La vita di chi resta di Matteo B. Bianchi: un romanzo dedicato ai sopravvissuti. Recensione

 La vita di chi resta di Matteo B. Bianchi: un romanzo dedicato ai sopravvissuti. Recensione

Matteo B. Bianchi è autore di romanzi, ha scritto programmi per radio e televisione, dirige la rivista di narrativa indipendente «’tina», conduce il podcast letterario Copertina e dal 2022 è il direttore editoriale di Accento, la casa editrice, la cui storia vi abbiamo raccontato qui.

La vita di chi resta (Mondadori, 2023) è il suo ultimo romanzo, una storia autobiografica nella quale racconta l’esperienza più dolorosa di tutta la sua vita: il suicidio di S., il suo ex compagno. Per vent’anni Matteo B. Bianchi ha raccolto appunti sul proprio dolore, e li ricompone ora in un’opera frammentaria, che risponde alla necessità di dare voce a chi, come lui, è sopravvissuto alla perdita di una persona amata che ha deciso di togliersi la vita.

La vita di chi resta di Matteo B. Bianchi: la trama del libro

Matteo e S. si incontrano per la prima volta in una discoteca fuori Milano. Matteo è un giovane universitario che si affaccia alla vita adulta, S., di dieci anni più grande, ha una ex moglie e un figlio da mantenere. Il loro amore nasce come sfida per superare le differenze – di età, di interessi e di esperienze – e cresce negli anni, fino a trovare un equilibrio fatto di ordinaria felicità. Quando la loro storia d’amore finisce, S. torna a vivere da sua madre, ma continua ad avere le chiavi della casa in cui ha convissuto con Matteo per sette anni, e dove ha lasciato la maggior parte delle sue cose.

Una sera di novembre del 1998, tre mesi dopo la loro rottura, Matteo rientra a casa e trova il corpo senza vita di S., impiccato a un tubo che corre lungo la porta d’ingresso. «Comunque non preoccuparti: quando torni io non ci sarò già più»: le ultime parole pronunciate da S. al telefono non erano una semplice informazione di servizio, ma l’annuncio del gesto estremo che stava per compiere. Mentre cerca il fiato per gridare aiuto, Matteo realizza di stare vivendo il momento più doloroso di tutta la sua esistenza. E capisce che la sua vita non sarà più la stessa.

Matteo diventa un sopravvissuto – così sono chiamati i familiari dei suicidi –, «come chi si sia trovato a restare in vita, ad andare avanti quando tutto intorno a sé è stato spazzato via». Nei mesi e negli anni successivi a quella sera di novembre, Matteo è travolto dalla rabbia e dai sensi di colpa per non aver colto i segnali lanciati da S., per non essere stato capace di evitarne la morte. Cerca consolazione nei libri e nella musica, nelle mani di un pranoterapeuta e nelle parole di una sensitiva, consulta psichiatri e prova a partecipare a sedute di gruppo; ma solo l’incontro con altri sopravvissuti e con le loro storie permette a Matteo di accogliere la necessità di andare avanti e di costruire una nuova prospettiva per il suo futuro.

Lo stigma del suicidio e l’invisibilità dei sopravvissuti

«Il suicidio è ancora un grande tabù. E invece dobbiamo parlarne, lo dobbiamo alle vittime: non solo a chi si è tolto la vita, ma anche a chi è rimasto. Perché nessuno di loro lo ha scelto e nessuno dà loro una mano. Persone come me e te devono approfittare della propria storia e condividerla con chi ne ha bisogno».

Lo stigma sociale legato al suicidio si riflette anche nella letteratura, che affronta spesso il tema in una prospettiva psicologica o sociologica ma lascia in una zona d’ombra il dolore di chi rimane. Con La vita di chi resta Matteo B. Bianchi risponde quindi all’esigenza di raccontare, attraverso la sua esperienza personale, il dramma dei sopravvissuti, tentando la via della condivisione del dolore come rito di consolazione collettiva.

La scrittura di Matteo B. Bianchi in La vita di chi resta

«Se scrivo questo libro a frammenti è perché dispongo solo di quelli.

Dovrei chiamarli cocci, per tenere fede alla metafora della civiltà sepolta usata poco fa. O reperti.

Cose a pezzi, comunque».

La vita di chi resta prende forma da appunti scomposti caratterizzati da una scrittura spontanea, con frasi brevi dall’andamento paratattico, che restituiscono il senso di una vita slegata, quella di Matteo, andata in frantumi dopo il suicidio di S. L’opera assume così la forma di un memoir singhiozzante nel quale ai ricordi dell’autore si intrecciano citazioni letterarie, storie di altri sopravvissuti, studi e riflessioni sul tema del suicidio.

A cura di Francesca Cocchi

Blam

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