L’amore inutile di Gianfranco Di Fiore: è davvero possibile innamorarsi di una voce? Recensione

 L’amore inutile di Gianfranco Di Fiore: è davvero possibile innamorarsi di una voce? Recensione

Gianfranco Di Fiore torna sulla scena editoriale con un nuovo romanzo, il terzo, pubblicato da Wojtek a gennaio e proposto da Valeria Parrella al premio Strega 2023. Una storia d’amore apparentemente banale, che pagina dopo pagina diviene, tanto per i personaggi come per il lettore, una ricerca di senso, di un appiglio che orienti l’esistenza: il nord, in L’amore inutile, è capire di chi o di cosa ci si innamori davvero.

 

L’amore inutile di Gianfranco Di Fiore: la trama del libro

Lui e lei si conoscono un giorno, per caso, durante un matrimonio. Nessun nome, nessuna indicazione precisa dei luoghi in cui si svolgono gli eventi, se non un vago accenno al Sud Italia. L’unico elemento che viene presentato già nelle prime pagine, e che diviene una presenza costante nella vita dei giovani protagonisti, è la voce dell’uno e dell’altra: un’eco lontana che, attraverso le conversazioni telefoniche, scandisce per un anno la quotidianità di entrambi.

Lui si innamora della voce di lei, dei suoi racconti, delle sue richieste impossibili, dei suoi cambiamenti d’umore. Lei vorrebbe innamorarsi, ma non conosce il calore o il suono dell’amore, non ne vede il colore. Quella di lei è una ricerca disperata di qualcosa che la faccia sentire di nuovo viva, mentre quello che serve a lui è un ancoraggio alla realtà.

Durante tutto il romanzo, l’atteggiamento ondivago della protagonista alimenta le insicurezze del giovane innamorato, che vorrebbe fuggire e liberarsi di quella voce che gli martella dentro come un pensiero morboso. Dolori, paure e una realtà complicata sono lo sfondo in cui si muovono due personaggi alla perenne ricerca della loro identità, di qualcosa che li salvi, e ben consapevoli di dover cambiare ma mai abbastanza coraggiosi per farlo.

Voce e immaginazione

L’uso esclusivo dei pronomi personali per riferirsi ai personaggi e l’assenza di indicazioni toponomastiche è uno degli aspetti del romanzo che maggiormente colpiscono il lettore. Del resto la storia narrata concentra la sua essenza sul non detto, in voluto contrasto con il valore assegnato alla voce, nella quale nasce e si risolve ogni elemento narrativo.

La voce che risuona tra le pagine del romanzo, con le sue pause e le sue intermittenze, è l’unico, larvale, elemento di concretezza di una relazione che non ha luogo se non nell’immaginazione: «Si teneva a galla nel loro amore […] senza incontri, e si aspettava che quella possibilità potesse diventare qualcosa di visibile». Ma nel silenzio dei corpi possono ancora le parole costruire dei ponti? O nel non luogo dell’immaginario, nello spazio virtuale, tanto le parole come l’amore finiscono per essere inutili?

La scrittura di Gianfranco Di Fiore in L’amore inutile

Quella di Gianfranco Di Fiore è una scrittura che aderisce all’universo emotivo di personaggi costruiti interamente attraverso i loro umori, paure e ossessioni, mentre l’assenza di descrizioni attira il lettore nello stesso gioco di rifrazioni che irretisce i protagonisti.

La narrazione è incalzante e procede come se l’intero romanzo fosse un dialogo continuo, e solipsistico, nel tentativo di comprendere per cosa valga la pena vivere. I veri protagonisti della storia sono i sentimenti ed è l’immaginazione a occupare lo spazio lasciato vuoto dalla perdita di contatto con sé stessi e con l’altro. Di Fiore è riuscito a costruire un romanzo dell’invisibile.

 

A cura di Sara Gasperini

Blam

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