Altre stanze, il nuovo libro di Vanni Santoni: un esempio di letteratura esperienziale raccontato in 10 punti
Non è un romanzo. Non è una silloge poetica. Non è un saggio. Voler dare una definizione al nuovo libro di Vanni Santoni è un’operazione vacua, oltre che castrante. Altre stanze, edito da Le Lettere in uscita proprio oggi 3 marzo, è un esempio di scrittura ibrida, risultante da un mash-up di contenuti transmediali – perché nascono a partire da un progetto in rete – e trasnazionali – perché permettono la lettura anche in inglese.
Santoni attinge da mondi lontanissimi tra loro: quello creepypasta e quello backrooms, tanto per cominciare; ma anche borgesiano e calviniano. Ogni stanza creata da Santoni contiene in sé il fermo immagine, la fotografia di un momento in grado di offrire a chi legge una letteratura di tipo esperienziale e immersiva – in cui a essere coinvolti non sono soltanto mente e occhi ma anche il corpo –, sebbene nello spazio brevissimo di una frase.
Immaginate la lettura di Altre stanze come un viaggio lento in un labirinto sconosciuto di stanze dove accedere a ognuna vuol dire ogni volta fare una scoperta. Trovarsi a un tratto nella stanza 12 in cui ci sono «filoni di pane e pietre» non fa pensare per niente al fatto che nel passaggio alla 18 saremo in una «grotta vuota» per poi lasciarla e addentrarci verso la 20 e trovare «zangola di legno e burro».
Gli stralci di Altre stanze non raccontano solo immagini, sono anche incipit di storie a cui al lettore, in un certo senso, è chiesto di immaginarne la continuazione:
«Room 21
In low-ceiled room 21, russet mushrooms sometimes grow.
Stanza 21
Nella stanza 21 dal basso soffitto, a volte crescono russole.
[…] Room 24
In fair room 24, a three-legged oak table stands; a bowl of milk rests over it.
Stanza 24
Nella graziosa stanza 24, sta un tavolo di quercia a tre gambe; una ciotola di latte lì riposa».
Per capire più a fondo di cosa si tratta, abbiamo chiesto allo stesso autore di raccontarci in 10 punti come e perché leggere questo libro.
Altre stanze di Vanni Santoni raccontato da Vanni Santoni in 10 punti
1- La necessaria premessa
Il libro è in inglese e in italiano, ma queste «stanze» nascono in inglese, come omaggio ai poeti inglesi e americani che, scoperti per caso in un’antologia del liceo, mi insegnarono che la letteratura poteva essere qualcosa di esaltante.
2- Inglese
Per questa ragione, chi può farlo deve leggerle in inglese. Si consideri la traduzione (mia, e non sono un traduttore di poesia) come una sorta di guida alla lettura, più che la «versione italiana», anche perché molti doppi sensi vanno perduti.
3- Il mash-up
Si consideri anche che molte stanze sono scritte con la tecnica del mash-up e riportano citazioni dirette da poesie del canone in lingua inglese, che non ho riportato italiano nelle loro traduzioni preesistenti, ma ritradotto (quindi alcune citazioni possono risultare irriconoscibili nella mia versione italiana).
4- Come leggere Altre stanze
Venendo al libro: io stesso ignoro come debba essere letto, o se esista un modo preciso per leggerlo. Più va avanti, ho scoperto facendo la revisione, più svela una sua nascosta narratività, quindi in teoria è logico leggerlo dalla stanza 1 alla stanza 198; tuttavia, il taglio volutamente «oracolare» di molte stanze, dall’altro lato, invita all’apertura casuale.
5- L’ordine delle stanze e delle sezioni
Un’altra possibilità è leggere in ordine le stanze di ogni sezione, ma mischiare l’ordine delle sezioni.
6- Leggere ad alta voce
C’è chi dice che la poesia vada letta ad alta voce, e tendo a essere d’accordo. In tal caso, però, si torna al punto 2: lo si faccia con la versione inglese, perché in italiano determinate scelte di suono, rima, assonanza e metrica sono andate perdute.
7- La morte
Se a tratti si sente incombere un senso di morte, si consideri che queste prime 198 stanze sono il frutto di dieci anni di lavoro per un progetto che, chiamandosi 999 rooms ne prevede evidentemente 999: è dunque piuttosto probabile che l’autore morirà prima di aver concluso.
8- Il significato di «stanza»
Mi piace molto il fatto che «stanza» in inglese significhi strofa. Non era previsto.
9- Gli echi letterari e mistici
La ricerca di echi letterari o mistici, nonché di sincronicità strambe, è del resto uno degli obiettivi di questo progetto.
10- La prefazione di Gherardo Bortolotti
Per chi volesse qualche indicazione in più, riporto la prefazione di Gherardo Bortolotti per i lettori di Rivista Blam!:
Un enorme cristallo sognante
In una fase della nostra letteratura in cui il canone della tradizione occidentale viaggia parallelo alla produzione orizzontale di contenuti on line, le letterature nazionali si confondono con il mainstream transnazionale e transmediale e le forme consolidate della narrativa lasciano sempre più margine alle scritture ibride o indecidibili, il testo di Vanni Santoni ci dà un esempio riuscitissimo di soluzione (oltre che di vitale prospettiva) nella gestione di tutte quelle spinte centrifughe e allo stesso tempo innovative che caratterizzano un’epoca di transizione. Nato come progetto di scrittura in inglese in rete (tuttora in corso – e va notata la scelta così carica di significato in termini di poetica come quella di scrivere in una lingua globalizzata negli spazi di un’infrastruttura altrettanto globale) e adesso pubblicato in forma di autotraduzione, 999 rooms ha sicuramente una serie di modelli letterari espliciti e impliciti ma trova le sue radici e le sue soluzioni estetiche forse soprattutto in mondi anche molto distanti, come il creepypasta e le strutture videoludiche. Per quel che riguarda i modelli letterari possiamo sicuramente citare l’immaginario di Borges (non per nulla una delle stanze ha una pianta esagonale, come le sale della Biblioteca di Babele, e, allo stesso modo, in un’altra stanza, si aggira una tigre) ma anche le Città invisibili calviniane (richiamate non solo da qualche ritorno stilistico negli incipit di alcune singole stanze ma anche in molti dei titoli delle serie in cui le prose/poesie sono organizzate: Stanze dell’innocenza, Stanze dell’esperienza, Stanze delle memoria, Stanze del desiderio, Stanze della notte – facendo eccezione solo la serie Sogno della camera blu). D’altra parte, non mancano i riferimenti a The Waste Land (e come non ricordare, leggendo le sequenze di Santoni, lo «heap of broken images» come anche i «fragments […] shored against my ruins» eliotiani?) e, almeno per i lettori di Perec, più d’uno degli interni affollati di oggetti, accostati forse casualmente e per questo in qualche modo ancora più numinosi, ricorda le descrizioni degli appartamenti all’11, rue Simon-Crubellier…
a cura di Vanni Santoni e redazione Rivista Blam!