quotidianamente trova il suo compimento, appunto, nella scelta stilistica. Il racconto di “cronaca” di una vita nello spettro autistico è intervallato da lettere scritte da Agnese Fioretti proprio durante la stesura del libro; e sono quelli i momenti in cui la scelta di diventare “la voce di Pietro” trova la sua espressione. In quelle lettere, Agnese abbatte la parete della vergogna e si fa ambasciatrice emotiva della vita di suo figlio raccontando, proprio a lui, la quotidianità, le sue speranze, i suoi traguardi, le sue paure. Come quando lo fa la sera, a letto, nell’orecchio per cercare di farlo addormentare.
Agnese Fioretti, poi, è giornalista e quando deve raccontare al suo lettore la storia di Pietro riesce a tenere la giusta distanza di coinvolgimento che questa professione implica. In effetti, spiega i test, le sperimentazioni, le terapie, i controlli medici con grande lucidità e senso di responsabilità per raggiungere l’unico obiettivo che un giornalista ha: informare.
Questo libro, dunque, non rappresenta solo una pacca sulla spalla per chi vive la stessa esperienza della famiglia di Pietro, ma è un documento e lo specchio di quello che la nostra società è rispetto a un disturbo come quello dello spettro autistico.
A cura di Antonella Dilorenzo